Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25570 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 25570 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2886/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma INDIRIZZO;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana n. 657/2023, depositata il 7 Luglio 2023.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udito l’avv. dello Stato NOME COGNOME e gli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -La RAGIONE_SOCIALE chiedeva all’Ufficio delle Dogane competente il riconoscimento del beneficio fiscale previsto dall’art. 8, comma 10, lett. c) della L. n. 448/1998, per cui i titolari di deposito commerciale, che siano fornitori di prodotti petroliferi (nello specifico gasolio per riscaldamento) e i cui clienti risiedano in particolari zone geografiche, specificamente individuate, non ancora servite dalla rete metanizzata, sono tenuti ad applicare a questi ultimi uno ‘sconto’ sul prezzo di vendita, pari ad euro 0,12911, per ogni litro ceduto.
L’Ufficio delle Dogane rigettava le istanze, ritenendo che nel caso concreto la mancata istituzione del deposito contabile presso il deposito commerciale di prelievo determinasse un vulnus nel sistema di vigilanza fiscale e finanziaria.
La RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Livorno.
Con sentenza n. 71/2019, pubblicata il 19 aprile 2019, la Commissione tributaria provinciale di Livorno accoglieva il ricorso.
-Avverso tale sentenza proponeva appello l’Ufficio.
Resisteva in giudizio la contribuente.
La Commissione tributaria regionale per la Toscana, con la sentenza n. 657/05/2023, depositata il 7 Luglio 2023, ha rigettato l’appello.
-L’Agenzia delle dogane ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
La società contribuente si è costituita con controricorso.
La Procura generale ha depositato una requisitoria scritta.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con l’unico motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del d.P.R. n. 361/1999 (art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.). Secondo quanto prospettato, la sentenza incorrerebbe nella violazione dell’art. 1 d.P.R. n. 361/1999, che regola l’applicazione pratica del beneficio di cui si tratta . La norma dopo aver individuato i soggetti titolati a richiedere l’agevolazione de qua, e dopo aver rigorosamente fissato gli obblighi ai quali essi devono soggiacere, prevede, al sesto e ultimo comma, una serie di controlli, dapprima formali, circa la completezza delle dichiarazioni presentate dai soggetti istanti, e poi anche sostanziali, al fine di valutare la congruità e la veridicità dei dati in esse contenuti. Qualora si prendesse per buono il ragionamento avversario, fatto proprio acriticamente dal giudice di seconde cure, tale ultima disposizione normativa rimarrebbe lettera morta, venendo svuotata di ogni significato e impedendo, di fatto, la prescritta attività istituzionale di vigilanza attribuita, per legge, all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Si evidenza, inoltre, che non si tratta di una violazione meramente formale, posto che, nella logica del legislatore (D.M. n° 210/96) l’istituto del deposito contabile da un lato -e quello del conto deposito -dall’altro non sono sovrapponibili e presidiano oggetti di tutela differenti. Il deposito contabile, infatti, nasce dall’esigenza del proprietario -fornitore della merce di non far conoscere i propri clienti al deposito su cui si appoggia, considerato altresì che, su un piano strettamente logistico, un secondo obiettivo dell’istituto in parola è quello di snellire le procedure di consegna allorché i clienti siano fisicamente lontani dall’ubicazione del deposito fornitore. Il conto deposito,
invece, prevede esattamente l’opposto e, pertanto, il depositario compila il documento indicando per conto di chi esegue l’operazione. Il deposito contabile soggiace a un regime autorizzatorio che prevede il rilascio di un codice -di cui, pertanto, controparte è priva -perché deve emettere documenti a suo nome, giacché il titolare del deposito è il mittente. Il conto deposito, invece, si configura come una delega ad agire, data dal depositante al depositario, che esegue la movimentazione per suo conto. A sostegno nella propria tesi si richiamano i precedenti favorevoli della Corte di cassazione (n. 25243/2019), ribadendo che le norme fiscali di agevolazione sono norme di stretta interpretazione (n. 19859/2021).
1.1. -Il motivo è infondato.
Preliminarmente vanno respinte le eccezioni di inammissibilità del ricorso, contenendo quest’ultimo tutti gli elementi sufficienti al suo esame e la puntualizzazione della questione di diritto posta, che evidentemente riprende il contenuto delle difese avanzate nei gradi precedenti.
