Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14796 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14796 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31784/2018 R.G., proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona dell’amministratore unico pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata (indirizzo p.e.c.: EMAIL, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Avellino, in persona dell’amministratore unico pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Avellino, ove elettivamente domiciliata (indirizzo p.e.c.: EMAIL, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE NONCHÉ NEI CONFRONTI DI
Comune di Avellino, in persona del Sindaco pro tempore ;
INTIMATO
TARSU TIA TARES ACCERTAMENTO
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Campania -sezione staccata di Salerno il 29 marzo 2018, n. 2943/12/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23 gennaio 2025 dal Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
L” RAGIONE_SOCIALE , nella qualità concessionaria del servizio di accertamento e riscossione della TARSU/TIA per conto del Comune di Avellino, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Campania -sezione staccata di Salerno il 29 marzo 2018, n. 2943/12/2018, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento n. 56067/2015 per infedele dichiarazione e parziale versamento della TARSU/TIA relativa agli anni 2010, 2011 e 2012, in relazione ad immobili siti in Avellino ed adibiti alla vendita di fiori, piante e prodotti per il giardinaggio, la cui superficie imponibile – dichiarata dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ in mq. 240 – era stata accertata dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE in mq. 967 sulla base delle planimetrie risultanti in catasto, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti della ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ e del Comune di Avellino avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Avellino col n. 57/02/2016, con compensazione delle spese giudiziali.
La Commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di prime cure -che aveva accolto il ricorso originario della contribuente – sul presupposto che l’ente impositore non si era avvalso della facoltà di accedere ai locali soggetti a tassazione ex art. 73 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, per
verificarne la superficie in contraddittorio con la contribuente; che l’atto impositivo riportava dati catastali – in contrasto con quelli documentati dalla contribuente -riferibili a terzi e non alla contribuente, che non svolgeva l’attività commerciale in questione; che tale incertezza inficiava la validità dell’avviso di accertamento.
La ‘ RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, mentre il Comune di Avellino è rimasto intimato.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a sei motivi.
Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c od. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 ), cod. proc. civ., per essere stato rigettato l’appello dal giudice di secondo grado con motivazione apparente, con particolare riguardo all’affermata ‘ incertezza sui valori di riferimento ‘, laddove il valore degli immobili non è rilevante ai fini della TARSU/TIA.
2.1 Il predetto motivo è inammissibile.
2.2 Invero, la ratio decidendi della sentenza impugnata si incentra sul l’incertezza dei dati catastali, che costituiscono il presupposto oggettivo per la liquidazione del tributo.
Difatti, secondo il giudice di appello « (…) l’accertamento impugnato riporta dati catastali in contrasto con quelli documentati dalla contribuente che si riferiscono ad altre persone fisiche e non alla società che, tra l’altro, non svolge l’attività commerciale riportata nell’atto censurato. T ale incertezza sui valori di riferimento che dovrebbero guidare l’attività della pubblica amministrazione induce a ritenere viziato l’accertamento ».
Tuttavia, evidenziando che « nessuna questione di ‘valori’ è stata né posta dalle arti né valutata dal giudice » (pag. 3 del
ricorso), la censura non coglie nel segno, dal momento che l’atto impositivo non involge alcuna questione di valutazione dell’immobile.
Per cui, va confermato l’orientamento di questa Corte secondo cui la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, n. 4 ), cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, che è rilevabile anche d’ufficio (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 22 settembre 2020, n. 19787; Cass., Sez. 6^-5, 22 dicembre 2021, n. 41220; Cass., Sez. 5^, 29 marzo 2022, n. 10004; Cass., Sez. 5^, 31 maggio 2022, n. 17509; Cass., Sez. Trib., 25 novembre 2022, n. 34760; Cass., Sez. Trib., 16 gennaio 2023, n. 998; Cass., Sez. Trib., 19 ottobre 2024, n. 27944).
