Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23934 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23934 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 05/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26385/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA-NAPOLI n. 3173/2022 depositata il 05/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. Dalla sentenza in epigrafe emerge quanto segue:
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE propone appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli (n. 110 del 25/9/2020, dep. 7/1/2021), che aveva rigettato (in ragione del divieto di compensazione di poste debitorie IVA attraverso accollo di crediti altrui) il ricorso introduttivo prodotto dalla contribuente avverso la cartella di pagamento con la quale si comunicava il mancato riconoscimento della compensazione effettuata tramite accollo per l’anno 2016.
Deduce l’appellante che la compensazione effettuata con poste debitorie in accollo è perfettamente legittima, trattandosi di operazioni anteriori alla risoluzione del 2017.
L’RAGIONE_SOCIALE resistente si è costituita nel giudizio, depositando controdeduzioni in data 29 settembre 2021, con le quali insiste per il divieto di compensazione di altrui debiti IVA accollati dal dichiarante.
La CTR della Campania, con la sentenza in epigrafe, rigettava l’appello della contribuente osservando:
La Commissione di primo grado, preso atto del contenuto dell’operazione di accollo e del pagamento dei debiti tributari mediante la modalità della compensazione, rigettava il ricorso introduttivo ritenendo che la compensazione è ammissibile solo in caso di identità soggettiva tra debitore e creditore (art.17 d.lgs. 241/1997); la compensazione con accollo esclude per definizione che la stessa avvenga tra i “medesimi soggetti”.
L’art. 1, comma 1, del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito dalla Legge 19 dicembre 2019, n. 157, prevede che ‘chiunque, ai sensi dell’art. 8, comma 2, della Legge 27 luglio 2000, n. 212, si accolli il debito d’imposta altrui,
procede al relativo pagamento secondo le modalità previste dalle diverse disposizioni normative vigenti’. Il comma 2 stabilisce che ‘per il pagamento, in ogni caso, è escluso l’utilizzo in compensazione di crediti dell’accollante’.
La ragione ispiratrice della norma è rappresentata dalla codificazione del divieto di utilizzare crediti d’imposta propri per estinguere debiti altrui accollati, allo scopo di contrastare l’evasione.
L’RAGIONE_SOCIALE, con la risoluzione n. 140 richiamata con i motivi di appello, ha inteso quindi chiarire che se l’accollante di altrui debito IVA intende porre in compensazione il detto debito con un proprio, entra in gioco la disciplina normativa tributaria di riferimento (art. 17 del DLgs. 241/97) che prevede la compensazione solo tra diverse poste dei medesimi soggetti, così evidentemente escludendo la possibilità di portare in compensazione debiti altrui oggetto di accollo.
Infatti, la compensazione, fatte salve specifiche limitate eccezioni, ‘trova applicazione solo per i debiti (e crediti) in essere tra i medesimi soggetti e non tra soggetti diversi’ (in questi termini Sez. 5, n. 15123 del 30/6/2006, Rv. 591770).
Consegue che nell’accollo del debito d’imposta altrui, in assenza dei requisiti appena descritti ( mancanza di identità soggettiva tra titolare del debito e del credito) la compensazione non può avere luogo e il debito andrà estinto con adempimento diretto dell’obbligazione.
Propone ricorso per cassazione la contribuente con un motivo. L’RAGIONE_SOCIALE resta intimata.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 8, commi 1 e 2 della Legge n. 212/2000, 17 del D. Lgs. n. 241/1997, 11 RAGIONE_SOCIALE preleggi in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.’, ‘per aver la CTR ritenuto che nel caso di specie non potesse operare la compensazione tra il debito d’imposta della società ‘accollata’ ed il credito della società ‘accollante’ stante la mancanza di identità soggettiva tra il titolare del debito e del contrapposto credito pur non sussistendo nell’anno d’imposta oggetto di causa una norma che vietasse tale tipologia di compensazione’.
1.1. Più nel dettaglio -secondo la contribuente -‘la cartella di pagamento oggetto di causa consegue al disconoscimento della compensazione operata dalla ricorrente, nella qualità di accollata, del proprio debito d’imposta Iva per l’anno 2016 con il credito della società RAGIONE_SOCIALE, società accollante in forza del contratto di accollo stipulato in data 2 novembre 2016′. L’operata compensazione era legittima, ‘perché giustificata dal contratto di accollo stipulato con la società RAGIONE_SOCIALE che aveva assunto a proprio carico i debiti di imposta e contributi dell’accollato e si impegnava ad effettuare i pagamenti a mezzo compensazione con i propri crediti fiscali’. La CTR ‘è incorsa nella violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di cui all’epigrafe in quanto, nel momento in cui la contribuente ha effettuato la compensazione (anno 2016), la normativa vigente consentiva l’estinzione del debito tributario ‘accollato’ mediante compensazione con il credito dell’accollante, giacché non era ancora intervenuta la disposizione che escludeva l’utilizzo in compensazione dei crediti dell’accollante, introdotta soltanto il 27 ottobre 2019′. ‘Alla luce di quanto illustrato mancando una specifica regolamentazione del rapporto di debito/credito nell’ambito della fattispecie di accollo per l’anno d’imposta 2016, la compensazione di cui all’art. 8 è chiaramente applicabile al caso di specie’. ‘Ed in effetti, nel caso di specie, soltanto con il D.L. n. 124/2019, convertito nella Legge n. 157/2019 in vigore dal 26 ottobre 2019 è stato introdotto il divieto per l’accollante di procedere al pagamento dei debiti dell’accollato
mediante compensazione con crediti propri, per cui la posizione della CTR che assume non fosse consentito al contribuente di effettuare la compensazione dei propri debiti con pari crediti dell’accollante non risultava preclusa da alcuna norma di diritto in quanto nel momento in cui è stata effettuata la compensazione la fattispecie non risultava ancora disciplinata e quindi rientrava nella previsione di cui all’art. 8 dello Statuto del contribuente. Ebbene proprio perché la codificazione del divieto di compensazione del debito d’imposta accollato è avvenuta soltanto nel 2019, questa non può trovare applicazione retroattiva per l’anno 2016 oggetto di causa ‘.
