Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8129 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8129 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22663/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliata ‘ex lege’ in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO della CAMPANIA n. 2519/2023 depositata il 20/04/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. In punto di fatto, dalla sentenza in epigrafe emerge quanto segue:
Con sentenza numero 4739/10/2022 del 28.03.2022, depositata in data 21.04.2022, la Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Napoli ha accolto il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, avverso l’atto di recupero n. NUMERO_DOCUMENTO notificato a mezzo PEC in data 01.06.2021, emesso dall’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale II di Napoli, con il quale, relativamente all’anno 2019, l’Ufficio ha proceduto al recupero a tassazione dell’importo di euro 139.943,26, oltre interessi e sanzioni, non ritenendo valide le compensazioni effettuate dalla società ricorrente nella qualità di accollato.
Nel ricorso introduttivo, la ricorrente ha eccepito l’illegittimità dell’atto di recupero n. TF5CRAA00104 2021 per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 L. 212/2000, che sancisce l’ammissibilità e liceità della compensazione di un proprio credito con un debito altrui accollato; che solo con il D.L. 124 del 26 ottobre 2019 è stato introdotto il divieto di utilizzare un credito tributario in compensazione di un debito tributario che il contribuente si sia accollato da altro contribuente con la previsione che, dalla violazione di tale norma, consegue la considerazione del pagamento come non avvenuto ed il recupero dell’imposta a debito da parte dell’Amministrazione finanziaria, con irrogazione di una sanzione sia nei confronti dell’accollante che dell’accollato .
Con proprie controdeduzioni si è costituita l’Agenzia delle Entrate, ribadendo la correttezza del proprio operato in conformità alla Risoluzione n. 140/E/2017 con cui l’Agenzia delle Entrate, che in assenza di disposizioni di attuazione dell’art.8 della L. 212/2000 ed a fronte dei dubbi interpretativi generati dalla formulazione della predetta norma, ha fornito chiarimenti sul corretto funzionamento dell’istituto dell’accollo in ambito
tributario in merito all’estinzione tramite compensazione di debiti d’imposta accollati .
Il Giudice di prima istanza, con motivazione alla quale si rinvia, ritenendo che, nel caso di specie, deve trovare esclusiva applicazione l’art. 8 comma 1 della L. 212/2000 con cui è stata estesa, in via generale e senza particolari limitazioni o requisiti di sorta, la facoltà di operare la compensazione tributaria e previdenziale, ha accolto il ricorso .
L’Ufficio proponeva appello, rigettato dalla CGT II della Campania, con la sentenza in epigrafe, sulla base della seguente motivazione:
Nella fattispecie oggetto del presente giudizio, il debito tributario della società ricorrente (accollato) è stato pagato da società terze (accollanti), le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE consortile a RAGIONE_SOCIALE., che hanno estinto il debito tributario mediante compensazione con propri crediti tributari con deleghe F24, presentate nel periodo dal 06.06.2019 al 09.09.2019, per un importo complessivo di euro 139.943,26.
Tanto detto, si ritiene che, contrariamente a quanto rappresentato dall’Ufficio con i motivi di appello, nel caso che ci occupa debba trovare applicazione il disposto normativo dell’art. 8 della L. 212/2000 che stabilisce che ‘L’obbligazione tributaria può essere estinta anche per compensazione.’ e che ‘È ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui, senza liberazione del debitore originario’.
Invero, come chiaramente argomentato dal giudice di prima istanza, no può derogare al predetto principio quanto previsto dall’Agenzia delle Entrate con la R.M. 15.11.2017, n. 140/E che ha posto il divieto all’estinzione dei debiti oggetto di accollo utilizzando in compensazione crediti vantati dall’accollante nei confronti dell’Erario a far data dal 15 novembre 2017, tenuto conto della disciplina della compensazione di cui all’art. 17 del D. Lgs. 241/1997, che non solo non prevede l’accollo, ma esige che la compensazione avvenga tra i medesimi soggetti.
