Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9377 Anno 2025
Oggetto: Tributi
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9377 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 22985 del ruolo generale dell’anno 202 3, proposto
Da
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
Contro
CRAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, in persona del legale rappresentante pro tempore ,
rappresentata e difesa dall’Avv.to NOME COGNOME (PEC: EMAIL.ordineavvocaticataniaEMAILit) e dell’Avv.to NOME COGNOME (PEC: EMAIL, giusta procura speciale su foglio separato in calce al controricorso, elettivamente domiciliata presso la cancelleria della Corte di cassazione, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio n. 2396/01/2023, depositata in data 24 aprile 2023, notificata via pec in data 24 aprile 2023.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 marzo 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1.L’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , propone ricorso, affidato a un motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio aveva accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo, in persona del legale rappresentante pro tempore , avverso la sentenza n. 7481/27/2020 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma che aveva rigettato il ricorso proposto dalla suddetta società avverso l’atto con il quale erano stati recuperati i crediti d’imposta indebitamente compensati, per gli anni 2018 e 2019, in violazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 241/1997, e irrogate le sanzioni di cui all’art. 13 , comma 1, primo periodo, del d.lgs. n. 471/1997. In particolare, l’Ufficio, pur non contestando l’esistenza del credito Iva utilizzato per compensare i debiti societari, accertava l’indebita compensazione in quanto ‘non spettante’, in contrasto con la Ris oluzione n. 140/E del 25.11.2017, stante la non estinguibilità dei debiti d’im posta della contribuente, oggetto di accollo, utilizzando in compensazione crediti vantati dagli accollanti (nella specie, le società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in forza della stipula di contratti di accollo fiscale) nei confronti dell’Erario.
In punto di diritto, la CTR ha osservato che: 1) il giudice di primo grado aveva omesso di pronunciare sulla ‘positiva valutazione del credito utilizzato in compensazione’ e sulla effettiva esistenza dello stesso, il che rilevava ai fini del decidere non avendo l’operazione comportato un danno erariale; 2) il fenomeno compensativo era espressamente previsto dall’art. 8 della legge n. 212/2000 e il fatto che non erano stati emanati i regolamenti di attuazione per l’operatività dell’istituto non costituiva circostanza ostativa della possibilità di compensazione; 3) il divieto assoluto di compensazione dei debiti fiscali dell’accollato con i crediti fiscali dell’accollant e era stato introdotto soltanto con il DL n. 124 del 2019, in vigore dal 26.10.2019 e, pertanto, non applicabile ratione temporis ; 4) non poteva essere elevata al rango di norma la Risoluzione 140/E del 15/11/2017.
3.Resiste, con controricorso, C.RAGIONE_SOCIALE in concordato preventivo.
CONSIDERATO CHE
1.Preliminarmente va disattesa l’eccezione della società controricorrente di inammissibilità per tardività del ricorso per cassazione.
1.2.In primo luogo, va osservato che nel giudizio di cassazione, è esclusa la dichiarazione di improcedibilità ex art. 369, comma 2, n. 2), c.p.c., quando l’impugnazione sia proposta contro una sentenza notificata, di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica (o le copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notifica a mezzo PEC), ove tale documentazione risulti comunque nella disponibilità del giudice, per essere stata prodotta dal controricorrente nel termine di cui all’art. 370, comma 3, c.p.c., ovvero acquisita – nei casi in cui la legge dispone che la cancelleria provveda alla comunicazione o alla notificazione del provvedimento impugnato (da cui
decorre il termine breve per impugnare ex art. 325 c.p.c.) – mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio (Sez. U – , Sentenza n. 21349 del 06/07/2022). Nella specie, emerge, per tabulas (v. allegati al controricorso) che la sentenza di appello è stata notificata, via pec, in data 24 aprile 2023, a cura della società contribuente all’Agenzia delle entrate (EMAILagenziaentrateEMAIL).
1.3.Ai sensi del comma 199 dell’art. 1 della legge n. 197/2022: « Per le controversie definibili sono sospesi per undici mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore della presente legge e il 31 ottobre 2023 ».
1.4.Questa Corte si è anche espressa sulla non cumulabilità della sospensione straordinaria delle liti definibili (con riguardo all’art. 6, comma 11, del d.l. n. 119 del 2018, conv., con modificazioni dalla legge n. 136 del 2018) con quella dei termini processuali nel periodo feriale, nei casi di coincidenza o sovrapposizione dei relativi periodi (Cass. 15/10/2021, n. 28398; Cass. n. 3598 del 6 febbraio 2023).
