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Accise e base imponibile IVA: quando sono escluse

La Corte di Cassazione ha stabilito che le accise sull’energia elettrica non rientrano nella base imponibile IVA se non viene provata la loro effettiva rivalsa sul consumatore finale. Il caso riguardava una società di gestione aeroportuale che addebitava un importo forfettario per servizi comprensivi di energia a terzi. L’Agenzia delle Entrate contestava la mancata inclusione delle accise nella base imponibile IVA. La Corte ha dato ragione alla società, sottolineando che, in assenza di un addebito specifico o di un meccanismo che colleghi chiaramente il corrispettivo al costo dell’accisa, quest’ultima non può essere assoggettata a IVA, in quanto non è stata trasferita sul cliente finale.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accise e Base Imponibile IVA: la Cassazione Chiarisce i Limiti

La correlazione tra accise e base imponibile IVA rappresenta un tema di costante dibattito nel diritto tributario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale: le accise sull’energia elettrica entrano a far parte della base imponibile IVA solo a condizione che siano state effettivamente e provatamente trasferite sul consumatore finale. In assenza di una specifica rivalsa, tale imposta non può essere assoggettata a IVA. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Energia e Servizi in Aeroporto

Una società che gestisce due importanti scali aeroportuali forniva a terzi operatori commerciali (negozi, ristoranti, etc.) una serie di servizi, tra cui la fornitura di energia elettrica. Per tali prestazioni, la società addebitava un corrispettivo forfettario, che includeva genericamente oneri e spese. La società, in qualità di titolare di un’unica utenza elettrica per l’intero aeroporto, versava le relative accise all’erario.

L’Agenzia delle Entrate, a seguito di una verifica fiscale per le annualità dal 2012 al 2015, ha emesso avvisi di accertamento contestando alla società di non aver incluso le accise sull’energia elettrica nella base imponibile IVA. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, tali imposte costituivano un costo del servizio e, come tale, avrebbero dovuto essere assoggettate a IVA.

La Commissione Tributaria Regionale, in secondo grado, ha accolto le ragioni della società contribuente, ritenendo che, non essendo stata provata la traslazione dell’accisa sui cessionari, questa non potesse concorrere a formare la base imponibile. L’Agenzia ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La Questione Giuridica: Inclusione di Accise e Base Imponibile IVA

Il nucleo della controversia ruotava attorno all’interpretazione dell’art. 13 del D.P.R. 633/1972. La questione centrale era stabilire se un’imposta sul consumo, come l’accisa, dovesse essere automaticamente inclusa nella base imponibile del servizio che la comprende, oppure se fosse necessaria una condizione ulteriore.

La Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere se il semplice fatto di sostenere il costo dell’accisa obbligasse il fornitore a includerla nella base imponibile IVA, anche in presenza di un corrispettivo forfettario e in assenza di una prova di addebito specifico al cliente finale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando la sentenza di secondo grado. Le motivazioni si fondano su principi consolidati sia a livello nazionale che europeo.

1. Il Principio della Rivalsa Effettiva

I giudici hanno ribadito che, in materia di IVA, le accise sull’energia elettrica entrano nella base imponibile solo se sono state effettivamente traslate sul consumatore finale. La rivalsa dell’accisa, a differenza dell’IVA, è una facoltà e non un obbligo per il fornitore. Pertanto, solo quando il fornitore esercita concretamente tale facoltà, addebitando l’imposta al cliente, questa diventa un elemento del costo del prodotto venduto e, di conseguenza, parte del corrispettivo soggetto a IVA.

2. L’Assenza di Nesso Diretto con il Corrispettivo Forfettario

Nel caso specifico, è stato accertato che la società contribuente non aveva addebitato alcun importo specifico per le accise ai suoi clienti. Il corrispettivo era forfettario, ovvero “disancorato” da un calcolo che tenesse conto del costo dell’accisa. Mancava la prova che l’imposta fosse stata trasferita, anche parzialmente, sul consumatore finale. Senza questa prova, non si può sostenere che l’IVA debba applicarsi anche su un costo che è rimasto interamente a carico del fornitore.

3. L’Irrilevanza dell’Utenza Unica

La Corte ha inoltre ritenuto inammissibile e comunque non decisivo il motivo di ricorso basato sul fatto che la società fosse titolare di un’unica utenza. Anzi, secondo i giudici, questa circostanza è controproducente per la tesi dell’Agenzia. Per poter esercitare una rivalsa proporzionale, il fornitore dovrebbe essere in grado di misurare i consumi individuali di ciascun cliente. L’esistenza di un contatore unico rende questa operazione incompatibile e rafforza l’idea che non vi sia stata una rivalsa analitica delle accise.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La decisione della Cassazione stabilisce un principio chiaro e di grande rilevanza pratica per tutte le imprese che forniscono servizi “tutto compreso” che includono la fornitura di beni soggetti ad accisa. L’inclusione delle accise e base imponibile IVA non è automatica. È onere dell’Amministrazione Finanziaria dimostrare che il fornitore ha effettivamente esercitato la rivalsa, trasferendo il costo dell’accisa sul cliente finale. Un corrispettivo forfettario, non collegato a criteri predeterminati che riflettano il costo dell’accisa, non costituisce prova sufficiente di tale traslazione. Questa pronuncia offre maggiore certezza giuridica alle aziende, confermando che i costi fiscali non specificamente ribaltati sui clienti restano esclusi dal calcolo dell’Imposta sul Valore Aggiunto.

Le accise sull’energia elettrica devono essere sempre incluse nella base imponibile IVA?
No, secondo la Corte di Cassazione, le accise sull’energia elettrica rientrano nella base imponibile IVA solo a condizione che siano state effettivamente e concretamente “traslate”, ovvero addebitate, al consumatore finale. Se il costo dell’accisa rimane a carico del fornitore, non concorre alla formazione della base imponibile.

Cosa significa che l’accisa deve essere “traslata” sul consumatore finale ai fini IVA?
Significa che il fornitore deve aver esercitato il suo diritto (facoltativo) di rivalsa, addebitando l’importo dell’accisa al cliente come parte del prezzo. Deve esistere la prova che il corrispettivo pagato dal cliente include una quota destinata a coprire il costo dell’accisa pagata dal fornitore.

Un corrispettivo forfetario per più servizi è sufficiente a provare la rivalsa dell’accisa?
No. La sentenza chiarisce che un corrispettivo forfetario, non agganciato a criteri predeterminati e dimostrabili che ne colleghino una parte al costo dell’accisa, non è sufficiente a provare la rivalsa. In assenza di tale prova, l’accisa non entra nella base imponibile IVA.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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