Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31935 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 31935 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso n. 17841-2021, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE c.f.02036070445, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma, al INDIRIZZOINDIRIZZO presso la studio RAGIONE_SOCIALE Associazione professionale di avvocati e commercialisti in Roma, nonché al domicilio digitale , rappresentato e difeso dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME –
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE , cf. 97210890584, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende -Controricorrente
Avverso la sentenza n. 426/02/2021 della Commissione tributaria regionale delle Marche, depositata il 19.04.2021;
Accise – Gasolio – Benefici fiscali – Presupposti
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere dott. NOME COGNOME nella pubblica udienza celebrata il 28 maggio 2024, sentita la Procura Generale, nella persona del sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; sentita la discussione e le conclusioni della parte presente in udienza;
FATTI DI CAUSA
La ricorrente ha impugnato la sentenza della Commissione Tributaria delle Marche, con cui è stato accolto l’appello dell’ufficio avverso la statuizione di primo grado, favorevole invece alla ricorrente, avente ad oggetto l’avviso di pagamento dell’importo di € 118.706,81 a titolo di accise, nonché l’atto di irrogazione di sanzione, dell’importo di € 42.112,04 .
Il contenzioso trae origine da una verifica compiuta dall’Ufficio delle dogane di Civitanova Marche, all’esito della quale alla contribuente furono notificati gli atti impositivi e sanzionatori per mancato riconoscimento del credito d’imposta previsto dal d.P.R. 9 giugno 200 0, n. 277.
Dalla verifica , che aveva interessato l’arco temporale 2011/2016, era emers a l’inc ompletezza delle dichiarazioni periodiche, cui la società era tenuta ai sensi degli artt. 3 e 4 del d.P.R. citato, perché, in particolare e principalmente, omessa l’indicazione del deposito carburante detenuto dalla società medesima e della sua consistenza. Conseguentemente l’amministrazione doganale aveva ripreso a tassazione gli importi corrispondenti alle agevolazioni godute dalla contribuente, e non spettanti, per l’utiliz zo di carburante, nonché irrogato le sanzioni.
La controversia dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Macerata era esitata nella sentenza n. 1/02/2020, favorevole alla società.
La Commissione tributaria regionale delle Marche accolse invece l’appello dell’Ufficio, rigettando il ricorso introduttivo della contribuente con sentenza n. 426/02/2021.
Il giudice d’appello , in sintesi, ha ritenuto che dalla lettura congiunta degli artt. 3 e 4 del d.P.R. n. 277 del 2000 doveva evincersi la necessità della completezza della dichiarazione prescritta, quale presupposto per fruire dell’agevolazione , trattandosi di adempimenti sostanziali e non di carattere formale. Ciò anche in considerazione del principio secondo il quale le norme in materia di agevolazioni o esenzioni fiscali sono di stretta interpretazione ai sensi dell’art. 14 delle preleggi.
Per la cassazione della sentenza la società ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso l’Agenzia delle dogane.
All’esito della discussione nell’udienza pubblica del 28 maggio 2024, le parti presenti hanno precisato le conclusioni e la causa è stata trattenuta in decisione.
Risulta dagli atti che i difensori della ricorrente hanno rinunciato al mandato difensivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 4 del d.P.R. n. 277 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Erroneamente la Commissione regionale avrebbe condiviso la prospettazione dell’Agenz ia delle dogane, ritenendo che la dichiarazione della disponibilità del deposito di carburante per automezzi , previsto dall’art. 4 della medesima disciplina, costituisse un dato sostanziale ed imprescindibile per beneficiare delle agevolazioni previste dal suddetto decreto.
Nelle argomentazioni difensive ha sostenuto che, al contrario, premesso che la fattispecie afferiva non alla omissione delle dichiarazioni periodiche, ma alla loro completezza, per tale ipotesi la disciplina non contemplava alcuna previsione di decadenza dai benefici fiscali e dunque non precludeva il diritto al riconoscimento delle agevolazioni.
Ha evidenziato che l’ufficio non aveva mai messo in discussione la genuinità delle dichiarazioni, che la documentazione versata periodicamente (fatture e schede carburante) forniva la prova dell’acquisto e del consumo del carburante e dunque della spettanza del credito d’imposta ; che dunque l’omessa dichiarazione del deposito si traduceva nella violazione di una prescrizione formale.
A tal fine ha richiamato giurisprudenza, anche di legittimità e unionale, a conforto della propria tesi difensiva.
Il motivo è infondato.