1.5.Nella specie, dalla data ( 24 aprile 2023) della notifica via pec della sentenza impugnata decorreva, pertanto, il termine breve di sessanta giorni per proporre il ricorso per Cassazione. Il termine breve scadeva in data 22.6.2023 (quindi nella forbice temporale, prevista dal comma 199 dell’art. 1 della legge n. 197/22, tra il 1° gennaio 2023 e il 31 ottobre 2023), per cui allo stesso, dalla data della sua scadenza naturale, era applicabile la sospensione di undici mesi di cui all’art.1, comma 199, della legge n. 197/2022, con conseguente scadenza del termine ultimo per impugnare in data 23.5.2024.
1.6.Sulla applicabilità della sospensione straordinaria delle liti definibili (con riguardo all’art. 6, comma 11, del d.l. n. 119 del 2018, conv., con
modificazioni dalla legge n. 136 del 2018) al termine breve di impugnazione, a partire dalla data della sua scadenza naturale (v. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25993 del 2022).
1.7.Il ricorso per cassazione è stato notificato via pec, il 18 novembre 2023 alla società contribuente presso il procuratore domiciliatario (EMAIL, dunque entro il termine di legge ultimo, tenuto conto della sospensione straordinaria.
2. Con l’unico motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 8 della legge n. 212 del 2000, 17, comma 1, del d.lgs. n. 241 del 1997 per avere la CTR, nell’annullare l’atto di recupero in questione, ritenuto che: 1) il giudice di primo grado non aveva pronunciato sulla ‘positiva valutazione del credito utilizzato in compensazione’ e sulla effettiva esistenza dello stesso credito, il che, invece, rilevava, ai fini del decidere, in quanto l’operazione non aveva comportato in danno erariale; ciò sebbene l’atto di recupero si fondasse non sull’accertamento dell’inesistenza del creditomai contestata dall’Ufficio -ma sulla assunta mancata estinzione dell’obbligazione tributaria per violazione del combinato disposto degli artt. 8 della legge 212/2000 e 17, comma 1 del d.lgs. n. 241 del 1997 che vietava la compensazione tra so ggetti diversi; 2) il fenomeno compensativo era previsto dall’art. 8 della legge 212/2000, non rilevando la mancata emanazione dei regolamenti di attuazione; ciò sebbene in materia tributaria la compensazione, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, fosse ammessa soltanto nei casi espressamente previsti e tale principio non fosse stato superato né dal l’art. 8, comma 1, cit. che, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione , aveva lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti né dall’art. 17 del Dlgs. n. 241 del 1997 che, nell’ammettere la compensazione in sede di versamenti unitari delle imposte, ne aveva limitato l’applicazione ai crediti dello stesso periodo nei confronti dei medesimi soggetti e risultanti dalle dichiarazioni e dalle
denunce periodiche presentate successivamente alla data della sua entrata in vigore (sono richiamate Cass. n. 17001 del 2013; Cass. n. 12262 del 2007; Cass. n. 15123 del 2006); pertanto, ad avviso della ricorrente, la Risoluzione n. 140/2017/E aveva sempli cemente recepito l’interpretazione della normativa in questione formulata dalla giurisprudenza di legittimità; né, secondo la ricorrente, rilevava il richiamo effettuato dal giudice di appello, quale normativa asseritamente non applicabile ratione temporis , al DL n. 124 del 2019, atteso che il disposto divieto di compensazione dei debiti fiscali tramite l’utilizzo di crediti dell’accollante era meramente ricognitivo di una normativa precedente costantemente interpretata nel senso sopra ricordato dalla giurisprudenza di legittimità.
2.1.Il motivo è fondato.
2.2.La presente controversia involge la questione della estinguibiltà per compensazione del debito tributario, oggetto di accollo, con crediti d’imposta vantati nei confronti dell’Erario dal soggetto- accollante.
2.3. Con l’atto impugnato l’Amministrazione aveva recuperato i credit i di imposta, per gli anni 2018 e 2019, indebitamente compensati dalla società contribuente, in violazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 , in quanto ‘non spettanti’, anche alla luce di quanto chiarito nella Risoluzione n. 140/E del 25.11.2017 circa ‘ la possibilità che, avvenuto l’accollo del debito d’imposta altrui, lo stesso possa essere estinto utilizzando in compensazione crediti dell’accollante ‘. Nella detta Risoluzione si è, al riguardo, precisato che ‘ la compensazione trova applicazione per i debiti (e i contrapposti crediti) in essere tra i medesimi soggetti, e non tra soggetti diversi ‘ e che ‘ in via generale il debito oggetto di accollo non può essere estinto u tilizzando in compensazione i crediti vantati dall’accollante nei confronti dell’Erario ‘ (v. stralcio atto di recupero riportato in ricorso pag. 2 -3).