Nella sentenza impugnata si evidenzia che ” non sussistono dubbi sulla spettanza pratica dell’agevolazione sulle accise, in quanto il gasolio è stato realmente fornito a clienti situati in zone speciali: sul fatto le parti sono concordi. L’agevolazione, quindi, sotto il profilo oggettivo è spettante ‘ . La controversia è dunque limitata all’aspetto formale del se la tenuta del conto deposito, e non anche del conto deposito contabile, costituisca motivo, per l’Amministrazione, di negare il rimborso e quindi l’agevolazione.
L’art. 8, comma 10, lett. c) l. n. 448 del 1998, dopo aver stabilito (per finalità ecologiche) un aumento delle accise sul gasolio per riscaldamento, ha anche previsto che i maggiori introiti fiscali così realizzati dovessero essere impiegati, tra l’altro, anche per ridurre il prezzo pagato dagli utenti finali, nelle zone a clima più rigido, per l’acquisto di gasolio per riscaldamento, in modo tale da
neutralizzare sostanzialmente, per tali utenti, l’aumento dell’accisa disposto in via generale.
La norma legislativa non stabiliva in qual modo il beneficio (per così dire compensativo) dovesse essere attuato, rinviando a tal fine a un regolamento di attuazione successivo, salvo a precisare che a tal fine si poteva, occorrendo, ricorrere anche all’istituto del credito di imposta, art. 8, comma 13, l. n. 448 del 1998.
Tale regolamento, adottato con il d.P.R. n. 361 del 1999, dispone all’art. 1, comma 1, l’importo del beneficio e i criteri per la sua determinazione negli anni successivi al 1998, mentre al comma 2 precisa che “Il beneficio sul gasolio di cui al comma 1 è concesso mediante accredito d’imposta, effettuato secondo le modalità di cui al d.m. Finanze 12 dicembre 1996, n. 689, art. 6, nei confronti degli esercenti impianti o depositi, a scopo commerciale, dove sono detenuti prodotti soggetti od assoggettati ad accisa, nonché dei rappresentanti fiscali, tenuti a fornire, ad un prezzo che trasferisca all’acquirente il suddetto beneficio, gasolio usato come combustibile per riscaldamento, a titolari d’impianti o loro legali rappresentanti, intestatari delle fatture, che abbiano presentato la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui alla l. 4 gennaio 1968, n. 15, art. 4, ed al d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 403, art. 2, da allegare al registro di cui al comma 3, attestante, sotto la propria responsabilità, l’ubicazione dell’impianto, situato nei comuni ricadenti nella zona climatica F di cui al d.P.R. 26 agosto 1993, n. 412, nelle province nelle quali oltre il settanta per cento dei comuni ricade nella predetta zona climatica F e nei comuni non metanizzati ricadenti nella zona climatica E di cui al medesimo decreto del Presidente della Repubblica, nonché nei comuni della regione Sardegna e delle isole minori, così come indicato dalla citata L. n. 448 del 1998, art. 8, comma 10, lett. c), nel quale il prodotto verrà impiegato”.
È poi il comma 3 dello stesso articolo ad aggiungere che “Per poter beneficiare dell’accredito di cui al comma 2, i fornitori menzionati nel medesimo comma: a) riportano, nelle annotazioni effettuate sul registro di carico e scarico a norma del D.M. Finanze 25 marzo 1996, n. 210, art. 11, comma 1, lett. a), e successive modificazioni, ovvero nelle contabilità tenute ai sensi del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 9, comma 2, lett. c), distintamente dagli altri i quantitativi complessivi giornalieri di gasolio aventi diritto all’accredito forniti, indicando gli utilizzatoli con i singoli quantitativi consegnati; b) presentano entro il giorno 10 del mese successivo a ciascun bimestre, istanza, in triplice esemplare, al competente ufficio tecnico di finanza, indicando i quantitativi fatturati di gasolio usato come combustibile per riscaldamento sui quali viene chiesto l’accredito complessivamente erogati nel bimestre medesimo”.
