Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3159 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3159 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/02/2025
Addizionale ex art. 33, commi 1 e 2bis, d.l. 78/2010 – Rapporto tra retribuzione fissa e variabile
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21996/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato ed allegato al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo digitale EMAIL ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, n. 1403/16/2023, depositata in data 18 aprile 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano il silenziorifiuto formatosi sull’istanza
di rimborso delle ritenute effettuate e versate, nei mesi di novembre 2014, settembre e novembre 2015, novembre 2016 e dicembre 2017, quale sostituto d’imposta, dalla Milano Mediobanca Banca di Credito Finanziario s.p.a., ai sensi dell’art. 33 del d.l. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, a titolo di aliquota addizionale del dieci per cento sui bonus eccedenti la parte fissa della retribuzione pagata al medesimo contribuente quale suo dipendente.
A sostegno dell’istanza, e successivamente nel ricorso introduttivo, il contribuente affermava l’insussistenza del requisito oggettivo dell’imposizione, negando che la parte variabile della retribuzione di ogni periodo d’imposta eccedesse il triplo di quel la fissa percepita nel medesimo periodo.
La CTP accoglieva il ricorso.
L ‘Ufficio interponeva gravame innanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia (poi Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia), che respingeva l’appello.
L ‘Ufficio propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Il contribuente resiste con controricorso.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 1 6/01/2025.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 33 del D.L. 78/2010 (stock options ed emolumenti variabili), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c.».
Per effetto d ell’art. 23, comma 50 -bis, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha aggiunto all’art. 33 del d.l. n. 78 del 2010, un comma, il 2 bis , il testo del ridetto art. 33 risulta quindi così strutturato: « 1. In dipendenza delle decisioni assunte in sede di G20 e in considerazione degli effetti economici potenzialmente distorsivi propri delle forme di remunerazione operate sotto forma di bonus e stock options, sui compensi a questo titolo, che eccedono il triplo della parte fissa della
retribuzione, attribuiti ai dipendenti che rivestono la qualifica di dirigenti nel settore finanziario nonché ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nello stesso settore è applicata una aliquota addizionale del 10 per cento. 2. L’addizionale è trattenuta dal sostituto d’imposta al momento di erogazione dei suddetti emolumenti e, per l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, è disciplinata dalle ordinarie disposizioni in materia di imposte sul reddito. 2-bis. Per i compensi di cui al comma 1, le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano sull’ammontare che eccede l’importo corrispondente alla parte fissa della retribuzione ».
Sostiene la ricorrente Agenzia che la CTR avrebbe errato nel ritenere che il nuovo comma 2 bis del predetto art. 33 del d.l. n. 78 del 2010 avrebbe unicamente specificato l’ambito applicativo della normativa in esame, ma non ampliato i presupposti di applicazione dell’addizionale regionale, per cui l’addizionale Irpef del 10 per cento risulterebbe sì applicabile alla base imponibile costituita dall’intera componente variabile che supera quella fissa, ma solo nel caso in cui il compenso variabile ecceda di tre volte la parte fissa della retribuzione. A detta dell’Agenzia, invece, la ratio legis della novella condurrebbe ad un’interpretazione diversa, secondo la quale con l’introduzione del comma 2 bis sarebbe stata tacitamente abrogata la parte del comma 1 dell’art. 33 del d.l. n. 78 del 2010 che fa riferimento all’eccedenza del triplo della retribuzione fissa, poiché, diversamente argomentando, si giungerebbe a trasformare ‘l’eccedenza rispetto al triplo’ da elemento di individuazione della base imponibile, quale era nella formulazione della norma prima della novella del 2011, ad ulteriore presupposto impositivo, che di fatto, nella novellata struttura dell’intera disposizione, restringerebbe l’ambito applicativo della norma, che il legislatore aveva invece intenzione di ampliare con l’intervento normativo de quo .