3. Con il secondo motivo ed il terzo motivo, si denunciano, al contempo ed in correlazione, violazione degli artt. 73 e 74 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., nonché omesso esame di fatto decisivo e controverso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente affermato dal giudice di secondo grado che: « Per l’attività di accertamento del tributo in questione, l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione dei Comuni i dati relativi alla superficie delle unità immobiliari, con le relative planimetrie. Pertanto, l’art. 73 della disciplina legislativa di riferimento consente ai Comuni di verificare l’attendibilità dei dati contenuti nella dichiarazione, necessari per la determinazione della superficie tassabile, invitando il contribuente ad esibire o trasmettere apposita documentazione (comprese le planimetrie), relativa ai locali o aree scoperte denunciati, e a rispondere a questionari
da restituire debitamente sottoscritti . In caso di inadempimento, gli agenti di polizia urbana o i dipendenti dell’ufficio tributi del Comune possono accedere direttamente agli immobili, previa informativa al contribuente, ai soli fini della rilevazione della destinazione e della misura delle superfici . (…) Sussistendo la possibilità per l’Ente locale di avviare una fase istruttoria comprensiva dell’accesso ai locali tassabili, lo stesso avrebbe dovuto avvalersi di quanto consentito dall’art. 73 del d.lgs. n. 507/1993 ed effettuare una verifica in loco al fine di accertare, alla presenza del contribuente, l’effettiva condizione delle aree non produttive di rifiuti e la loro esclusione dal pagamento del tributo . L’attività di verifica in questione non si è potuta svolgere a causa del diniego di accesso ai locali da parte della contribuente, sebbene tale fase istruttoria avrebbe dovuto precedere e non seguire l’accertamento realizzato (…) » , laddove l’accesso all’immobile soggetto a tributo costituisce una mera facoltà dell’ente impositore, che non vi è obbligato, potendo, in caso di mancata collaborazione del contribuente, effettuare l’accertamento sulla base di presunzioni semplici ex art. 2729 cod. civ..
3.1 I predetti motivi -la cui stretta ed intima connessione, anche per volontà della ricorrente, esige la trattazione congiunta -sono in parte inammissibili ed in parte infondati.
3.2 In base al tenore della censura, il rifiuto della contribuente aveva impedito l’accesso della concessionaria per la rilevazione della consistenza e della destinazione dei locali, per cui l’accertamento era stata fondato sui dati desumibili dalle planimetrie catastali.
3.3 Tuttavia, s econdo l’accertamento in fatto del giudice di appello, la contribuente non svolgeva l’attività di vendita di fiori, piante e prodotti per il giardinaggio e, inoltre, possedeva
locali diversi da quelli indicati nell’avviso di accertamento, per cui, a prescindere dall’impedimento all’accesso da parte della contribuente, la concessionaria aveva errato nell’individuazione dei dati catastali ai fini dell’accertamento ‘ a tavolino ‘.
Peraltro, la preclusione derivante dalla c.d. ‘ doppia conforme ‘ (per la soccombenza in primo grado ed in secondo grado) non consente di censurare l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.; difatti, in siffatta ipotesi, prevista dall’art. 348 -ter , quinto comma, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012; detta norma è stata mantenuta, anche dopo l’abrogazione disposta dall’art. 3, comma 26, lett. e ), del d.lgs. 1 ottobre 2022, n. 149, per i giudizi introdotti prima dell’1 gennaio 2023, dall’art. 35, comma 5, del d.lgs. 1 ottobre 2022, n. 149, quale modificato dall’art. 380, lett. a ), della legge 29 dicembre 2022, n. 197), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ed applicabile alle sentenze pubblicate dall’11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell ‘ appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 22 dicembre 2016, n. 26774; Cass., Sez. Lav., 6 agosto 2019, n. 20994; Cass., Sez. 5^, 12 luglio 2021, n. 19760; Cass., Sez.
5^, 1 aprile 2022, n. 10644; Cass., Sez. 5^, 11 aprile 2022, n. 11707; Cass., Sez. 6^-5, 28 aprile 2022, n. 13260; Cass., Sez. Trib., 13 dicembre 2023, n. 34902; Cass., Sez. Trib., 27 giugno 2024, n. 17782); nella specie, però, a fronte della soccombenza nel doppio grado di merito, il ricorrente non ha indicato le ragioni di fatto differenti a seconda del giudizio; ne discende che le questioni sono state esaminate e decise in modo uniforme dai giudici del doppio grado di merito, per cui non ne è possibile alcun sindacato da parte del giudice di legittimità in relazione alla violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (art. 348ter , quinto comma, cod. proc. civ.).
