Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21879 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21879 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso nr. 11016-2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocato NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura speciale in atti;
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME , in persona del Sindaco pro tempore;
-intimato- avverso la sentenza n. 7656/2021 della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELLA CAMPANIA, depositata il 28/10/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 11/6/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n.
, in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di accertamento TARI 2014 emesso dal Comune di Bacoli.
Il Comune di Bacoli è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., «violazione e falsa applicazione dell’art. 62 d.lgs. 507/1993, del Regolamento Comunale del Comune di Bacoli sulla TARSU; dei principi generali in materia di accertamento dei tributi e dell’art. 1, commi 162 e 163 L., 27 dicembre 2006, n. 296 e delle norme relative all’accertamento della TARSU» per avere i Giudici di appello ritenuto legittima la tassazione dello stabilimento balneare della ricorrente sulla base di un criterio meramente presuntivo circa il presupposto del possesso di un’area pari a mq. 5.800,00, che era largamente eccedente la superficie reale.
1.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., «violazione e falsa applicazione dei principi generali in materia di accertamento dei tributi e dell’art. 1, commi 162 e 163, L. 27 dicembre 2006, n. 296 e delle norme relative all’accertamento della TARSU» per avere i Giudici di appello «ritenuto corretto l’impiego del criterio presuntivo adottato dal Comune di Bacoli» pur essendo pervenuto «l’atto impugnato … a determinare una area quasi doppia di quella oggetto di concessione demaniale sulla sola scorta …(della)… presenza di un ristorante … non dichiarato, nella struttura balneare».
1.3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, con riguardo all’«attribuzione alla ricorrente della occupazione di una superficie abnorme e di gran lunga eccedente il concesso; l’assenza di idonei elementi presuntivi idonei a legittimare la relativa conclusione; la presenza di elementi cartolari idonei a sorreggere … l’opposta conclusione».
2.1. Le doglianze, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, vanno disattese.
2.2. In primo luogo, va ribadito che il presupposto impositivo della TARI è costituito dalla detenzione o occupazione di una res suscettibile di produrre rifiuti (Cass. n. 17617/2021), costituendo presupposto impositivo l’occupazione o la conduzione di locali ed aree scoperte, adibiti a qualsiasi uso privato, non costituenti accessorio o pertinenza degli stessi, di talché se è vero che l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria grava sull’amministrazione, il diritto all’esenzione va provato dal contribuente, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezione alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (Cass. n. 10634/2019; Cass. n. 17622/2016; Cass. n. 16858/2014; Cass. nn. 11351 e 3756 del 2012; Cass. n. 775/2011).
2.3. Ciò posto, in materia TARSU l’articolo 73 del D.Lgs. n. 507 del 1993, rubricato «Poteri dei Comuni», individua una precisa sequenza procedimentale che l’ente deve seguire «ai fini del controllo dei dati contenuti nelle denunce o acquisiti in sede di accertamento d’ufficio tramite rilevazione della misura e destinazione delle superfici imponibili».
2.4. È infatti previsto quanto segue: «1. Ai fini del controllo dei dati contenuti nelle denunce o acquisiti in sede di accertamento d’ufficio tramite rilevazione della misura e destinazione delle superfici imponibili, effettuata anche in base alle convenzioni di cui all’articolo 71, comma 4, l’ufficio comunale può rivolgere al contribuente motivato invito ad esibire o trasmettere atti e documenti, comprese le planimetrie dei locali e delle aree scoperte, ed a rispondere a questionari, relativi a dati e notizie
specifici, da restituire debitamente sottoscritti; può utilizzare dati legittimamente acquisiti ai fini di altro tributo ovvero richiedere ad uffici pubblici o di enti pubblici anche economici, in esenzione da spese e diritti, dati e notizie rilevanti nei confronti dei singoli contribuenti. 2. In caso di mancato adempimento da parte del contribuente alle richieste di cui al comma 1 nel termine concesso, gli agenti di polizia urbana o i dipendenti dell’ufficio comunale ovvero il personale incaricato della rilevazione della materia imponibile ai sensi dell’articolo 71, comma 4, muniti di autorizzazione del sindaco e previo avviso da comunicare almeno cinque giorni prima della verifica, possono accedere agli immobili soggetti alla tassa ai soli fini della rilevazione della destinazione e della misura delle superfici, salvi i casi di immunità o di segreto militare, in cui l’accesso è sostituito da dichiarazioni del responsabile del relativo organismo. 3. In caso di mancata collaborazione del contribuente od altro impedimento alla diretta rilevazione, l’accertamento può essere effettuato in base a presunzioni semplici aventi i caratteri previsti dall’articolo 2729 del codice civile».