Invero, la predetta risoluzione è un semplice documento ministeriale, che non ha valore legislativo, e non può derogare al predetto principio di diritto previsto dall’art. 8 legge 212/2000.
Neanche può trovare applicazione, nella presente fattispecie, quanto previsto dall’art. 1 del D.L. n. 124/2019. Infatti, soltanto dal 25 dicembre 2019 trova applicazione la predetta normativa che, disciplinando l’accollo del debito di imposta altrui, previsto dallo Statuto dei diritti del
contribuente, ha introdotto il divieto di utilizzare un proprio credito tributario in compensazione di un debito tributario che il medesimo contribuente si sia accollato da altro contribuente.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un motivo; resiste la contribuente con controricorso, insistito con memoria (depositata nell’applicativo due volte, il 3 ed il 4 marzo 2025).
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, si denuncia: ‘ Violazione e falsa applicazione art. 8 della L. 212/2000, art. 17 del D.Lgs. 241/1997 (art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.)’.
1.1. Nell’accollo del debito d’imposta altrui, in caso di mancanza di identità soggettiva tra titolare del debito e titolare del contrapposto credito che si vorrebbe utilizzare per estinguerlo, la compensazione non può avere luogo.
Il motivo (che, a differenza di quanto eccepito, per vero genericamente, in controricorso, supera il vaglio di ammissibilità, in quanto enuclea con precisione la denunciata violazione di legge, a prescindere da atti interpretativi generali dell’Amministrazione, sussumendola sotto il corretto paradigma censorio) è fondato e merita accoglimento.
La giurisprudenza è perentoria nell’affermare che, ‘in materia tributaria, la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, riscossione e rimborso ed ogni deduzione sono regolate da specifiche e inderogabili norme di legge. Tale principio non può considerarsi superato per effetto dell’art. 8, comma primo, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. statuto dei diritti del contribuente), il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era
contemplato, a decorrere dall’anno di imposta 2002’ (cfr., ad es., Cass. n. 10207 del 2016; 17001 del 2013; 12262 del 2007).
Sulla base di tali premesse, essa ha già avuto modo di espressamente enunciare il principio per cui, ‘in caso di accollo negoziale per l’assolvimento del debito di imposta, l’utilizzo in compensazione di un maggior credito dell’accollante era precluso all’accollato anche prima dell’introduzione dell’espressa previsione di cui all’art. 1, comma 2, del d.l. n. 124 del 2019, conv. con modif., dalla l. n. 157 del 2019, atteso che tale possibilità, di per sé di carattere eccezionale, non era prevista da alcuna disposizione di legge e difettava, in ogni caso, dei presupposti della compensazione di cui all’art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997, per non afferire i debiti e crediti al medesimo soggetto’ (Cass. n. 23934 del 2024).
2.1. Le superiori considerazioni superano le affermazioni, insistite dalla contribuente in memoria, circa la mancanza di ‘valore normativo’ di ‘circolari’ e ‘risoluzioni dell’ADE’ avendo l’Agenzia fondato ‘il proprio motivo di ricorso sul presupposto che la propria risoluzione 140/2017 avrebbe reso una interpretazione delle norme di cui all’articolo 8 L. 212/2000 ed all’art. 17 D. Lgs 241/1997 tale da rendere illegittima la compensazione fiscale ‘.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata.
3.1. Peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa RAGIONE_SOCIALE è abilitata a decidere la causa nel merito, con rigetto del ricorso originario.
3.2. L’esito del giudizio comporta che le spese dei gradi di merito debbano essere compensate.
La contribuente deve invece essere condannata a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del presente grado di giudizio, liquidate, secondo tariffa, come da dispositivo.
P.Q.M.
In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del giudizio.
Compensa le spese di entrambi i gradi di merito.
Condanna RAGIONE_SOCIALE a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese del presente grado di legittimità, liquidate in euro 5.900, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso a Roma, lì 13 marzo 2025.