Secondo la ricorrente, nell’analizzare la norma come modificata dalla novella, occorre infatti distinguere ed individuare il presupposto impositivo e la base imponibile. Prima dell’aggiunta del comma 2 bis , il primo comma dell’art. 33 esprimeva, al contempo, il presupposto impositivo e la base imponibile: quanto all’individuazione dei soggetti passivi dell’imposta (presupposto impositivo soggettivo), la norma ne delimitava l’ambito di applicazione ai ‘dipen denti che rivestono la qualifica di dirigenti e titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nel settore finanziario’; quanto all’oggetto, la norma individuava i ‘compensi sotto forma di bonus e stock options’ (presupposto impositivo oggettivo). La base imponibile era costituita dai compensi corrisposti a tale titolo e ‘che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione’. Con l’introduzione del comma 2 bis , il legislatore avrebbe invece introdotto una diversa commisurazione della base imponibile, data ora da un maggiore ammontare della retribuzione sotto forma di bonus e stock options , e cioè l’ammontare ‘che eccede l’importo corrispondente alla parte fissa della retribuzione’, e non più solo quello che eccede il triplo della stessa. Il richiamo operato al comma 1 dovrebbe quindi intendersi esclusivamente finalizzato all’individuazione dei presupposti impositivi oggettivo e soggettivo: essere dirigenti nel settore finanziario e percepire bonus e stock options in qualsiasi forma.
1.1. Il motivo è fondato.
1.2. La questione del perimetro applicativo oggettivo della norma in commento è stata già affrontata e risolta da questa Corte (cfr. Cass. 06/06/2023, n. 15861; Cass. 03/07/2023, n. 18624).
Si è, in particolare, affermato (Cass. 15861/2023 cit.) che prima dell’introduzione, con l’art. 23, comma 50 bis , del d.l. n. 98 del 2011, del comma 2 bis nell’art. 33 del d.l. n. 78 del 2010, il comma 1 di quest’ultima disposizione si prestava pacificamente ad una lettura univoca. Il presupposto impositivo, individuato dal legislatore quale dato rivelatore della ricchezza riconducibile ad un determinato
soggetto, era delineato nella sua connotazione soggettiva (‘dipendenti che rivestono la qualifica di dirigenti e titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nel settore finanziario’) ed oggettiva (‘compensi sotto forma di bonus e stock options’). La base imponibile, quale quantificazione del presupposto e parametro cui commisurare il tributo (ovvero, nella sostanza, l’importo su cui calcolare le imposte), era determinata nei compensi ‘che eccedono il triplo della parte fissa della retri buzione’.
Il comma 2 bis , secondo cui «per i compensi di cui al comma 1, le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano sull’ammontare che eccede l’importo corrispondente alla parte fissa della retribuzione», ha inequivocabilmente inciso sulla base imponibile, individuandola non più (co me già nel comma 1) nei ‘compensi a questo titolo, che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione’, ma nell”ammontare che eccede l’importo corrispondente alla parte fissa della retribuzione’.
Viceversa, lo stesso comma 2 bis non ha modificato il presupposto (oggettivo e soggettivo) dell’imposizione già disciplinato dal comma 1, che infatti richiama espressamente, nei limiti del fatto economico preso in considerazione dal legislatore («Per i compensi di cui al comma 1 »).
Poiché, invariato il presupposto dell’imposizione nelle sue connotazioni soggettive ed oggettive, il comma 1 ed il comma 2 bis regolano diversamente la base imponibile (rispettivamente identificandola nell’ eccedenza del triplo della parte fissa della retribuzione e nell’eccedenza pura e semplice della parte fissa della retribuzione), si evidenzia tra le due disposizioni, nei limiti cronologici in cui sia ipotizzabile una loro contemporanea vigenza ovvero relativamente ai compensi corrisposti a decorrere dal 17 luglio 2011 un’incompatibilità che comporta, ai sensi dell’art. 15 delle preleggi, l’abrogazione tacita, in parte qua , del precedente comma 1 da parte del nuovo comma 2 bis dell’art. 33 del d.l. n. 78 del 2010. Viceversa, la fattispecie base originaria, ovvero il comma
1 comprensivo anche della determinazione della base imponibile nell’eccedenza del triplo della parte fissa della retribuzione, rimane applicabile ai compensi corrisposti prima del 17 luglio 2011, giustificandosi pertanto la sua limitata persistenza (anche in considerazione della peculiarità dello specifico intervento normativo, frutto di un maxiemendamento presentato solo in sede di conversione in legge del d.l. n. 98 del 2011).