Rilevano, infine, il comma 6 dell’art. 1, che prevede la possibilità di controlli sulle istanze di accredito, e l’art. 2, comma 1, che individua particolari termini per la presentazione delle istanze di accredito.
Sull’incidenza delle disposizioni del d.P.R. n. 361 del 1999, contenente il Regolamento emesso di attuazione del beneficio indicato nella l. n. 448 del 1998, art. 8, comma 10, lett. c), si è venuto a creare un contrasto inconsapevole in seno a questa SRAGIONE_SOCIALE
Da un lato, si è previsto che, i soggetti autorizzati alla distribuzione e vendita di GPL a uso combustibile per riscaldamento negli impianti ubicati nelle aree montane selezionate dalla l. n. 448 del 1998, al fine di poter fruire del beneficio di cui all’art. 8, comma 10, lett. c, della l. n. 448 del 1998, debbono richiedere l’istituzione di un cd. “deposito contabile” e, una volta attenuta l’autorizzazione, sono onerati dell’osservanza delle incombenze previste per la relativa tenuta dall’art. 1 d.P.R. n. 361 del 1999, tra cui l’annotazione delle generalità degli utilizzatori finali e dei singoli
quantitativi loro assegnati (Cass. n. 2478/2020; Cass. n. 25243/2019).
In senso contrario, con pronuncia che non viene citata nei due precedenti richiamati, si è accolta un’interpretazione del regolamento indirizzata a cogliere la ratio dell’intervento normativo, prioritariamente rivolto a riconoscere alle popolazioni collocate in un ben preciso ambito territoriale il beneficio rappresentato dalla riduzione dell’accisa sul gasolio da riscaldamento, rendendo obbligato il superamento dell’interpretazione letterale delle disposizioni regolamentari (Cass. n. 10733/2014).
Delle due letture va preferita quella offerta da Cass. n. 10733/2014 perché conforme all ‘ evoluzione del diritto Unione, così come interpretato dalla successiva giurisprudenza della Corte di giustizia.
In tal senso, va richiamata la consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia, con particolare riferimento alle condizioni sostanziali di esenzione dalle accise per i prodotti energetici e dell’elettricità di cui alla direttiva 2003/96, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (Corte giust. 22 dicembre 2022, Shell Deutschland Oil , causa C-553/21), le cui previsioni sono state attuate con il d.lgs. 2 febbraio 2007, n. 26 e che ha inciso anche sulla tassazione sulle emissioni di anidride carbonica e misure compensative di cui all’art. 8 l. n. 448 del 1998. In particolare, la Corte di giustizia sottolinea che poiché le condizioni formali e procedurali relative alla presentazione di una domanda di esenzione dall’imposta gravante sui prodotti energetici o sull’elettricità, fondata su una normativa nazionale che attua la facoltà prevista all’articolo 5, quarto trattino, della direttiva 2003/96, non sono precisate né da tale direttiva né da un altro atto di diritto dell’Unione, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire tali condizioni,
in forza del principio dell’autonomia procedurale, purché tuttavia esse non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) e che non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., per analogia, sentenza 9 settembre 2021, RAGIONE_SOCIALE , causa C -294/20, punto 59).
Lo stesso vale per quanto riguarda, in particolare, la fissazione di termini per l’esercizio di tali diritti, segnatamente dei termini di prescrizione e di decadenza (sentenze 21 giugno 2012, RAGIONE_SOCIALE , causa C -294/11, punto 29; 14 ottobre 2021, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE , cause C -45/20 e C -46/20, punto 59). Siffatti termini devono essere applicati allo stesso modo ai diritti in materia fiscale fondati sul diritto interno e a quelli, analoghi, fondati sul diritto dell’Unione, oltre a non dover rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto di cui trattasi (30 aprile 2020, causa CTT -Correios de Portugal , C -661/18, punto 59).