Con il quarto motivo, si denuncia erronea applicazione dell’art. 62 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 ), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che il mancato accesso all’immobile aveva confermato « l’effettiva condizione delle aree non produttive di rifiuti e la loro esclusione dal pagamento del tributo », laddove l’onere di provare la sussistenza di superfici non imponibili gravava ad esclusivo carico della contribuente.
4.1 Il predetto motivo è inammissibile.
4.2 Come si è già detto in precedenza, s econdo l’accertamento in fatto del giudice di appello, la contribuente aveva documentato l’esatta identificazione degli immobili posseduti, che non coincidevano con quelli indicati nell’avviso di accertamento.
Per cui, la censura finisce col celare, sotto l’apparente denuncia di una violazione o falsa applicazione di legge ( ex art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.), la pretesa ad una
revisione del merito e ad una rinnovazione dell’accertamento di fatto, che sono precluse al giudice di legittimità.
Con il quinto motivo ed il sesto motivo, si denunciano, al contempo ed in correlazione, violazione degli artt. 112 e 277 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 ), cod. proc. civ, nonché omesso esame di fatto decisivo e controverso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 ), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che « l’accertamento impugnato riporta dati catastali in contrasto con quelli documentati dalla contribuente che si riferiscono ad altre persone fisiche e non alla società che, tra l’altro, non svolge l’attività commerciale riportata nell’atto censurato », laddove l’intestazione catastale era irrilevante ai fini della soggezione al tributo e la contribuente aveva contestato la classificazione tariffaria dell’attività svolta.
5.1 I predetti motivi -la cui stretta ed intima connessione, per volontà della ricorrente, esige la trattazione congiunta -sono inammissibili.
5.2 Come si è già ribadito, s econdo l’accertamento in fatto del giudice di appello, sul piano dell’identificazione catastale, gli immobili posseduti dalla contribuente non coincidevano con (e, quindi, erano diversi da) q uelli indicati nell’avviso di accertamento, che appartenevano a terzi. Ne consegue che il rigetto del gravame era dipeso proprio da quest’ultima circostanza, essendo stato rilevato soltanto ad abundantiam (e ad colorandum ) che la contribuente, « tra l’altro, non svolge l’attività commerciale riportata nell’atto censurato ».
5.3 Per cui, oltre alla preclusione derivante (ancora una volta) dalla c.d. ‘ doppia conforme ‘ (in relazione alla denunciata violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.) , può richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte secondo cui,
in sede di legittimità, sono inammissibili, per difetto di interesse, le censure rivolte avverso argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata e svolte ad abundantiam o costituenti obiter dicta , poiché esse, in quanto prive di effetti giuridici, non determinano alcuna influenza sul dispositivo della decisione, essendo estranee alla ratio decidendi della medesima (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 22 novembre 2010, n. 23635; Cass., Sez. 1^, 10 aprile 2018, n. 8755; Cass., Sez. 1^, 8 giugno 2022, n. 18429; Cass., Sez. Trib., 2 maggio 2024, n. 11861).
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi l’inammissibilità/infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.
Quanto alla regolamentazione delle spese giudiziali:
nei rapporti tra ricorrente e controricorrente, esse seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo, disponendosene, altresì, la distrazione a favore del difensore antistatario della parte vittoriosa, il quale ha dichiarato di aver anticipato gli esborsi e di non aver riscosso i compensi;
nei rapporti tra ricorrente ed intimato, nulla deve essere disposto risultando l’atto impositivo in contestazione riferibile all’attività della ricorrente stessa.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente,
liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 4.000,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge, e distraendole in favore del difensore antistatario della controricorrente, Avv. NOME COGNOME da Avellino, per dichiarato anticipo; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 23 gennaio