Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 1040 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1040 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
Coccoluto NOME
-intimata – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, n. 1011/39/16 depositata il 26 febbraio 2016;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 dicembre dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia ha ad oggetto il ricorso avverso un avviso di liquidazione (n. 20101T004678) relativo ad un’imposta di registro riguardante un atto di compravendita avente ad oggetto un terreno
Oggetto:
Registro
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21231/2016 R.G. proposto da Agenzia delle Entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
edificabile privo di manufatti; in particolare, NOME COGNOME (d’ora in poi intimato) aveva venduto la propria quota alla RAGIONE_SOCIALE per un importo dichiarato pari ad € 75.000,00, versando le imposte di registro, ipotecarie e catastali in estremi misura fissa, sul presupposto che ricorressero gli dell’agevolazione prevista dall’art. 5 della l. 22 aprile 1982, n. 168 . Con l’avviso di liquidazione dell’imposta suppletiva, oggetto del presente giudizio, l’Agenzia delle entrate (d’ora in poi ricorrente) aveva revocato l’agevolazione, ritenendo che il valore del terreno fosse pari ad € 165.000 con conseguente liquidazione delle maggiori imposte, sul presupposto che non potesse trovare applicazione la tassazione in misura fissa prevista dall’art. 5 della l. 22 aprile 1982, n. 168.
La controversia è incentrata, dunque, sull’applicabilità della tassazione agevolata prevista dall’art. 5 della l. 22 aprile 1982, n. 168 ad un terreno non edificato.
La CTP ha accolto il ricorso.
La CTR ha confermato la pronuncia di primo grado sulla base delle seguenti ragioni:
-il bene oggetto del giudizio è inserito in un piano di recupero del patrimonio edilizio e urbanistico;
-deve trovare applicazione nel caso in esame l’imposta di registro in misura fissa.
La ricorrente propone ricorso fondato su due motivi, il controricorrente resta intimato;
udito per la ricorrente l’Avv. NOME COGNOME
udito il P.G., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 24 e 32 del d.gs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 112 cod. proc. civ. Si duole che i giudici di secondo grado non abbiano ritenuto tardiva l’eccezione sollevata nelle memorie depositate, relativa alla presunta illegittimità della revoca dell’agevolazione di cui all’art. 5 della l. n. 168 del 1982.
Il motivo è infondato. Come la stessa ricorrente ha chiarito, l’odierno intimato nel ricorso introduttivo aveva chiesto l’annullamento dell’avviso di liquidazione dell’imposta suppletiva. La circostanza che lo stesso abbia inizialmente prospettato la presenza di errori materiali e di calcolo non è sufficiente a delimitare il vaglio del giudice di primo grado che aveva ad oggetto l’accertamento della legittimità dell’avviso di liquidazione. L’eccezione proposta con le memorie, infatti, non determina un’alterazione dell’originaria causa petendi , risolvendosi nell’illustrazione di un’argomentazione a sostegno della sussistenza di un ulteriore elemento di illegittimità dell’avviso.
Ritiene, infatti, il Collegio di ribadire il principio per il quale nel processo tributario d’appello, ma il principio è valido anche nel primo grado, la nuova difesa del contribuente, ove non sia riconducibile all’originaria causa petendi e si fondi su fatti diversi da quelli dedotti in primo grado, che ampliano l’indagine giudiziaria ed allargano la materia del contendere, non integra un’eccezione, ma si traduce in un motivo aggiunto e, dunque, in una nuova domanda, vietata ai sensi degli artt. 24 e 57 del d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass. Sez. 5, n. 32390 del 03/11/2022, Rv. 666387 – 01).
La doglianza introdotta con la memoria difensiva circa l’illegittimità della revoca dell’agevolazione di cui all’art. 5
della l. n. 168 del 1982, nel caso di specie, integra un’eccezione e non un motivo aggiunto, in quanto non ha ampliato l’indagine giudiziaria, né allargato la materia del contendere.
Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 della l. 22 settembre 1982, n. 168.
Il motivo è infondato.