Tali considerazioni sono confermate dal principio di proporzionalità, in quanto principio generale del diritto dell’Unione, che deve essere rispettato anche dalle disposizioni nazionali che attuano il diritto dell’Unione (sentenze del 13 luglio 2017, Vakarų Baltijos laivų statykla , causa C -151/16, punto 45; 9 settembre 2021, Hauptzollamt B , causa C -100/20, punto 31; 30 giugno 2022, ARVI ir ko , causa C -56/21, punto 34). Tale principio impone agli Stati membri di far ricorso a mezzi che, pur consentendo di raggiungere efficacemente l ‘ obiettivo perseguito dalla normativa nazionale, pregiudichino il meno possibile i principi stabiliti dalla normativa dell ‘ Unione (14 ottobre 2021, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE , cause C -45/20 e C -46/20, punto 62).
Al riguardo, va evidenziato (7 novembre 2019, RAGIONE_SOCIALE , causa C-68/18, punto 52) che la direttiva 2003/96 non prevede
una particolare procedura di controllo dell’utilizzo effettivo dei prodotti energetici, né misure per la lotta contro l’evasione fiscale collegata all’utilizzo di tali prodotti, per cui spetta agli Stati membri prevedere siffatte procedure e siffatte misure nel loro diritto nazionale, nel rispetto del diritto dell’Unione. Dal considerando 9 di tale direttiva risulta che gli Stati membri dispongono di un potere discrezionale nella definizione e nell’attuazione delle politiche adeguate al loro contesto nazionale (v., per analogia, sentenza del 2 giugno 2016, ROZŚWIT , causa C -418/14, punto 23). Tuttavia, il potere discrezionale riconosciuto agli Stati membri non può rimettere in discussione il principio secondo cui i prodotti energetici sono tassati in relazione al loro effettivo utilizzo (v., per analogia, sentenza del 13 luglio 2017, Vakarų Baltijos laivų statykla , causa C -151/16, punto 44).
In ragione del principio di proporzionalità, che deve essere rispettato non solo dalle istituzioni dell’Unione, ma anche dagli Stati membri nell’esercizio dei poteri loro conferiti dalle direttive dell’Unione (sentenza del 2 giugno 2016, ROZŚWIT , causa C -418/14, punto 20) per cui la violazione di requisiti formali non può rimettere in discussione la tassazione di prodotti energetici conformemente ai presupposti sostanziali previsti dalla direttiva 2003/96 (7 novembre 2019, RAGIONE_SOCIALE , causa C-68/18, punto 59).
Nel caso di specie, nessuna disposizione di fonte primaria condiziona l’operatività dell’accredito all’istituzione di un ‘deposito contabile’ presso l’impianto di approvvigionamento, allorquando il titolare di quest’ultimo non sia anche il titolare del rapporto commerciale.
In astratto, la previsione di condizioni per accedere all’agevolazione in tema di accise è ammissibile ma esse devono rispettare i principi di proporzionalità ed effettività derivanti dall’ordinamento comunitario, principi che devono applicarsi anche
nel caso di specie, avendosi riguardo alla tassazione di prodotti energetici, che costituisce uno degli strumenti disponibili per conseguire gli obiettivi del protocollo di adottato nell’ambito della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ratificato dall’UE e che è alla base della direttiva 2003/96.
Non v’è dubbio che si richieda un adempimento meramente formale, giacché l’amministrazione è posta nelle condizioni di verificare la spettanza dell’agevolazione di cui all’articolo 8, comma 10, lett. c) l. n. 448 del 1998. La società contribuente ha diritto ad ottenere il rimborso dell’accisa reclamata una volta che è incontestato l’avvenuto riconoscimento dello sconto ai soggetti indicati dall’art. 8, comma 10, lett. c) l. n. 448 del 1998 non potendo introdurre il regolamento attuativo elementi che possano incidere, fino al punto di negarlo, il diritto del soggetto che ha praticato la riduzione del corrispettivo nella prospettiva di beneficiare della riduzione dell’accisa.
D’altronde, come evidenziato nel controricorso, l’ Amministrazione, in sede di controllo, avrebbe potuto riscontrare tutte le informazioni richieste dal d.P.R. n. 361/1999, risultando i dati sia dal registro di carico e scarico del depositario che dal registro di conto deposito tenuto dalla società ai sensi dell’art . 53 d.P.R. n. 633/1972.
-Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del presente giudizio vanno compensate stante il contrasto inconsapevole e l’evoluzione della giurisprudenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 10 giugno 2025.
Il Consigliere est. Il Presidente NOME COGNOME NOME–NOME COGNOME