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Accordo conciliativo in Cassazione: fine della lite

Una società impugnava un avviso di accertamento fiscale fino in Corte di Cassazione. Durante il giudizio, le parti hanno raggiunto un accordo conciliativo. La Suprema Corte, applicando le nuove normative, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, ponendo fine al processo con compensazione delle spese. La decisione evidenzia l’efficacia del nuovo istituto dell’accordo conciliativo in Cassazione per definire le liti tributarie.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accordo Conciliativo in Cassazione: La Nuova Via per Chiudere le Liti Tributarie

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione apre a importanti novità per la risoluzione delle controversie fiscali. Grazie alle recenti riforme, è ora possibile raggiungere un accordo conciliativo in Cassazione, uno strumento che consente di porre fine a un lungo contenzioso tributario anche nell’ultimo grado di giudizio. Questa decisione chiarisce l’ambito di applicazione delle nuove norme e le conseguenze positive per i contribuenti, come la cessazione della materia del contendere e l’esclusione di sanzioni processuali.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un avviso di accertamento per maggiore IRES notificato a una società a responsabilità limitata per l’anno d’imposta 2005. La società ha impugnato l’atto, ma il suo ricorso è stato respinto sia in primo grado (Commissione Tributaria Provinciale) sia in appello (Corte di giustizia tributaria di secondo grado).

Non arrendendosi, la società ha proposto ricorso per cassazione, affidandosi a due specifici motivi di diritto. Tuttavia, mentre la causa era pendente dinanzi alla Suprema Corte, le parti hanno intrapreso una strada diversa: quella della negoziazione.

La Svolta: l’Accordo Conciliativo in Cassazione

Successivamente alla notifica del ricorso, la società contribuente e l’Amministrazione finanziaria hanno raggiunto un accordo conciliativo ai sensi dell’art. 48 del D.Lgs. 546/1992. Questo accordo prevedeva il pagamento di una somma definita in un’unica rata.

Entrambe le parti hanno quindi depositato un’istanza congiunta chiedendo alla Corte di Cassazione di dichiarare la cessazione della materia del contendere, con compensazione delle spese legali. Si tratta di una procedura resa possibile da una recente modifica legislativa (D.Lgs. 220/2023), che ha esteso espressamente la possibilità di conciliazione anche ai giudizi pendenti in Cassazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha accolto l’istanza delle parti, basando la sua decisione sull’analisi della nuova normativa. I giudici hanno sottolineato come il comma 4-bis dell’art. 48, introdotto dal D.Lgs. n. 220/2023, renda applicabile l’istituto della conciliazione anche alle controversie pendenti davanti alla Suprema Corte.

Un punto cruciale è stata la data di applicazione della norma. La legge prevede che questa novità si applichi ai giudizi instaurati in Cassazione a decorrere dal 5 gennaio 2024. Poiché il ricorso in esame era stato notificato il 12 luglio 2024, rientrava pienamente nel campo di applicazione della nuova disciplina.

Di conseguenza, la Corte ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, formalizzando la fine della lite. Inoltre, ha affrontato un’importante questione accessoria: il pagamento del cosiddetto “doppio contributo unificato”. La Corte ha chiarito che tale sanzione, prevista in caso di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, non si applica quando il processo si conclude per un accordo tra le parti. La natura sanzionatoria della norma ne impedisce un’applicazione estensiva o analogica a casi non espressamente previsti, come quello della conciliazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta una delle prime applicazioni pratiche della riforma che estende la conciliazione giudiziale al giudizio di Cassazione. Le implicazioni sono significative:

1. Efficienza Processuale: Offre a contribuenti e Fisco un’opportunità concreta per chiudere definitivamente le controversie, evitando i tempi e le incertezze di una pronuncia finale.
2. Definizione Certa: L’accordo permette di definire con certezza l’importo da versare, superando le complesse questioni giuridiche che erano state sollevate nei motivi di ricorso.
3. Vantaggio Economico: La non applicabilità del doppio contributo unificato in caso di conciliazione rappresenta un ulteriore incentivo a percorrere questa strada, eliminando il rischio di un aggravio di costi in caso di esito sfavorevole del giudizio.

Questa pronuncia consolida un nuovo e potente strumento deflattivo del contenzioso tributario, promuovendo una cultura della composizione della lite anche nella fase più alta del sistema giudiziario.

È possibile raggiungere un accordo conciliativo anche se la causa è già pendente in Corte di Cassazione?
Sì, la normativa introdotta con il D.Lgs. 220/2023 lo consente espressamente per i ricorsi instaurati a partire dal 5 gennaio 2024, come confermato dall’ordinanza in esame.

Cosa succede al processo se le parti raggiungono un accordo conciliativo in Cassazione?
Le parti presentano un’istanza congiunta e la Corte di Cassazione dichiara la “cessazione della materia del contendere” con un’ordinanza, ponendo di fatto fine al processo.

In caso di accordo conciliativo, si deve pagare il “doppio contributo unificato”?
No. La Corte ha chiarito che il doppio contributo unificato è una misura sanzionatoria applicabile solo nei casi di rigetto, inammissibilità o improcedibilità del ricorso, e non può essere estesa ai casi in cui la lite si conclude con un accordo tra le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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