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Accollo del debito d’imposta: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8129/2025, ha stabilito l’illegittimità della compensazione di un debito fiscale attraverso l’istituto dell’accollo del debito d’imposta. Il caso riguardava una società il cui debito era stato pagato da terzi (accollanti) tramite l’uso dei propri crediti fiscali. La Suprema Corte ha chiarito che, anche prima dell’esplicito divieto introdotto nel 2019, la compensazione tributaria richiede la coincidenza tra il soggetto debitore e il titolare del credito, principio non soddisfatto in caso di accollo.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accollo del Debito d’Imposta: la Cassazione Nega la Compensazione

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale in materia fiscale: la validità della compensazione effettuata tramite l’accollo del debito d’imposta. La decisione chiarisce che un debito tributario non può essere estinto da un soggetto terzo (accollante) utilizzando i propri crediti fiscali. Questo principio, secondo la Corte, era già implicito nel sistema normativo anche prima che un divieto esplicito venisse introdotto con il D.L. 124/2019.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un atto di recupero emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società a responsabilità limitata. L’Amministrazione Finanziaria contestava la validità di alcune compensazioni fiscali relative all’anno 2019.

Nello specifico, il debito tributario della società era stato estinto da altre due società (le cosiddette “accollanti”), le quali avevano utilizzato i propri crediti tributari per pagare, tramite modello F24, il debito della prima. La società contribuente (l'”accollata”), ritenendo legittima l’operazione in base all’istituto dell’accollo del debito d’imposta previsto dallo Statuto del Contribuente, aveva impugnato l’atto di recupero.

Il Percorso Giudiziario nei Gradi di Merito

Sia in primo che in secondo grado, i giudici tributari avevano dato ragione alla società contribuente. La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in particolare, aveva rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate. I giudici di merito avevano ritenuto applicabile l’articolo 8 della Legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), che ammette sia la compensazione sia l’accollo del debito d’imposta altrui. Secondo tale interpretazione, la normativa non poneva limiti specifici che impedissero di combinare i due istituti, e le risoluzioni ministeriali contrarie (come la R.M. 140/E/2017) non avevano forza di legge per derogare a tale principio.

La Posizione dell’Agenzia delle Entrate e l’Accollo del Debito d’Imposta

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo la violazione e falsa applicazione degli articoli 8 della L. 212/2000 e 17 del D.Lgs. 241/1997. Il punto centrale del ricorso era che la compensazione tributaria presuppone una coincidenza soggettiva tra chi ha il debito e chi ha il credito da utilizzare. Nell’accollo del debito d’imposta, questa coincidenza viene a mancare, poiché il soggetto che compensa (l’accollante) è diverso dal debitore originario (l’accollato). Di conseguenza, l’operazione non poteva essere considerata valida.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza d’appello e decidendo nel merito con il rigetto del ricorso originario del contribuente. Il ragionamento della Corte si basa su principi fondamentali del diritto tributario.

Innanzitutto, la giurisprudenza è costante nell’affermare che la compensazione in materia tributaria è un istituto eccezionale, ammesso solo nei casi espressamente previsti dalla legge, in deroga alle norme civilistiche. Non è possibile estenderne l’applicazione in via analogica.

Il principio cardine, secondo la Corte, è che ogni operazione di versamento e riscossione è regolata da norme specifiche e inderogabili. L’articolo 17 del D.Lgs. 241/1997, che disciplina la compensazione, sebbene non lo espliciti, presuppone che i debiti e i crediti da compensare appartengano al medesimo soggetto giuridico. L’accollo del debito d’imposta non fa venir meno questo requisito.

La Corte ha inoltre sottolineato che l’introduzione, con il D.L. 124/2019, di un divieto esplicito di utilizzare crediti propri per compensare debiti altrui accollati, non ha creato una nuova regola, ma ha semplicemente codificato un principio già insito nel sistema. Pertanto, tale pratica era da considerarsi illegittima anche per le operazioni effettuate prima dell’entrata in vigore di tale norma.

Conclusioni

La decisione della Cassazione stabilisce un punto fermo: l’istituto dell’accollo del debito non può essere utilizzato per aggirare il requisito della coincidenza soggettiva richiesto per la compensazione tributaria. Un’azienda non può far pagare i propri debiti fiscali a un’altra società attraverso la compensazione con i crediti di quest’ultima. Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche, confermando la linea restrittiva dell’Amministrazione Finanziaria e chiarendo che tale divieto si applica anche a periodi d’imposta antecedenti alle modifiche legislative del 2019. Le imprese devono quindi prestare la massima attenzione a non utilizzare schemi di pagamento che, seppur apparentemente leciti, si scontrano con i principi fondamentali che governano la compensazione fiscale.

È possibile estinguere un debito d’imposta tramite l’accollo da parte di un terzo che utilizza i propri crediti in compensazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la compensazione non può avere luogo in caso di accollo del debito d’imposta altrui, poiché manca l’identità soggettiva tra il titolare del debito e il titolare del credito utilizzato per estinguerlo.

La normativa che vieta l’accollo del debito d’imposta ai fini della compensazione si applica solo dal 2019?
No. Secondo la Corte, il divieto era già un principio implicito nel sistema tributario prima dell’espressa previsione introdotta con il D.L. n. 124 del 2019. Tale legge ha solo chiarito e reso esplicita una regola già esistente.

La compensazione tributaria è una regola generale applicabile come nel diritto civile?
No, la giurisprudenza afferma che in materia tributaria la compensazione è ammessa solo nei casi espressamente previsti dalla legge. Costituisce una deroga al principio secondo cui ogni operazione fiscale (versamento, riscossione, rimborso) è regolata da norme specifiche e inderogabili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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