Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7493 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7493 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/03/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4131/2021 R.G., proposto
DA
NOME NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME, con studio in Lamezia Terme (CZ) (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL ), elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME, con studio in Roma, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE con sede in Maida (CZ), in persona dell’amministratore unico pro tempore ;
INTIMATA
E
Comune di Gizzeria (GZ), in persona del Sindaco pro tempore ;
INTIMATO
TARSU TIA TARI INGIUNZIONE DI PAGAMENTO CONTESTAZIONE DELLA PROCEDURA DI AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO DI ACCERTAMENTO E RISCOSSIONE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Calabria il 23 giugno 2020, n. 1237/02/2020; udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. NOME COGNOME che ha concluso per la dichiarazione di estinzione del procedimento;
dato atto che nessuno è comparso per la ricorrente;
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Calabria il 23 giugno 2020, n. 1237/02/2020, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di ingiunzione di pagamento n. NUMERO_DOCUMENTO notificatale l ‘1 dicembre 2015 per l’importo complessivo di € 676,88 dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE, in qualità di concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dei tributi per conto del Comune di Gizzeria (CZ), in dipendenza di avviso di accertamento per omesso versamento del l’ICI relativa all’anno 2007 con riferimento ad un terreno ubicato nel territorio comunale, ha rigettato l’appello proposto da lla medesima nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e del Comune di Gizzeria (CZ) avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Catanzaro il 29 maggio 2018, n. 1479/01/2018, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure – che aveva rigettato il ricorso originario della contribuente sul presupposto che la concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dei tributi era legittimata all’emissione dell’ingiunzione di pagamento, essendo iscritta nell’albo ex art. 53 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446; che la convenzione concessoria era valida ed efficace, essendo sottratta alla cognizione del giudice tributario la contestata
violazione della procedura di evidenza pubblica; che ogni altra contestazione sul merito della pretesa impositiva era preclusa dalla definitività dell’avviso di accertamento.
RAGIONE_SOCIALE ed il Comune di Gizzeria (CZ) sono rimasti intimati.
Con conclusioni scritte, il P.M. si è espresso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, in quanto « le distinte critiche presenti nei motivi sono illustrate con una unitaria esposizione in fatto intervallata da valutazioni in diritto che non distinguono ordinatamente le separate ragioni di impugnazione, lasciando inammissibilmente alla S.C. il compito di estrapolare le allegazioni in fatto e in diritto rilevanti ai fini delle diverse censure, mediante il compimento di un’attività che è invece riservata alla parte ».
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, la ricorrente ha chiesto di tener conto – ai fini dell’eventuale cessazione della materia del contendere -dell’annullamento automatico ex art. 4 del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, per i crediti portati da cartelle di pagamento per importi inferiori ad € 1.000,00 .
1.1 C ome è noto, l’art. 4, comma 1, del citato d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, prevede che: « 1. I debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore del presente decreto, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, ancorché riferiti alle cartelle per le quali è già intervenuta la richiesta di cui all’articolo 3, sono automaticamente annullati.
L’annullamento è effettuato alla data del 31 dicembre 2018 per consentire il regolare svolgimento dei necessari adempimenti tecnici e contabili ».
1.2 In seguito, l’art. 1, commi 222, 227 e 229, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, ha esteso il suddetto beneficio ai carichi affidati agli agenti della riscossione fino al 31 dicembre 2015, ma ha dettato una disciplina differenziata, da un lato, per i crediti delle amministrazioni statali, delle agenzie fiscali e degli enti pubblici previdenziali, per i quali l’annullamento automatico opera anche per il capitale, e, dall’altro lato, per i crediti degli enti diversi dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali (comprensivi degli enti locali), per i quali l’annullamento automatico opera soltanto per gli accessori, sempre che questi ultimi enti non abbiano stabilito l’inapplicabilità di tale annullamento entro il 31 gennaio 2023.
