Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5541 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5541 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 333/2017 R.G. proposto da :
COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che ha chiesto di ricevere le comunicazioni all’indirizzo pec avvEMAIL
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende -resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA n. 5732/2016 depositata il 16/06/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/12/2024 dal Consigliere COGNOME
Fatti di causa
La CTP di Napoli accoglieva il ricorso della contribuente avverso gli avvisi di definizione, emessi ex art. 5bis D.Lgs. n. 218 del 1997,
nei suoi confronti. Gli avvisi riguardavano i maggiori importi Ires, Iva e Irap dovuti, essendo stato ricostruito a seguito di accertamenti un maggior volume di affari della società contribuente, esercente l’attività di estrazione e produzione di pinoli. La CTR della Campania ha accolto l’appello erariale e rigettato quello incidentale della contribuente, teso a rimarcare la nullità dell’avviso di definizione, in quanto notificato oltre il termine di sessanta giorni previsto dal citato art. 5bis. Il ricorso per cassazione della contribuente è affidato a tre motivi. L’Agenzia si è costituita al solo fine partecipare all’udienza di discussione della causa ex art. 370, co. 1, c.p.c. Il difensore di parte ricorrente ha rinunciato il 7 febbraio 2018 alla procura; non consta, tuttavia, la nomina di altro difensore da parte della contribuente.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso si contesta la sentenza impugnata in quanto avrebbe ‘ omesso di dichiarare l’inammissibilità dell’appello per carenza dell’interesse ad agire’ , dal momento che l’appello ‘ non ha contrastato il giudizio di merito sulla legittimità della pretesa fiscale … limitandosi a denunciare la non impugnabilità dell’atto oggetto del giudizio ‘, con conseguente illegittimità della sentenza per violazione dell’art. 53 D.Lgs. n 546 del 1992, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, a tenore dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., la violazione del ‘ principio consolidato secondo il quale il carattere perentorio può anche essere desunto implicitamente dalla norma ‘, avendo la sentenza impugnata erroneamente escluso la perentorietà del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 5 -bis D.Lgs. n. 218 del 1997 per la notifica dell’avviso di definizione.
Con il terzo motivo di ricorso si contesta, a mente dell’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., che la declaratoria di inammissibilità del ricorso avverso l’avviso di definizione, contenuta nella sentenza d’appello,
avrebbe comportato la violazione del principio consolidato secondo il quale qualsiasi atto che manifesti una pretesa fiscale è suscettibile di impugnazione dinanzi all’autorità giudiziaria, con conseguente violazione dell’art. 24 Cost. e 19 D.Lgs. n. 546 del 1992.
I tre motivi, intimamente connessi, si prestano ad essere trattati unitariamente; essi sono infondati e vanno respinti.
L’art. 5bis , D.Lgs. n. 218 del 1997 (nel testo ratione temporis applicabile), prevedeva: « 1.II contribuente può prestare adesione anche ai verbali di constatazione in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto redatti ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, che consentano l’emissione di accertamenti parziali previsti dall’articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dall’articolo 54, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. 2. L’adesione di cui al comma 1 può avere ad oggetto esclusivamente il contenuto integrale del verbale di constatazione (…) ».
L’adesione ai processi verbali di constatazione risponde all’evidente finalità di evitare qualsiasi forma di contraddittorio in quanto il contribuente, esercitando la facoltà allo stesso riconosciuta, aderisce all’integrale contenuto del processo verbale relativamente ai rilievi in tema di imposte sui redditi ed Iva, definendo la propria posizione prima ancora dell’emissione dell’atto di accertamento. Il vantaggio risiede in ciò che, a fronte della mancata instaurazione di un vero e proprio contraddittorio con l’Ufficio, nonché della mancata emissione di un avviso di accertamento, le sanzioni previste per la procedura ordinaria di accertamento vengono ridotte.
L’adesione del contribuente riguarda il processo verbale di constatazione che consenta l’emissione di accertamenti parziali previsti dall’art. 41bis del decreto del Presidente della Repubblica
29 settembre 1973, n. 600, e dall’articolo 54, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633; dunque, è il riferimento ai presupposti per l’accertamento parziale che connota la particolare procedura deflattiva in esame; tenuto conto, quindi, della natura dell’accertamento parziale, lo stesso è connotato dalla contestazione di un maggior debito di imposta, senza che emerga alcuna attività di tipo valutativo da parte dell’amministrazione finanziaria, profilo che, invece, attiene all’atto di accertamento ordinario. Portando a corollario tale considerazione deve ricavarsene che è escluso dalla procedura di adesione soltanto ciò che, pur inserito all’interno del processo verbale, non ha alcuna attinenza con quanto può formare oggetto di immediata adesione. In altri termini, non possono essere fatte oggetto di adesione quelle indicazioni che, se pur inserite nel processo verbale di constatazione, necessitano di una ulteriore attività istruttoria da parte dell’Ufficio. Per il resto, l’adesione al processo verbale di constatazione comporta una condivisione dei contenuti del verbale e, dunque, della pretesa erariale, ed è per tale ragione che, in tal caso, l’amministrazione finanziaria non può procedere alla formale notifica di un successivo atto impositivo. Specularmente, al contribuente è preclusa la possibilità di impugnare l’atto di definizione, salvo che per far valere -il che non ricorre nel caso di specie -la non corrispondenza tra gli importi in esso esposti e quelli dovuti per effetto dell’adesione prestata al processo verbale di constatazione (Cass. 21 febbraio 2020, n. 4566). Ancor recentemente questa Corte ha ribadito che ‘ La comunicazione dell’adesione del contribuente al processo verbale di constatazione, prevista dall’art. 5-bis del d.lgs. n. 218 del 1997, pur se non effettuata utilizzando l’apposito modello approvato con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, è valida ed efficace ove contenga gli elementi essenziali della relativa dichiarazione, che consentano di individuare con esattezza la
volontà di aderire, il processo verbale di contestazione oggetto dell’adesione ed il soggetto che presenta la stessa comunicazione ‘ (Cass. n. 27705 del 2024).
