Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14615 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14615 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12900/2022 R.G., proposto
DA
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Enna, elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Comune di Enna, in persona del Sindaco pro tempore ;
INTIMATO
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Sicilia l ‘8 novembre 2021 , n. 9917/07/2021; udita la relazione della causa svolta nelle camere di consiglio non partecipate del 5 dicembre 2024 e, a seguito di riconvocazione, del 6 maggio 2025 dal Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria
ICI IMU ACCERTAMENTO ACCOLLO DEL DEBITO EX ART. 8, COMMA 2, DELLA L. 212/2000
SOGGETTIVITÀ PASSIVA
regionale per la Sicilia l’8 novembre 2021, n. 9917/07/2021 , la quale, in controversia sull ‘ impugnazione di avviso di accertamento n. 125225 dell’8 agosto 2014 per l’omesso versamento dell’ ICI relativa a ll’anno 20 09, in relazione ad un’abitazione ubicata in Enna, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti del Comune di Enna avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Enna il 28 novembre 2016, n. 1002/02/2016, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
La Commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di prime cure -che aveva rigettato il ricorso originario della contribuente -sul rilievo che quest’ultima si era accollata per intero il debito tributario ex art. 8, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212.
Il Comune di Enna è rimasto intimato.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1 Con il primo motivo, si denuncia erronea/falsa applicazione dell’art. 8 , comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che: « (…) con riguardo alla configurazione, ivi espressa, come accollo di debito futuro, della posizione debitoria tributaria – relativa all’intero immobile di cui trattasi, in relazione alla dichiarazione resa dalla contribuente in data 6 ottobre 2008; ciò, ai sensi dell’art 8, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, che espressamente prevede che “è ammesso l’ accollo del debito di imposta altrui senza liberazione del contribuente originario”, così, pertanto, essendo riconosciuto espressamente, da parte dello Statuto del Contribuente, la legittimità dell’accollo in ambito tributario,
anche se con esclusione, tuttavia, in modo esplicito, della possibilità che sì verifichi la liberazione del contribuente originari; cosicché, con il citato accollo, si è determinata la legittimazione passiva dell’odierna appellante, ex art. 3 D.Lgs. n. 504/1992 per l’intera somma dovuta a titolo di imposta per l’intero immobile ( …) ».
A dire della ricorrente: « Il Comune di Enna, nonché la Commissione Tributaria di Enna e la Commissione Tributaria Regionale, basano la legittimità del presupposto di imposta sull’atto sottoscritto di proprio pugno, sotto suggerimento dell’impiegato comunale pro tempore , dalla qui ricorrente COGNOME NOMECOGNOME la quale s’impegnava per gli anni antecedenti all’anno d’imposta 2008 al pagamento dei debiti pregressi (e non anche futuri) sottoscrivendo un documento. (…) L’asserito atto di ‘accollo’, prodo tto in atti nel giudizio per l’anno d’imposta 2008, risulta essere privo di firma dei debitori principali, e pertanto non poteva e non doveva essere qualificato come ‘accollo’ in quanto privo dei requisiti di legge. Infatti, la legge stabilisce che l’accollo deve contenere, a pena di nullità del medesimo atto, firma del debitore/i, accollato/i che accettano l’accollo prestando il loro consenso ». Inoltre: « L’accollo agisce solo tra i soggetti che lo stipulano, e non esime il dovere e obbligo giuridico da parte dell’Ente impositore di accertare i legittimati passivi dell’imposta, nella fattispecie COGNOME NOME e COGNOME NOME ». Laddove: « Nel caso che ci occupa il debitore originario, invece, è stato imprudentemente liberato dal Comune di Enna in quanto non ha loro notificato l’accertamento ».
1.2 Con il secondo motivo, si denunciano, al contempo, erronea/falsa applicazione dell’ art. 75 cod. proc. civ., in combinato disposto con l’art. 8 della legge 27 luglio 2000, n.
212, nonché erronea/falsa applicazione dell’ art. 3 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che la contribuente fosse obbligata al pagamento dell’intera imposta per l’anno di riferimento, senza tener conto che ella era solamente comproprietaria per la quota di 1/3 sull’immobile.
A dire della ricorrente, ella «(…) era proprietaria di 1/3 dell’immobile ricevuto in successione dalla di Lei madre NOME COGNOME NOME, mentre i restati 2/3 erano di proprietà del padre COGNOME NOME e del fratello COGNOME NOME ». Per cui: « Delle due l’una, o la Sig.ra COGNOME NOME risponde della sua sola quota di proprietà di cui ha l’esenzione e la residua quota viene accertata ai restanti proprietari, oppure essendo anche in possesso delle restanti quote degli altri proprietari, essendo l ‘immobile indiviso ed indivisibile, beneficia dell’esenzione per l’intero ».
1.3 Con il terzo motivo, si denuncia la formazione del giudicato esterno rispetto ad una decisione del medesimo giudice tributario in relazione all’ICI relativa all’anno 2008 , la quale avrebbe escluso la responsabilità della contribuente verso l’ente impositore in dipendenza dell’accollo sul rilievo che « la fonte negoziale e non legale del debito fiscale accollato non può interferire con prerogative spiccatamente pubblicistiche, nel senso di estenderle nei confronti dell’accollante sicché deve escludersi la sussistenza di poteri di accertamento e riscossione amministrativa per il debito accollato ».
