Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24809 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24809 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13740/2020 R.G. proposto da : COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DEL PIEMONTE n. 1730/2018 depositata il 06/11/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/07/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il 9 marzo 1999 veniva effettuato un accesso presso la sede della società ricorrente, esercente il commercio al dettaglio di carni, finalizzato a un’ispezione relativa ai periodi d’imposta 1995 e 1996. Nel processo verbale di constatazione, consegnato al legale rappresentante della società, veniva prospettata un’evasione d’imposta da parte dell’ente, sia in relazione alle imposte dirette, sia all’IVA. L’evasione sui ricavi veniva accertata in via induttiva, con riferimento alla vendita di pezzature di carni bovine, sulla base della percentuale media di ricarico.
L’accertamento con adesione si concludeva con esito negativo. La contribuente impugnava, con distinti ricorsi, gli avvisi di accertamento notificatile. La CTP di Torino, riuniti i ricorsi, li accoglieva parzialmente, rideterminando il reddito d’impresa ai fini ILOR per entrambi gli anni d’imposta. La società RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, accolto dalla CTR del Piemonte con sentenza n. 86/28/01, depositata il 2 aprile 2002.
L’Agenzia delle Entrate ricorreva per cassazione e questa Corte, con sentenza n. 23854 del 2009, rilevava la nullità del procedimento instaurato dalla società per mancata partecipazione dei due soci, rinviando alla CTP per un nuovo esame previa integrazione del contraddittorio.
Nel frattempo, il 7 febbraio 2008, veniva deliberato lo scioglimento della società, successivamente cancellata dal registro delle imprese.
I fratelli NOME e NOME COGNOME ricevevano un avviso di accertamento, in data 20 -22 giugno 2000, con cui venivano loro recuperati importi fiscali per l’anno 1995, a titolo di redditi da partecipazione. Anche in questo caso, l’accertamento con adesione si rivelava infruttuoso e i due contribuenti impugnavano l’avviso. La
CTP di Torino accoglieva il ricorso, annullando l’atto impositivo. La CTR, a sua volta, riteneva l’avviso privo di sufficiente motivazione, in quanto non conteneva gli elementi necessari, e rilevava la mancata notifica al socio degli accertamenti relativi alla società.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate impugnavano per cassazione la sentenza n. 19/12/06 della CTR del Piemonte. Questa Corte accoglieva il ricorso e cassava con rinvio la sentenza impugnata. Il giudizio veniva riassunto dall’Agenzia delle Entrate. La CTR del Piemonte, con sentenza n. 69/16/12 depositata il 5 ottobre 2012, dichiarava inammissibile l’atto di riassunzione. L’Agenzia proponeva appello, ma la sentenza veniva confermata.
I due soci ricorrevano per cassazione e questa Corte, con ordinanza n. 10994 depositata il 5 maggio 2017, accoglieva il ricorso e cassava con rinvio la sentenza. Il giudizio veniva quindi riassunto dai fratelli COGNOME. La CTR accoglieva solo parzialmente il loro ricorso, annullando gli accertamenti notificati alla CIERRE CARNI, ma non quelli notificati ai soci per redditi da partecipazione.
I contribuenti, in qualità di soci ed ex rappresentanti della cessata società in nome collettivo RAGIONE_SOCIALE, propongono ricorso per cassazione, affidato a due motivi. L’Agenzia si è costituita al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione. La parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c., e dell’art. 62 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, per avere il giudice d’appello annullato gli accertamenti induttivi emessi nei confronti della società di persone RAGIONE_SOCIALE omettendo di annullare, in via consequenziale, anche gli accertamenti personali relativi al maggior reddito di partecipazione dei due soci.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c., e dell’art. 62 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, per avere la CTR trascurato di considerare che gli accertamenti relativi a un maggior reddito per gli anni 1995 e 1996 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE CARNI costituiscono il presupposto impositivo imprescindibile della presunzione di distribuzione di tale maggior reddito ai soci per i medesimi anni d’imposta. Pertanto, l’annullamento degli accertamenti emessi a carico dell’ente avrebbe dovuto comportare anche l’annullamento di quelli emessi nei confronti dei soci.
Con il terzo motivo di ricorso si censura la violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c., e dell’art. 62 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 15 del medesimo decreto, per avere il giudice d’appello accolto la domanda principale avanzata dai ricorrenti, ma erroneamente compensato le spese del giudizio.
Il primo motivo e il secondo motivo di ricorso devono essere esaminati congiuntamente, in ragione della loro stretta connessione logica e giuridica; entrambi risultano fondati e meritano accoglimento nei limiti di ragione.
La rettifica del reddito da partecipazione imputabile al socio ai fini IRPEF deriva in via diretta – e necessariamente presuppone – la rideterminazione del reddito della società, traducendo in concreto il principio dell’unicità del presupposto impositivo.
L’unitarietà dell’accertamento, che costituisce il fondamento della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni disciplinate dall’art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, comporta l’automatica imputazione dei redditi a ciascun socio in proporzione alla quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla loro effettiva percezione. Ne consegue che
il ricorso proposto anche da un solo socio o dalla società stessa contro l’avviso di accertamento coinvolge inscindibilmente tutti i soggetti interessati, salvo che vengano dedotte questioni personali, con la conseguenza che la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi (Cass., Sez. Un., n. 14815/2008).
La ratio di tale principio risiede nel fatto che la controversia non concerne la posizione individuale del singolo contribuente, ma attiene agli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione tributaria dedotta nell’atto impugnato.
È principio consolidato che, in materia di redditi tassati per trasparenza, l’unicità del fatto costitutivo della pretesa impositiva si sostanzia nel rapporto di diretta derivazione della rettifica dei redditi dei soci dalla rideterminazione di quelli della società di persone, che ne rappresenta il presupposto indefettibile. Da ciò discende che l’annullamento dell’atto impositivo relativo alla società comporta, per effetto espansivo interno ex art. 336, comma 1, c.p.c., il travolgimento degli accertamenti emessi nei confronti dei soci, anche se questi ultimi siano divenuti definitivi per decorso del termine di impugnazione, per mancata autonoma impugnazione dei relativi capi di sentenza o per conferma con decisione passata in giudicato (Cass., Sez. Un., n. 14815/2008; Cass. n. 10918/2019; Cass. n. 39817/2021).
Tale effetto si impone non solo per ragioni di coerenza sistematica e di economia processuale, ma anche per garantire l’effettività del principio di capacità contributiva sancito dall’art. 53 Cost. e la parità di trattamento tra coobbligati, evitando che la frammentazione del contenzioso determini esiti contraddittori su posizioni inscindibilmente connesse.
Il terzo motivo di ricorso rimane assorbito dall’accoglimento dei primi due.
In ultima analisi, alla luce dei principi sopra richiamati, il ricorso deve essere accolto con riferimento ai primi due motivi, assorbito l’ultimo; per l’effetto, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso e ne assorbe il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata; rinvia la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 09/07/2025.