Difatti, è stato disposto che: « 222. Sono automaticamente annullati, alla data del 31 marzo 2023, i debiti di importo residuo, alla data di entrata in vigore della presente legge, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali, ancorché compresi nelle definizioni di cui all’articolo 3 del decreto -legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, all’articolo 16 -bis del decreto- legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, e all’articolo 1, commi da 184 a 198, della legge 30 dicembre 2018, n. 145. (…) 227. Fermo restando quanto disposto dai commi 225, 226 e 228, relativamente ai debiti di
importo residuo, alla data di entrata in vigore della presente legge, fino a mille euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015 dagli enti diversi dalle amministrazioni statali, dalle agenzie fiscali e dagli enti pubblici previdenziali, l’annullamento automatico di cui al comma 222 opera limitatamente alle somme dovute, alla medesima data, a titolo di interessi per ritardata iscrizione a ruolo, di sanzioni e di interessi di mora di cui all’articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602; tale annullamento non opera con riferimento al capitale e alle somme maturate alla predetta data a titolo di rimborso delle spese per le procedure esecutive e di notificazione della cartella di pagamento, che restano integralmente dovuti. (…) 229. Gli enti creditori di cui al comma 227 possono stabilire di non applicare le disposizioni dello stesso comma 227 e, conseguentemente, quelle del comma 228, con provvedimento adottato da essi entro il 31 gennaio 2023 nelle forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti e comunicato, entro la medesima data, all’agent e della riscossione con le modalità che lo stesso agente pubblica nel proprio sito internet entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Entro lo stesso termine del 31 gennaio 2023, i medesimi enti danno notizia dell’adozione de i predetti provvedimenti mediante pubblicazione nei rispettivi siti internet istituzionali ».
1.3 Nel caso di specie, essendo stato iscritto a ruolo soltanto nell’anno 2015, il debito portato dall’ingiunzione di pagamento (ICI relativa all’anno 200 7) può usufruire dell’annullamento ex lege soltanto nei limiti consentiti dall’art. 1, comma 227, della
legge 29 dicembre 2022, n. 197, in quanto l’importo complessivo (per capitale ed accessori) non oltrepassa il limite invalicabile di € 1.000,00 . Peraltro, non risulta che l’ente impositore abbia adottato provvedimenti contrari all’applicabilità d i tale beneficio.
Ne discende, in linea con la giurisprudenza formatasi con riguardo al l’art. 4, comma 1, del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119 (Cass., Sez. 5^, 7 giugno 2019, n. 15471; Cass., Sez. 5^, 27 settembre 2022, n. 28069; Cass., Sez. 5^, 12 dicembre 2022, n. 36234; Cass., Sez. 5^, 1 marzo 2023, n. 6102; Cass., Sez. 5^, 12 agosto 2024, n. 22689), la cessazione parziale della materia del contendere in relazione alle somme dovute in forza dell’ingiunzione di pagamento a titolo di interessi per ritardata iscrizione a ruolo, di sanzioni amministrative e di interessi di mora.
2. Per il resto, il ricorso è affidato a tre motivi.
In proposito, va rilevato che, nonostante la mescolanza e la commistione nelle singole rubriche di più vizi denunciabili ai sensi dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., la concreta formulazione dei motivi consente, comunque, l’ esclusivo apprezzamento delle censure sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di legge (n. 3), dovendo escludersi le deduzioni di nullità della sentenza impugnata o del relativo procedimento (n. 4) ovvero di omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti (peraltro, preclusa dalla c.d. ‘ doppia conforme ‘ ex art. 348ter , quinto comma, cod. proc. civ.) (n. 5), che non sono state sviluppate nella parte espositiva del ricorso e devono, pertanto, essere considerare come non proposte perché semplicemente indicate in rubrica, ma non argomentate (da ultima: Cass., Sez. Lav., 2 marzo 2025, n. 5505).