1.3. Pertanto, deve concordarsi con la tesi erariale (espressa anche nella circolare n. 41/E del 5 agosto 2011), peraltro condivisa anche da una parte della dottrina e della giurisprudenza di merito, secondo cui la modifica normativa in esame ha l’effetto di aumentare la quota di compensi variabili su cui applicare l’addizionale, dato che la base imponibile è ora (per i compensi corrisposti a decorrere dal 17 luglio 2011) pari all’ammontare della retribuzione variabile che eccede l’importo corrispondente alla parte fissa della retribuzione (e non più all’importo dei bonus che eccedano il triplo della retribuzione di base).
Tale interpretazione risulta del resto anche coerente con la ratio della novella, espressa nei lavori preparatori, ed in particolare nella relazione al maxiemendamento presentato in sede di conversione in legge del d.l. n. 98 del 2011, che ha inserito nell’art. 33 del d.l. n. 78 del 2010 il ridetto comma 2 bis , nella quale si legge che «per effetto della presente modifica le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del citato articolo 33 si applicano, per i compensi erogati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, all’ammontare dei compensi erogati sotto forma di bonus e stockoptions che eccede l’importo corrispondente alla parte fissa della retribuzione». Soprattutto, la medesima relazione rileva che la novella «determina un importante effetto di ampliamento della base imponibile in oggetto, anche in considerazione del fatto che ne che ne risulta allargata la platea di soggetti sottoposti a ll’addizionale». È infatti palese che, invariato il presupposto oggettivo e soggettivo dell’imposizione, l’ampliamento
sostanziale (non solo del gettito, ma anche) della «platea di soggetti sottoposti all’addizionale» deriva necessariamente dall’«ampliamento della base imponibile», che include ora i compensi variabili che eccedono quelli fissi, anche se non eccedono il triplo di questi ultimi.
1.4. Non appare supportare necessariamente una differente interpretazione l’inciso della sentenza della Corte cost., n. 201 del 17 luglio 2014 (citata dal controricorrente), che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 33 del d.l. n. 78 del 2010, secondo cui «allo stesso modo, non è arbitraria l’individuazione della componente variabile della retribuzione in forma di bonus o stock options -oltre un certo multiplo del compenso fisso -quale fatto espressivo della capacità contributiva, ossia quale indice che esprime l’idoneità del soggetto passivo all’obbligazione tributaria (sentenza n. 304 del 2013)».
Va invero ricordato che il vincolo negativo d’interpretazione non sussiste quando la Corte costituzionale respinga la tesi dell’autorità rimettente in base ad argomenti puramente ermeneutici, senza presuppore o addirittura escludendo l’incostituzionalità della disposizione denunciata nella esegesi del giudice a quo (Cass. 21/07/1995, n. 7950).
Tanto premesso, deve darsi atto in ogni caso che, pur decidendo con riferimento a fattispecie cui era applicabile il comma 2 bis , il giudice delle leggi non ha affrontato espressamente la questione relativa al rapporto tra quest’ultima norma ed il comma 1 dello stesso art. 33. E comunque, da un lato non si ricava dalla pronuncia che la legittimità costituzionale della disposizione derivi da un necessario rapporto proporzionale, ed in particolare nella misura dell’eccedenza del triplo, tra retribuzione variabile e fissa; dall’altro, comunque, resta rimessa alla razionale discrezionalità del legislatore, anche in considerazione della ponderazione degli interessi pubblici cui è funzionale la disincentivazione della retribuzione variabile, l’individuazione di qua le debba essere tale
rapporto, che può quindi essere determinato anche in termini di mera eccedenza. Resta, in ogni caso, salvaguardata (e rafforzata) la funzione di scoraggiare modalità remunerative variabili considerate pericolose per la stabilità finanziaria, che costituisce la ratio della disposizione, ritenuta già legittima dal giudice delle leggi.
1.5. Non può invece condividersi la tesi opposta, secondo cui, per effetto dell’introduzione, nell’art. 33 del d.l. n. 78 del 2010, del comma 2 bis , e del richiamo di quest’ultimo al comma 1, non esplicitamente abrogato dal legislatore, l’imposizione opererebbe solo nell’ipotesi in cui i compensi variabili eccedano il triplo di quelli fissi, ma ove tale condizione si verifichi, la base imponibile sarebbe costituita dall’intera eccedenza della retribuzione variabile rispetto a quella fissa.