2.4.Va ricordato che come già affermato da questa Corte « In materia tributaria la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni
civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, di riscossione e di rimborso ed ogni deduzione è regolata da specifiche, inderogabili norme di legge. Né tale principio può ritenersi superato per effetto dell’art. 8, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. statuto dei diritti del contribuente), il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti (demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato, a decorrere dall’anno d’imposta 2002), ovvero per effetto dell’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, il quale, nell’ammettere la compensazione in sede di versamenti unitari delle imposte, ne ha limitato l’applicazione all’ipotesi di crediti dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti e risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data della sua entrata in vigore » (Cass., n. 15123 del 2006; Cass. n. 12262 del 2007; Cass., n. 17836 del 2021; Cass., sez.5, n. 35094 del 2023); peraltro, la volontaria assunzione dell’impegno di pagare le imposte non determina per l’accollante l’assunzione della posizione di contribuente o di soggetto passivo del rapporto tributario ma solo quella di obbligato in forza del titolo negoziale e non ricorrono, quindi, i presupposti della compensazione di cui all’art. 17 d.l gs. n. 241/1997, non trattandosi di debiti e crediti di natura tributaria o contributiva facenti capo, ex lege, al medesimo soggetto (Cass., sez. un. n. 28162 del 2008), come ritenuto da questa Corte ben prima che il legislatore, con l’art. 1 comma 2 del d .l. n. 124/2019 conv., con modif., dalla l. n. 157/2019, ponesse il divieto, in caso di accollo di debiti tributari, di utilizzo in compensazione di crediti dell’accollante per il pagamento (Cass. sez. 5 n. 35094 del 2023).
2.5.Da ultimo, questa Corte ha statuito in materia il seguente condivisibile principio di diritto: « In caso di accollo negoziale per l’assolvimento del debito di imposta, l’utilizzo in compensazione di un maggior credito dell’accollante era precluso all’accollato anche prima dell’introduzione
dell’espressa previsione di cui all’art. 1, comma 2, del d.l. n. 124 del 2019, conv. con modif., dalla l. n. 157 del 2019, atteso che tale possibilità, di per sé di carattere eccezionale, non era prevista da alcuna disposizione di legge e difettava, in ogni caso, dei presupposti della compensazione di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997, per non afferire i debiti e crediti al medesimo soggetto » (Cass., sez. 5, n. 23934 del 2024).
2.6.Nella sentenza impugnata, il giudice di appello non si è attenuto ai suddetti principi in quanto: 1) in primo luogo, ha ritenuto fondata la censura di omessa pronuncia da parte del giudice di primo grado ‘sulla positiva valutazione del credito utilizzato in compensazione da parte dell’Agenzia delle entrate e sulla effettiva esistenza dello stesso credito’ , trattandosi, a suo avviso, di una circostanza rilevante ‘poiché l’operazione non aveva comportato danno erariale’, laddove come si evince dalla stessa parte in fatto della sentenza e dalla motivazione dell’impugnato atto di recupero riportato in ricorso, pag. 2-3 -l’atto impositivo in questione non si fondava sull’accertamento dell’inesistenza del credito (e sul correlato asserito danno erariale) ma sulla contestata mancata estinzione del debito fiscale, oggetto di accollo, per compensazione con crediti di imposta vantati da terze società, nella qualità di accollanti; 2) ha ritenuto previsto espressamente il ‘fenomeno compensativo’ dall’art. 8 della legge n. 212/00 e non ostativa alla possibilità di compensazione la circostanza della mancata emanazione, allo stato, dei regolamenti di attuazione per l’operatività dell’istituto; 3) non operante, ratione temporis , il divieto di compensazione dei debiti fiscali dell’accollato con i crediti d’imposta dell’accollante di cui al D.L. n. 124 del 2019, essendo entrato in vigore in data 26.10.2019; ciò sebbene ben prima che il legislatore, con l’art. 1 comma 2 del d.l. n . 124/2019 conv., con modif., dalla l. n. 157/2019, ponesse tale divieto, la giurisprudenza consolidata di questa Corte avesse escluso, nel caso di debito fiscale, oggetto di accollo, l’utilizzo in compensazione di crediti dell’accollante, non trattandosi di debiti e crediti di natura tributaria o contributiva facenti capo, ex lege , al medesimo soggetto.
In conclusione, il ricorso va accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione.
P.Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione.
Così deciso in Roma il 13 marzo 2025