Ed invero, la corretta qualificazione del vizio denunciato col ricorso per cassazione deve essere rapportata alla prospettazione delle argomentazioni in fatto ed in diritto a fondamento della censura, in quanto la configurazione formale della rubrica del motivo non ha contenuto vincolante, ma è soltanto l’esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 3 agosto 2012, n. 14026; Cass., Sez. 5^, 6 ottobre 2017, n. 23381; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2018, n. 12690; Cass., Sez. 5^, 26 settembre 2019, n. 24009; Cass., Sez. 6^-5, 30 luglio 2020, n. 16443; Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2021, n. 8744; Cass., Sez. 2^, 11 febbraio 2022, n. 4531; Cass., Sez. Trib., 7 settembre 2023, n. 26095; Cass., Sez. Trib., 12 novembre 2024, n. 29147; Cass., Sez. Lav., 2 marzo 2025, n. 5505).
Ne consegue che l’inammissibilità paventata dal P.M. non ha alcun fondamento.
3. Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 52 e 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 2 e 3 del r.d. 14 aprile 1910, n. 639, 43 e 44 del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, 13 disp. prel. cod. civ., nonché degli artt. 112, 115, 116 e 132 cod. proc. civ., 30, comma 3, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, 43 e 49 della legge comunitaria sui contratti di appalto e servizi pubblici, 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, in relazione a ll’art. 360, primo comma, nn. 3), 4) e 5), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la ‘ RAGIONE_SOCIALE , in qualità di concessionaria del servizio di accertamento e riscossione dei tributi comunali, era legittimata all’adozione dell’ingiunzione di pagamento in contestazione, argomentando che: « Anche le contestazioni in ordine al contratto stipulato tra
l’ente territoriale e la RAGIONE_SOCIALE sono prive di fondamento »; e che « Le censure in ordine alla procedura ad evidenza pubblica attraverso cui veniva individuata la RAGIONE_SOCIALE non possono trovare legittimo ingresso in questa sede avendo ad oggetto una materia sottratta alla giurisdizione della pretesa sostanziale ».
Con il secondo motivo, si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 52, comma 5, lett. b), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, 25 del d.l. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, 2 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nonché delle lineeguida ANAC, 7 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 112, 115 e 116 cod. proc. civ., 1, 2, 3, 6 e 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3), 4) e 5), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la concessionaria del servizio di riscossione dei tributi comunali fosse legittimata ad emettere l’ingiunzione di pagamento per l’ICI relativa all’anno 200 7, senza tener conto (ai fini della disapplicazione ex art. 7, comma 5, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), che la convenzione di affidamento del servizio era stata stipulata all’esito di gara pubblica svolta mediante la pubblicazione di avviso pubblico di partecipazione in soli sei Comuni del circondario e la presentazione di un’unica offerta da parte dell’aggiudicataria in palese violazione della normativa nazionale ed europea che impone la procedura di evidenza pubblica per la scelta dei contraenti con le pubbliche amministrazioni, e che la convenzione di affidamento del servizio era stata rinnovata (anche prima della scadenza nell’anno 2009) in difetto di proroghe legali.
3.1 I predetti motivi -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta -sono fondati.
3.2 A ben vedere, NOME COGNOME ha impugnato l’ingiunzione di pagamento per l’ illegittimità dell’affidamento del servizio di accertamento e riscossione dei tributi comunali alla ‘ RAGIONE_SOCIALE, deducendo la carenza di legittimazione impositiva attiva in capo a quest’ultima.
Secondo il giudice di appello, tuttavia, le irregolarità denunciate in ordine allo svolgimento della procedura di evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di accertamento e riscossione dei tributi comunali concernerebbero, comunque, « materia sottratta alla giurisdizione del giudice tributario ».
Tale argomentazione non è condivisibile.
Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di ICI (ma anche di TARSU), ove il Comune, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, affidi il servizio di accertamento e riscossione, mediante apposita convenzione, ai soggetti terzi indicati nella suddetta norma, il potere di accertamento e riscossione è demandato al concessionario, al quale è, pertanto, conferita anche la legittimazione processuale per le relative controversie, sicché, in caso di contestazione della legittimità della delega (che costituisce presupposto imprescindibile dell’atto impositivo o esattivo), grava sul contribuente l’onere di specificarne i profili di illegittimità in relazione alle patologie tipiche degli atti amministrativi (incompetenza, violazione di legge o regolamento, eccesso di potere) (Cass., Sez. 5^, 30 settembre 2019, n. 24276; Cass., Sez. 6^-5, 29 settembre 2020, n. 20650; Cass., Sez. Trib., 18 gennaio 2024, nn. 1898 e 1937; Cass., Sez. Trib., 22 luglio 2024, n. 20168).
Difatti, si tratta pur sempre di atti amministrativi costituenti il presupposto dell’imposizione e della riscossione, che possono essere disapplicati dal giudice tributario in sede di impugnazione dei conseguenti atti impositivi o esattivi, pur non influendo sul loro contenuto. Ovviamente, la disapplicazione non involge la convenzione accessoria (alla concessione) tra l’ente impositore e la concessionaria, la quale ha la funzione si regolamentare i reciproci rapporti inter partes per la gestione del servizio di accertamento e riscossione dei tributi.
Pertanto, ove il contribuente contesti il regolare conferimento dall’ente impositore alla concessionaria del potere di accertamento o di riscossione (in relazione al prodromico svolgimento della procedura di evidenza pubblica) , l’art. 7, comma 5, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, riserva al giudice tributario un sindacato incidentale di legittimità che può condurre alla disapplicazione degli atti relativi all’ affidamento del predetto servizio ed al conseguente annullamento dell’atto impositivo o esattivo (per difetto di legittimazione sostanziale in capo alla concessionaria).
3.3 Nella specie, dunque, la sentenza impugnata ha contravvenuto al principio enunciato, avendo respinto il motivo di appello circa la carenza di legittimazione sostanziale della concessionaria sull’erroneo presupposto che la regolarità della procedura di evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di accertamento e riscossione da parte dell’ente impositore non fosse in alcun modo sindacabile (con la preclusione a qualsiasi tipo di doglianza) dal giudice tributario, senza tenere in alcun conto l’eventuale esercizio del potere riservato al giudice tributario dall’art. 7, comma 5, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, con riguardo agli atti amministrativi costituenti il presupposto dell’imposizione, anche se non a contenuto
normativo o generale (espressione di un principio generale dell’ordinamento, fissato dall’art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E -da ultima: Cass., Sez. Trib., 2 ottobre 2024, n. 25935), in relazione al sindacato incidentale dell’illegittimità lamentata dalla contribuente con riguardo all’ingiunzione di pagamento che ne costituiva applicazione.
Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2 e 5 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 1, 2, 3, 6 e 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, 2, comma 1, lett. b), e 9 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, 58 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241, 11 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, 65 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, 25 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3), 4) e 5), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che la concessionaria non era decaduta dall’esercizio della potestà impositiva, essendo stati notificati, prima, l’avviso di accertamento e, poi, l’ingiunzione di pagamento prima della scadenza del termine quinquennale ex art. 1, comma 161, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
4 .1 Il predetto motivo è assorbito dall’accoglimento de i precedenti motivi, rendendosene superfluo ed ultroneo lo scrutinio in questa sede.
In conclusione, riconoscendosi l’annullamento ex lege del debito tributario nei limiti degli accessori e, per il resto, valutandosi la fondatezza del primo motivo e del secondo motivo, nonché l’assorbimento del terzo motivo, alla stregua delle suesposte argomentazioni, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della
Calabria (ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a), della legge 31 agosto 2022, n. 130), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara la cessazione parziale della materia del contendere nei limiti specificati in motivazione; accoglie il primo motivo ed il secondo motivo; dichiara l’assorbimento del terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 22 gennaio