Invero tale ricostruzione, al fine di negare l’ipotizzabilità di un’abrogazione tacita parziale del comma 1 e la rilevanza dei lavori preparatori, assume che l’interpretazione della norma nel senso appena precisato risulterebbe inequivoca sul piano letterale.
Tale affermazione (peraltro non in linea con l’evidenza di una nutrita giurisprudenza di merito contrastante sul punto e di opinioni dottrinali tra loro difformi) postula però una lettura del comma 2 bis che interpreta il rinvio al comma 1 («Per i compensi di cui al comma 1 ») oltre il dato testuale del richiamo dei soli ‘compensi’, includendovi un rimando all’ ammontare dell’eccedenza (il triplo) che non è esplicitato e che è oggettivamente in contras to con l’espressa disciplina dell’ammontare dell’ecced enza contemporaneamente dettata dallo stesso nuovo comma.
Nella sostanza, non pare possa sostenersi che l’art. 33 del d.l. n. 78 del 2010, come strutturato all’esito della novella di cui alla conversione del d.l. n. 111 del 2011, evidenzi nel suo complesso un significato tanto palese ed inequivoco da non renderne necessaria l’interpretazione, da condurre tenendo anche conto dell’intenzione del legislatore, ai sensi dell’art. 12 delle preleggi.
Va inoltre considerato che l’interpretazione proposta dal contribuente inciderebbe in misura rilevante sulla stessa struttura originaria dell’imposta, finendo per trasformare l’originaria quantificazione della base (l’eccedenza rispetto al triplo della retribuzione fissa) in un ulteriore presupposto oggettivo dell’imposizione, ovvero in un requisito individuante la tipologia dei compensi, che il legislatore aveva tuttavia indicato, nel comma 1, con riferimento alla loro connotazione soggettiva (‘dipendenti che rivestono la qualifica di dirigenti e titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nel settore finanziario’) ed oggettiva (‘compensi sotto forma di bonus e stock options’) .
1.6. In conclusione, la richiamata decisione Cass. 06/06/2023, n. 15861, di cui si è ripercorso l’argomentare, ha dettato anche il seguente principio di diritto: «per effetto del co. 2bis dell’art. 33 del d.l. n. 78 del 2010 (introdotto dall’art. 23, co.50 -bis, del d.l. n. 98 del 2011, conv. in l. n. 111 del 2011), relativamente ai compensi corrisposti, a decorrere dalla data dal 17 luglio 2011, sotto forma di “bonus” e “stock options”, ai dirigenti delle imprese operanti nel settore finanziario, l’imposta addizionale prevista dall’art. 33 del d.l. n. 78 del 2000, conv. in l. n. 122 del 2010, trattenuta dal sostituto di imposta al momento dell’erogazione degli emolumenti, si applica sull’ammontare di detti compensi che eccede l’importo corrispondente alla parte fissa della retribuzione, senza che sia necessario che la retribuzione variabile ecceda anche il triplo della parte fissa della retribuzione».
L’orientamento di questa Corte sul punto può ritenersi univoco e costante, per cui non sussistono i presupposti per investire della questione le Sezioni Unite, come richiesto dal controricorrente.
La impugnata sentenza della Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, avendo escluso l’imposizione per il difetto del requisito oggettivo, non ha fatto buon governo dei riassunti principi, e deve essere pertanto accolto il ricorso introdotto dall’Amministrazione finanziaria, con la conseguente cassazione
della sentenza impugnata. Non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte di legittimità può decidere nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., rigettando l’originario ricorso proposto dal contribuente.
Possono essere dichiarate compensate tra le parti le spese dei gradi di merito, mentre le spese processuali del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, in considerazione della natura delle questioni esaminate e del valore della controversia.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente. Compensa tra le parti le spese di lite dei gradi di merito e condanna al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, , delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.800,00 per compensi,
NOME COGNOME in persona del Direttore pro tempore oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 gennaio 2025.