Il motivo è infondato e deve essere disatteso.
2.1. Il punto di partenza di ogni riflessione è il costante ed insuperato insegnamento, di carattere generale, a termini del quale, ‘i n materia tributaria, la compensazione è ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, riscossione e rimborso ed ogni deduzione sono regolate da specifiche e inderogabili norme di legge. Tale principio non può considerarsi superato per effetto dell’art. 8, comma primo, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. statuto dei diritti del contribuente), il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato, a decorrere dall’anno di imposta 2002’ .
A fronte di ciò, sostiene la contribuente che, poiché solo con l’art. 1, comma 2, d.l. n. 124 del 2019 è stato previsto il divieto di
compensazione in caso di accollo, detto divieto non si applicherebbe retroattivamente (in violazione dell’art. 11 prel. cod. civ.) alla fattispecie per cui è causa, siccome relativa al 2016.
Siffatta tesi, pur pregevole, non è condivisibile, giacché, anche prima dell’introduzione dell’art. 1, comma 2, d.l. n. 124 del 2019, conv. con mod., dalla l. n. 157 del 2019, nessuna norma abilitava alla compensazione in caso di accollo, neppure l’art. 8 st. contr., in difetto della normazione secondaria di attuazione. Talché l’art. 1, comma 2, d.l. n. 124 del 2019, ben lungi dall’avere una portata innovativa in senso contrario alla compensazione, non fa altro che espressamente sancire la non compensabilità già in precedenza vigente.
La riprova della continuità dell’art. 1, comma 2, d.l. n. 124 del 2019 rispetto alla disciplina anteriore si ritrae da ciò che -per consolidata giurisprudenza risalente già a Sez. U, Sentenza n. 28162 del 26/11/2008 (Rv. 605548 – 01) -‘n el caso di accollo negoziale del debito di imposta, è nullo l’avviso di mora relativo a un debito tributario in relazione alla tardiva presentazione della denuncia IVA, notificato ai debitori accollanti, poiché la disposizione di cui all’art. 11, comma 1 del d.l. n. 151 del 1991 trova applicazione nelle ipotesi di solidarietà tributaria, mentre la volontaria assunzione dell’impegno di pagare le imposte non determina, per l’accollante, l’assunzione della posizione di contribuente o di soggetto passivo del rapporto tributario, ma solo quella di obbligato in forza del titolo negoziale’.
Sulla base di tale insegnamento, recentemente, s’è affermato che, in materia di compensazione tributaria, la volontaria assunzione dell’impegno di pagare le imposte non determina per l’accollante l’assunzione della posizione di contribuente o di soggetto passivo del rapporto tributario ma solo quella di obbligato in forza del titolo negoziale e non ricorrono, quindi, i presupposti della compensazione di cui all’art. 17 D.Lgs. n. 241 del 1997, non
trattandosi di debiti e crediti di natura tributaria o contributiva facenti capo, ex lege, al medesimo soggetto (Sez. 5, Ordinanza n. 35094 del 14/12/2023).
Ancora, da ultimo, s’è ribadito che ‘l’accollo negoziale del debito tributario con il quale una parte si obbliga a tenere indenne l’altra da ogni pretesa fiscale ha natura di accollo interno, rilevante esclusivamente tra i privati stipulanti e non verso l’Amministrazione finanziaria, la quale deve esercitare i propri poteri di accertamento ed esazione esclusivamente nei confronti di chi è tenuto per legge a soddisfare il credito fiscale, non avendo l’accordo effetto sull’individuazione del soggetto passivo di imposta, sul rapporto fra contribuente e P.A. o sul potere impositivo di quest’ultima’ ( Sez. 5, Ordinanza n. 9353 del 08/04/2024, in attesa di massimazione).
2.2. Facendo sinteticamente il punto RAGIONE_SOCIALE superiori indicazioni rivenienti dalla giurisprudenza di legittimità, deve enunciarsi il seguente principio di diritto:
In caso di accollo negoziale del debito di imposta, anche prima dell’introduzione dell’espressa previsione di cui all’art. 1, comma 2, d.l. n. 124 del 2019, conv. con mod., dalla l. n. 157 del 2019, all’accollato era precluso l’assolvimento del debito mediante l’utilizzo in compensazione di un maggior credito dell’accollante, atteso che tale possibilità, di per sé di carattere eccezionale, non era prevista da alcuna disposizione di legge, difettando oltretutto i presupposti della compensazione di cui all’art. 17 D.Lgs. n. 241 del 1997 per non afferire i debiti e crediti al medesimo soggetto.
La CTR ha fatto corretta applicazione del superiore principio. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Nulla è statuirsi sulle spese, in difetto di costituzione dell’RAGIONE_SOCIALE.
Sussistono invece i presupposti affinché la contribuente sia tenuta al pagamento del cd. doppio contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 29 maggio 2024.