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Addizionale IRPEF collaboratori: serve potere reale?

Un collaboratore di un istituto di credito contesta l’applicazione dell’addizionale IRPEF sui bonus, sostenendo di non avere poteri decisionali strategici. La Corte di Cassazione, riconoscendo la novità della questione, non decide il merito ma rinvia la causa alla pubblica udienza. La futura sentenza chiarirà i requisiti soggettivi per l’applicazione dell’addizionale IRPEF per collaboratori del settore finanziario.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Addizionale IRPEF collaboratori: la Cassazione cerca un precedente

L’applicazione dell’addizionale IRPEF collaboratori del settore finanziario torna al centro del dibattito. Una recente ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione ha messo in pausa un giudizio per riflettere su una questione fondamentale: per applicare la super-tassa sui bonus è sufficiente un rapporto di collaborazione con un istituto di credito, o è necessario dimostrare che il collaboratore detenga un effettivo potere decisionale in grado di influenzare la stabilità dei mercati? La Suprema Corte, non trovando precedenti, ha scelto di rimettere la causa alla pubblica udienza, preannunciando una sentenza che farà scuola.

I Fatti del Caso

Un collaboratore a progetto di un primario istituto di credito si è visto trattenere, per gli anni d’imposta dal 2015 al 2017, un’ingente somma a titolo di addizionale IRPEF del 10% sui bonus percepiti. L’importo totale contestato ammontava a oltre 132.000 euro. Il professionista ha richiesto il rimborso, sostenendo di non possedere i requisiti soggettivi previsti dalla norma, in particolare la mancanza di un ruolo con autonomia e potere decisionale tali da incidere sui rischi e sulla stabilità della banca.

Il percorso giudiziario è stato complesso. La Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto parzialmente il ricorso. Successivamente, in appello, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ha prima dichiarato la nullità della sentenza di primo grado (poiché aveva deciso su una materia completamente diversa, ossia la tassa sui rifiuti) e poi, decidendo nel merito, ha respinto le ragioni del contribuente, ritenendo applicabile l’addizionale.

Contro questa decisione, il collaboratore ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando che i giudici di merito non avessero compiuto l’indagine fondamentale richiesta dalla legge: verificare la concreta idoneità del suo incarico a influenzare la stabilità dei mercati finanziari.

L’Addizionale IRPEF per Collaboratori: la Norma Sotto Esame

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 33 del D.L. 78/2010. Questa norma introduce un’aliquota addizionale del 10% sulla parte dei bonus e degli stock option che eccede la retribuzione fissa, per i dirigenti e i collaboratori del settore finanziario. La ratio della legge è quella di disincentivare politiche di remunerazione aggressive che potrebbero spingere a prendere rischi eccessivi, minando la stabilità del sistema.

Il ricorrente ha sostenuto che la Corte di merito abbia errato nell’applicare automaticamente la norma, senza accertare se a lui fosse attribuito un ‘elevato grado di autonomia e un effettivo potere decisionale’. Secondo la sua difesa, la semplice esistenza di un contratto di collaborazione e di una retribuzione variabile non è sufficiente per far scattare l’imposizione. Occorre un quid pluris: un ruolo strategico e di responsabilità.

La Decisione della Corte di Cassazione: Un Rinvio Strategico

Con l’ordinanza in commento, la Suprema Corte non ha dato torto o ragione a nessuna delle parti. Ha invece preso atto di un vuoto giurisprudenziale. I giudici hanno osservato che la questione circa l’applicabilità dell’addizionale ai collaboratori continuativi di banche è di ‘particolare rilevanza e novità’, poiché non esistono precedenti specifici in materia.

Di fronte a un tema così delicato e con implicazioni significative per l’intero settore, la Corte ha deciso di non risolvere il caso nella camera di consiglio (procedura più snella), ma di rinviare la causa a una pubblica udienza. Questa scelta procedurale sottolinea il peso che la Corte attribuisce alla questione e la volontà di approfondirla con un dibattito completo prima di emettere una sentenza.

Le Motivazioni della Rimessione

La motivazione principale del rinvio risiede nella necessità di creare un precedente chiaro e ponderato. La Corte deve stabilire un principio di diritto che orienterà le future controversie. La domanda a cui dovrà rispondere è netta: l’addizionale IRPEF collaboratori si applica in base a un criterio formale (la tipologia di contratto) o sostanziale (il potere effettivo esercitato)? La decisione avrà un impatto diretto sulle politiche retributive delle banche e sulla qualificazione dei rapporti di collaborazione nel settore finanziario.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza interlocutoria non chiude la vicenda, ma la rende ancora più interessante. La futura sentenza della Corte di Cassazione a seguito della pubblica udienza è destinata a diventare un punto di riferimento. Se la Corte accoglierà la tesi del ricorrente, l’Agenzia delle Entrate dovrà, caso per caso, dimostrare che il collaboratore tassato deteneva un ruolo di alta responsabilità. Se, al contrario, prevarrà un’interpretazione più estensiva, quasi tutti i collaboratori con retribuzioni variabili potrebbero essere soggetti all’addizionale. Per il momento, professionisti e istituti di credito restano in attesa di un chiarimento fondamentale per la pianificazione fiscale e contrattuale.

Qual è l’oggetto principale della controversia?
La controversia riguarda l’applicabilità dell’addizionale IRPEF del 10%, prevista dall’art. 33 del d.l. 78/2010, sui bonus percepiti da un collaboratore a progetto di un istituto di credito, per un valore complessivo di oltre 132.000 euro.

Perché il collaboratore ritiene di non dover pagare la tassa?
Il collaboratore sostiene che manchi il presupposto soggettivo per l’applicazione della tassa, ovvero il possesso di un ‘elevato grado di autonomia e un effettivo potere decisionale in grado di porre in essere attività che possano rilevare ai fini della stabilità dei mercati finanziari’. A suo avviso, il suo ruolo non aveva tali caratteristiche.

Qual è stata la decisione della Corte di Cassazione in questa ordinanza?
La Corte di Cassazione non ha deciso il merito della questione. Ha emesso un’ordinanza interlocutoria con cui, riconoscendo che si tratta di una questione di ‘particolare rilevanza e novità’ priva di precedenti, ha disposto il rinvio della causa a una pubblica udienza per una discussione approfondita prima della decisione finale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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