A dire della ricorrente: « (…) le doglianze oggi reiterate dalla contribuente nella odierna sede di gravame poggiano sulla valenza tributabile all’art. 8 dello Statuto del Contribuente il quale ammette l’accollo del debito di imposta senza liberazione
del debitore accollato. Tale istituto va, tuttavia, sussunto all’interno di un negozio bilaterale tra accollante e accollato, rispetto al quale l’adesione del creditore (Amministrazione) non rappresenta un elemento essenziale…’ ed ancora ‘…Trasferendo gli effetti di tale ricostruzione all’ambito tributario, deve ritenersi che la fonte negoziale e non legale del debito fiscale accollato non può interferire con prerogative spiccatamente pubblicistiche, nel senso di estenderle nei confronti dell’accollante sicché deve escludersi la sussistenza di poteri di accertamento e riscossione amministrativa per il debito accollato. In tale direzione si è posta la giurisprudenza di legittimità laddove essa ha precisato che l’accollo del debito d’imposta altrui, implicando la costituzione di obbligazione in forza di titolo negoziale, non l’assunzione della qualità di soggetto passivo del rapporto tributario, legittima l’Amministrazione finanziaria a far valere detto titolo in sede ordinario, non ad emettere nei confronti del nuovo debitore atti impositivi (Cass. n. 3608 del 28/03/1995); Ne consegue che nel caso di accollo negoziale del debito di imposta, deve ritenersi nullo l’avviso di accertamento relativo a un debito tributario notificato ai debitori accollanti, poiché la volontaria assunzione dell’impegno di pagare le imposte non determina, per l’accollante, l’assunzione della posizione di contribuente o di soggetto passivo del rapporto tributario, ma solo quella di obbligato m forza del titolo negoziale (Cass. SS.UU. n. 28162 de; 26/11/2008) ».
Il primo motivo è fondato, derivandone l’assorbimento dei restanti motivi.
2.1 Invero, l’art. 8, comma 2, della legge 27 luglio 2000, 212, prevede la possibilità dell’accollo del debito d’imposta, escludendo però in modo esplicito che si possa verificare la
liberazione del contribuente originario (« È ammesso l’accollo del debito d’imposta altrui senza liberazione del contribuente originario »).
Su tale premessa, le Sezioni Unite di questa Corte hanno deciso che, laddove le parti abbiano assunto volontariamente l’impegno di pagare le imposte dovute da un terzo, in tal modo esse non hanno assunto la posizione di contribuente o di soggetto passivo del rapporto tributario, ma la qualità di obbligato (o coobbligato) in forza di titolo negoziale, sicché l’amministrazione non può esercitare nei loro confronti i propri poteri di accertamento e di esazione, che possono essere esercitati solo nei confronti di chi sia tenuto per legge a soddisfare il credito fiscale, non potendo quindi emettere atti impositivi, ma dovendo, invece, agire in via ordinaria per l’accertamento e l’adempimento dell’obbligo contrattuale (vedasi, in motivazione: Cass., Sez. Un., 26 novembre 2008, n. 28162).
2.2 Quindi, è orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità che, in tema di riscossione, l’accollo negoziale del debito di imposta, con il quale una parte si obbliga a tenere indenne l’altra parte da ogni pretesa fiscale, è rilevante esclusivamente tra le parti, per cui l’amministrazione finanziaria non può esercitare i poteri di accertamento ed esazione nei confronti dell’accollante, ma solo verso l’accollato, tenuto per legge a soddisfare il credito fiscale per la sua qualità di soggetto passivo del tributo (tra le tante: Cass., Sez. Trib., 14 dicembre 2023, n. 35094; Cass., Sez. Trib., 8 aprile 2024, n. 9353; Cass., Sez. Trib., 5 settembre 2024, n. 23934; Cass., Sez. Trib., 16 febbraio 2025, n. 3930), essendo devoluta la cognizione della controversia sull’accollo alla giurisdizione del giudice ordinario proprio perché «non è in discussione il
rapporto tra Fisco e contribuente, né è in discussione il potere impositivo del Fisco o il suo esercizio concreto, e neanche i presupposti soggettivi di tale fattispecie (ossia l’individuazione del soggetto passivo d’imposta)» (Cass., Sez. 3^, 21 febbraio 2020, n. 4589).
2.3 Ne discende che l’ impugnato avviso di accertamento era affetto da nullità assoluta per carenza di potere impositivo nei confronti dell’accollante del debito tributario.
Per cui, la sentenza impugnata ha contravvenuto al principio enunciato, avendo erroneamente ritenuto che l’accollo del debito tributario ex art. 8, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, giustificasse l’emanazione dell’atto impositivo nei confronti dell’accollante per la responsabilità diretta nei confronti dell’ente impositore.
Alla tregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi la fondatezza del primo motivo e l’assorbimento dei restanti motivi, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, primo comma, ultima parte, cod. proc. civ., con l’accoglimento del ricorso originario e l’annullamento dell’atto impositivo.
Le spese dell’intero giudizio s eguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo e dichiara l’assorbimento dei restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario con l’annullamento dell’atto impositivo; condanna l’intimato alla rifusione delle spese de i giudizi di merito in favore della ricorrente, liquidandole, rispettivamente, nella
misura di € 310,00 per compensi del giudizio di primo grado e nella misura di € 350,00 per compensi del giudizio di secondo grado, oltre a contributo unificato tributario, a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; condanna l’intimato alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della ricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 500,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge.
Così deciso a Roma nelle camere di consiglio del 5 dicembre