Questa Corte, trattando di analoga fattispecie, nella quale la difesa della contribuente era anche intenta a dimostrare la prevalenza della interpretazione sostanziale su quella formale ai fini del riconoscimento del credito d’imposta, ha affermato che i l complesso normativo evidenzia l’univoca volontà del legislatore di disconoscere al contribuente, che non
RGN 17841/2021
abbia osservato tutte le prescrizioni poste, di godere delle agevolazioni previste dalla legge in relazione all’acquisto del carburante, atteso che con l’omessa dichiarazione del deposito di carburante -cui è pur tenuto il potenziale beneficiario delle agevolazioni sulle accise, così come prescritto dall’art. 4 del d.P.R. 277 cit. -, viene a mancare ogni garanzia circa l’identità dei veicoli effettivamente riforniti, e l’effettiva riferibilità del relativo costo all’attività dell’impresa, e ciò «senza che l’adempimento a tal fine disposto ammetta equipollente alcuno, ed indipendentemente dalla contabilizzazione dell’operazione delle scritture». Tale prescrizione, prosegue la decisione, ha infatti carattere sostanziale e non formale, e a tal fine del tutto irrilevante risulta il richiamo all’art. 4, laddove si prevede che possa procedersi d’iniziativa o d’ufficio alla regolarizzazione di eventuali mancanze o vizi formali relativi alle dichiarazioni presentate -ex art. 4, comma 1-, mediante richiesta di integrazione della documentazione. Ciò perché proprio l’omessa dichiarazione del deposito preclude all’agenzia, che ne ignora del tutto l’esistenza, ogni indagine circa la regolarità dello stesso (cfr. Cass., 12 marzo 2020, n. 7072).
D’altronde , è proprio l ‘impianto della disciplina che impedisce di ritenere che la prescrizione della dichiarazione del deposito rientri tra le dichiarazioni con valenza meramente formale e non sostanziale. L’art. 3, comma 2, infatti, prescrive con estremo dettaglio che « la dichiarazione deve riportare l’indicazione dell’eventuale titolarità di depositi o di distributori privati di carburanti ad imposta assolta, con specificazione della capacità di stoccaggio dei relativi serbatoi contenenti gasolio destinato al rifornimento degli autoveicoli aventi titolo al beneficio, nonché degli estremi della licenza fiscale, se prescritta, di cui all’articolo 25, comma 4, del testo unico approvato con decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504 »; nel comma 4 del medesimo articolo si specifica inoltre che « Nel caso di titolarità dei depositi e dei distributori di cui al comma 2, nella dichiarazione è contenuta l’attestazione che il gasolio custodito nei medesimi è stato utilizzato esclusivamente per il rifornimento degli autoveicoli di massa massima complessiva non inferiore ad 11,5 tonnellate per i quali compete il beneficio.
Qualora invece i predetti impianti siano utilizzati anche per il rifornimento di altri automezzi, nel prospetto di cui al comma 6 del presente articolo è riportato, oltre agli ulteriori elementi richiesti, anche l’elenco completo di tali
automezzi con i relativi dati identificativi . Si tratta di prescrizioni che, a differenza di quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente, dimostrano la centralità della dichiarazione del deposito, traducendosi dunque quella dichiarazione in un adempimento tutt’altro che formale, perché la disponibilità di un deposito prospetta ulteriori essenziali elementi che l’Amministrazione doganale è tenuta a monitorare, con la dichiarazione preventiva del contribuente e con gli eventuali accertamenti ex post che l’ ufficio intenda porre in atto.
Giurisprudenza di legittimità ancora più recente ha evidenziato la natura negoziale e non di scienza della dichiarazione de quo , (Cass., 28 dicembre 2023, n. 36175, sempre per fattispecie di omessa dichiarazione del deposito, che, circa la natura della dichiarazione, in motivazione poi richiama Cass., 9 febbraio 2021, n. 3072; 27 maggio 2022, n. 17192, e altre). Questa stessa giurisprudenza rileva anzi come, proprio per il suo carattere, «la dichiarazione non ha la funzione di mero avvio del procedimento ma costituisce atto impegnativo per il dichiarante, responsabile di quanto asseverato finanche sul piano penale, e l’attività dell’Amministrazione è finalizzata proprio al controllo della dichiarazione, anche sotto il profilo della veridicità del suo contenuto (Cass. n. 21376 del 2020), consentendosi al contribuente di sanare i vizi entro tempi strettissimi e solo ‘ ove ciò sia possibile ‘. Deve concludersi che l’irregolarità della dichiarazione non ha rilievo meramente formale ma preclude il riconoscimento del l’agevolazione che ha tra i suoi presupposti essenziali correttezza e veridicità della dichiarazione. Diversamente ragionando e consentendo al contribuente, in sede di controllo ‘a posteriori’ (rispetto alla formazione del silenzio -assenso), di provare circostanze e dati difformi da quanto dichiarato, si snaturerebbe l’iter procedimentale, alterandone la funzione » (Cass., 36175/2023 cit.). Ciò, si avverte nel prosieguo del precedente ora citato, «non confligge con i principi unionali perché la giurisprudenza della Corte di giustizia fa prevalere la ‘sostanza’ sulla ‘forma’ sempre che ricorrano tutte le condizioni sostanziali (in tema di IVA, v. Corte giust., 8 maggio 2008, C95/07 e C-96/07, Ecotrade , p. 63; v. anche Corte giust., 17 luglio 2014, in C-272/13, Equoland ; in tema di accise, Corte giust., 2 giugno 2016, C418/14, cit., p. 36); lo stesso giudice europeo avverte – con riferimento, in particolare, alla detrazione dell’IVA – che anche la violazione di obblighi
formali può determinare la perdita del diritto quando la «violazione ha come effetto d’impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali» (Corte giust., 28 luglio 2016, in C-332/15, Astone , pp. 44 e 46; Corte giust., 27 settembre 2007, C-146/05, Albert Collee , p. 31)».