L’a rt. 5 sopra richiamato così dispone: « Nell’ambito dei piani di recupero di iniziativa pubblica, o di iniziativa privata purché convenzionati, di cui agli articoli 27 e seguenti della legge 5 agosto 1978, n. 457, ai trasferimenti di immobili nei confronti dei soggetti che attuano il recupero, si applicano le imposte di registro, catastali e ipotecarie in misura fissa».
La l. 5 agosto 1978, n. 457, all’art. 27 , Individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio esistente, dispone che «I comuni individuano, nell’ambito degli strumenti urbanistici generali, le zone ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso. Dette zone possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi, isolati ed aree, nonché edifici da destinare ad attrezzature.
Le zone sono individuate in sede di formazione dello strumento urbanistico generale ovvero, per i comuni che, alla data di entrata in vigore della presente legge, ne sono dotati, con deliberazione del consiglio comunale sottoposta al controllo di cui all’art. 59 della legge 10 febbraio 1953, n. 62. Nell’ambito delle zone, con la deliberazione di cui al precedente comma o successivamente con le stesse modalità
di approvazione, possono essere individuati gli immobili, i complessi edilizi, gli isolati e le aree per i quali il rilascio della concessione è subordinato alla formazione dei piani di recupero di cui al successivo art. 28.
Per le aree e gli immobili non assoggettati al piano di recupero e comunque non compresi in questo si attuano gli interventi edilizi che non siano in contrasto con le previsioni degli strumenti urbanistici generali. …. omissis ».
L’art. 28 della citata legge prevede « I piani di recupero prevedono la disciplina per il recupero degli immobili, dei complessi edilizi, degli isolati e delle aree di cui al terzo comma del precedente articolo 27, anche attraverso interventi di ristrutturazione urbanistica, individuando le unità minime di intervento».
Nel caso in esame non c’è contestazione sulla sussistenza di entrambi i presupposti di fatto, soggettivo e oggettivo, richiesti dalla normativa ora riportata; in particolare che: l’intimato sia il soggetto che attua il recupero e che il bene oggetto di imposizione sia compreso in un piano di recupero.
Ritiene il Collegio che debba essere disattesa l’interpretazione restrittiva caldeggiata dalla ricorrente che intenderebbe contemplare l’applicazione dell’agevolazione alle sole ipotesi di immobili edificati, in quanto la previsione legislativa dei piani di recupero esplicitamente comprende, sia immobili, sia aree.
La delimitazione delle zone del territorio comunale da assoggettare a piani di recupero è finalizzata, infatti, a dettare una disciplina tecnica di dettaglio per facilitare, non solo, interventi di conservazione risanamento e costruzione del patrimonio edilizio esistente degradato, ma anche per migliorare e razionalizzare l’assetto urbanistico complessivo di tali zone o comparti edificatori, con la possibilità, quindi, di
ricomprendere nelle stesse anche eventuali aree inedificate, in vista di un loro sfruttamento edilizio.
I piani di recupero possono avere ad oggetto, non solo, un recupero edilizio, ma anche un recupero del tessuto urbanistico per un suo miglioramento, attraverso interventi, compresi quelli «di ristrutturazione urbanistica, quelli rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale (art. 31, lett. e), l. n. 457 del 1978» (in questo senso già Cass. n. 22318 del 2021).
Bene possono, quindi essere comprese nei piani di recupero anche aree non edificate, in vista della necessità di realizzare opere di urbanizzazione.
In relazione a quanto esposto può essere, quindi enunciato il seguente principio di diritto: «L’agevolazione prevista dall’art. 5 della l. 22 settembre 1982, n. 168 per i trasferimenti di immobili inseriti nei piani di recupero di iniziativa pubblica o di iniziativa privata, purché convenzionati, può trovare applicazione, sia per gli edifici, sia per le aree inedificate, in quanto i piani di recupero del patrimonio edilizio esistente possono avere ad oggetto, non solo, un recupero edilizio, ma anche un recupero del più ampio tessuto urbanistico».
3. Da quanto esposto segue il rigetto del ricorso.
Nulla sulle spese, stante la mancata costituzione dell’intimato.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 21 dicembre 2023