2.5. In caso di mancata collaborazione del contribuente e, quindi, nel caso lo stesso non abbia fornito i dati e le notizie richieste e non abbia consentito l’accesso ai soggetti verificatori oppure nel caso di non rintracciabilità del soggetto passivo, si può, pertanto, provvedere all’accertamento sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti al fine di accertare la superficie oggetto del tributo, senza sopralluogo, spettando al contribuente l’onere della prova contrario.
2.6. Tali norme trovano corrispondenza relativamente alla TARI negli artt. 692 -694 legge n. 147/2013, che prevedono quanto segue:«692. Il Comune designa il funzionario responsabile a cui sono attribuiti tutti i poteri per l’esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale, compreso quello di sottoscrivere i provvedimenti afferenti a tali attività, nonché la rappresentanza in giudizio per le controversie relative al tributo stesso. 693. Ai fini della verifica del corretto assolvimento degli obblighi tributari, il funzionario responsabile può inviare questionari al contribuente, richiedere dati e notizie a uffici pubblici ovvero a enti di gestione di servizi
pubblici, in esenzione da spese e diritti, e disporre l’accesso ai locali ed aree assoggettabili a tributo, mediante personale debitamente autorizzato e con preavviso di almeno sette giorni. 694. In caso di mancata collaborazione del contribuente o altro impedimento alla diretta rilevazione, l’accertamento può essere effettuato in base a presunzioni semplici di cui all’articolo 2729 del codice civile».
2.7. Trattasi, dunque, di disposizioni che sanciscono un principio generale, in materia di tassa sui rifiuti, secondo il quale ai Comuni, nell’attività di controllo e accertamento, è consentito fare uso di presunzioni, sia di legge che semplici, per determinare l’assoggettabilità al tributo e la corretta individuazione delle superfici imponibili, in caso di mancata collaborazione del contribuente o di altro impedimento ai controlli.
2.8. Ne consegue che quanto affermato dai Giudici di appello, circa la validità dell’accertamento della superficie imponibile effettuato dal Comune «in base alle fotografie aeree ed a quelle scattate dall’incaricato, sia pure dall’esterno dello stabilimento – dalle quali si evince che l’attività di ristorazione viene svolta anche sull’arenile -» è pienamente conforme ai principi dianzi illustrati, avendo la stessa ricorrente affermato di aver «impedito ai funzionari incaricati dell’accertamento l’accesso ai propri locali e, in particolare, al lido balneare in gestione» (cfr. pag. 7 ricorso).
2.9. Le ulteriori doglianze, in fatto, con cui la ricorrente lamenta l’eccedenza della superficie accertata rispetto a quella effettiva, sono inoltre inammissibili, poiché si verte in ipotesi di doppia conforme ex art. 348ter , comma 5, c.p.c., rispetto alla quale la ricorrente non ha indicato profili di divergenza tra le ragioni di fatto a base della decisione di primo grado e quelle a base del rigetto dell’appello, com’era invece necessario per dar ingresso alla censura ex art. 360, n. 5, c.p.c. (cfr. Cass. nn. 26774/2016, 5528/2014).
Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente respinto.
Nulla sulle spese stante la mancata costituzione in giudizio del Comune.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da