A fronte di questa ricostruzione, che il collegio condivide ed alla quale intende dare continuità, i precedenti invocati dalla difesa della società restano isolati (come Cass., 29 maggio 2019, n. 14645, in una fattispecie, comunque distinta, quale quella relativa all’omessa indicazione delle targhe degli automezzi alimentati con carburante agevolato, per la quale si è ritenuta superata l’incompletezza della dichiarazione , perché la carenza delle informazioni prescritte non poteva ritenersi assorbente rispetto alla presenza di fatture idonee a provare il consumo effettivo di carburante, al fine di fruire del trattamento agevolativo) e comunque, in riferimento alla funzione della dichiarazione, sono superati dalla ricostruzione più rigorosa cui pervengono altri arresti della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass., 9 luglio 2019, n. 18361, che ritiene inadempienza preclusiva al riconoscimento delle agevolazioni l’omessa indicazione delle targhe degli autoveicoli; Cass., 20 settembre 2023, n. 26869).
Non incide su tale ricostruzione neppure la giurisprudenza unionale invocata dalla ricorrente, atteso che la Corte di Giustizia C-272/2013 tratta d i una ipotesi nella quale comunque l’accertato adempimento all’Iva impedisce che venga violato il principio di neutralità dell’imposta , mentre la C-418/2014 risulta poco pertinente, trattando della applicazione di aliquota di accisa per carburanti destinati a veicoli a motore anziché per riscaldamento, ove non presentino una specifica dichiarazione.
In definitiva, il motivo va rigettato, dovendosi ribadire il principio secondo cui, in tema di agevolazione d’accise sul gasolio per autotrazione, l’omessa indicazione nella dichiarazione prevista dall’ art. 3, d.P.R. n. 277 del 2000, dell’eventuale titolarità di depositi o di distributori privati di carburanti, con specificazione della capacità di stoccaggio dei relativi serbatoi, come indicato nel comma 2, nonché delle ulteriori attestazioni richieste dal comma 4 della medesima norma, impedisce il riconoscimento dell’agevolazione .
Con il secondo motivo la società si duole della nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 50 del d.lgs. 26 ottobre 1995, n 504,
RGN 17841/2021 Consigliere est. NOME
in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Il giudice d’appello avrebbe erroneamente ritenuto legittime le sanzioni applicate, perché mai contestate e inoltre per esse mancherebbe il rispetto del principio della proporzionalità.
Il motivo risulta inammissibile perché manca ogni riscontro della tempestività della censura nei termini qui formulati (sanzione irrogata fuori dei casi contemplati e assenza di proporzionalità), né la difesa ha indicato quando il motivo, nei suddetti termini, sia stato articolato.
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell’art. 32 32 cod. proc. civ. dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. p roc. civ. La motivazione della sentenza, laddove ha ritenuto legittime le sanzioni applicate, è apparente.
Il motivo va disatteso.
S ussiste l’apparente motivazione della sentenza ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonché quando, pur indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente, sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sulla correttezza del suo ragionamento (Sez. U, 3 novembre 2016, n. 22232; cfr. anche 23 maggio 2019, n. 13977; 1 marzo 2022, n. 6758). In sede di gravame, non è viziata la decisione quando motivata per relationem ove il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti, sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purché il rinvio sia operato così da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata. Essa va invece cassata quando il giudice si sia limitato ad aderire alla pronuncia di primo grado senza che emerga, in alcun modo, che a tale risultato sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (cfr. Cass., 19 luglio 2016, n. 14786; 7 aprile 2017, n. 9105). La motivazione del provvedimento impugnato con ricorso per cassazione è apparente anche
quando, ancorché graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fattispecie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass., 1 marzo 2022, n. 6758; 30 giugno 2020, n. 13248; cfr. anche 5 agosto 2019, n. 20921). È altrettanto apparente ogni qual volta evidenzi una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio (Cass., 14 febbraio 2020, n. 3819), oppure quando carente nel giudizio di fatto, così che la motivazione sia basata su un giudizio generale e astratto (Cass., 15 febbraio 2024, n. 4166).
Nel caso di specie il giudice regionale, pur affidando a poche parole la conferma della correttezza dell’atto irrogativo delle sanzioni, in realtà ha inequivocabilmente fatto richiamo a tutto l’apparato argomentativo, in forza del quale ha ritenuto di respingere le ragioni della società rispetto alla decadenza dal beneficio delle agevolazioni. Si tratta dunque di motivazione sintetica ma più che chiara ed esaustiva ai fini della sua validità.
Il ricorso va in definitiva respinto. Le spese processuali seguono la soccombenza e vanno liquidate nella misura specificata in dispositivo
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione in favore dell’Agenzia delle dogane delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 7.600,00 per competenze, oltre spese prenotate a debito; Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 maggio 2024