In definitiva, l’impugnabilità dell’atto è ristretta entro i limiti della non corrispondenza tra la maggiore imposta dovuta, secondo quanto emerge nel processo verbale di constatazione, e l’importo indicato nell’atto di definizione (il perimetro della ‘non corrispondenza’ è efficacemente tratteggiato anche da Cass. n. 29036 del 2021).
In sostanza, lo strumento della tutela giudiziaria è utilizzabile solo nel caso in cui il contribuente ravvisi degli errori in fase di liquidazione del tributo da parte dell’amministrazione finanziaria, avendo questa non correttamente determinato una maggiore imposta dovuta in base alle risultanze del processo verbale di constatazione, posto che, solo in tali circostanze, escludere un’autonoma impugnazione dell’atto di definizione significherebbe impedire al contribuente di far valere le proprie ragioni in sede giurisdizionale, con l’effetto che, pur in presenza di errori da parte dell’Ufficio, si vedrebbe cristallizzata, senza alcuna possibilità di tutela, una pretesa erariale non legittima. Con questo distinguo, tuttavia, i confini della impugnabilità dell’atto di definizione si arrestano sulla soglia della non contestabilità dei rilievi contenuti nel processo verbale relativi a ragioni di ordine sostanziale.
Su questa premessa, l’aspirazione sottesa, in particolare, alla prima censura di stigmatizzare la sentenza impugnata nella parte in cui ha valorizzato la non impugnabilità dell’atto del giudizio, senza addentrarsi sulla ‘ legittimità della pretesa fiscale ‘ non coglie nel segno. La contribuente non ha, infatti, lamentato errori nella indicazione delle violazioni sostanziali riportate nel processo verbale di constatazione e poi trasfuse nell’atto di definizione; per converso, ha mirato a far valere ragioni che non attengono alla sussistenza di meri errori nella indicazione delle violazioni
sostanziali, nel vano tentativo di ridiscutere una pretesa fiscale cristallizzatasi al momento dell’adesione.
Va tenuto, infatti, fermo il principio generale in virtù del quale la definizione dell’accertamento con adesione, su istanza del contribuente, determina l’intangibilità della pretesa erariale oggetto del concordato intervenuto tra le parti, con la conseguente inammissibilità del ricorso volto a contestare il relativo atto.
Ha osservato questa Corte che in materia tributaria ‘una volta che sia stato definito l’accertamento con adesione, ai sensi del d.lgs. 19 giugno 2 1997, n. 218, con fissazione anche del “quantum debeatur”, al contribuente non resta che eseguire l’accordo, mediante il versamento di quanto da esso previsto, risultando normativamente esclusa la possibilità di impugnare simile accordo e, a maggior ragione, l’atto impositivo oggetto della transazione, il quale conserva efficacia, ma solo a garanzia del Fisco, sino a quando non sia stata interamente eseguita l’obbligazione scaturente dal concordato. È, quindi, inammissibile il ricorso contro l’avviso di accertamento proposto dopo la firma del concordato fiscale ‘ (Cass. n. 10086 del 2009).
Quanto alla circostanza, messa in rilievo in particolare col secondo mezzo di ricorso, secondo cui la patologia dell’atto impugnato deriverebbe dalla sua notificazione oltre il termine di sessanta giorni previsto dal secondo comma dell’art. 5 -bis D.Lgs. n. 218 del 1997, giova osservare quanto segue. Il comma in parola disponeva che ‘ 2. L’adesione di cui al comma 1 può avere ad oggetto esclusivamente il contenuto integrale del verbale di constatazione e deve intervenire entro i 30 giorni successivi alla data della consegna del verbale medesimo mediante comunicazione al competente ufficio dell’Agenzia delle entrate ed all’organo che ha redatto il verbale. Entro i 60 giorni successivi alla comunicazione al competente Ufficio dell’Agenzia delle entrate, lo stesso notifica al contribuente l’atto di definizione dell’accertamento parziale recante
le indicazioni previste dall’articolo 7 ‘. In buona sostanza, nel procedimentalizzare l’accertamento con adesione il precetto fissava l’ancoraggio della notifica dell’atto di definizione ad un termine alla comunicazione effettuata nei confronti dell’Ufficio. Tuttavia, il termine non è all’evidenza assistito da una precisazione di perentorietà; né viene delineata una decadenza dall’esercizio del potere di notificare l’avviso che trae sostanza dall’accordo raggiunto fra fisco e contribuente in ragione del superamento del bimestre. La ratio dei sessanta giorni è, dunque, palesemente di carattere acceleratorio, tesa a dare stabilità in un tempo ragionevole al rapporto fiscale, anche a salvaguardia dell’affidamento del contribuente.
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza nella misura esposta in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.400,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 04/12/2024.