Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9554 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9554 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14948/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del PIEMONTE n. 1354/2015 depositata il 14/12/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
I contribuenti NOME COGNOME e NOME COGNOME esercitavano attività di commercio al minuto di preziosi e, per quanto più interessa il prosieguo, prevalentemente di orologi usati sotto l’insegna della ditta ‘RAGIONE_SOCIALE, società in accomandita semplice. Per l’anno d’imposta 2008 erano attinti da accertamento in base al sistema statistico degli studi di settore. Non è controverso in atti che tale atto impositivo sia stato preceduto dal contraddittorio preventivo, ancorché ne sia contestato il sostanziale svolgimento.
I gradi di merito erano sfavorevoli alle parti contribuenti, che ricorrono quindi per Cassazione affidandosi a tre motivi, cui replica con tempestivo contro ricorso il patrono erariale. In prossimità dell’adunanza i ricorrenti hanno depositato altresì memoria ad illustrazione RAGIONE_SOCIALE proprie ragioni.
CONSIDERATO
Vengono proposti tre mezzi di ricorso.
Con il primo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione o falsa applicazione dell’articolo 10, comma tre bis , della legge numero 146 del 1998. Nella sostanza viene contestato l’effettivo svolgimento del contraddittorio, ritenendo che si sia esaurito nella consegna di una memoria che doveva essere solo propedeutica allo svolgimento del contraddittorio reale, nella sostanza non seguito, il tutto esaurendosi nella semplice affermazione da parte dell’Ufficio della mancanza di elementi per procedere all’accertamento con adesione.
Il motivo non può essere accolto. Occorre ricordare come la sentenza in scrutinio dia atto che l’accertamento sia stato svolto in via induttiva anche per la reiterata conduzione antieconomica
dell’attività (pag. 5, primo capoverso, sentenza in esame) ed a tale affermazione la parte contribuente non oppone contestazioni. La stessa sentenza riconosce che un contraddittorio vi è stato con la valutazione di memorie e documenti rappresentati dalla parte contribuente, sostanziandosi nella peculiarità dell’attività consistente soprattutto nel commercio di orologi usati, specificamente per l’anno d’imposta qui in rilievo, che consente dei risparmi di acquisto tali da non rendere significativo lo studio di settore. Detta peculiarità, unita agli altri indizi di scostamento e di reiterata conduzione in perdita, è stata ritenuta insufficiente a giustificare i redditi dichiarati.
Se è vero che gli studi di settore costituiscono metodo statistico tale da generare RAGIONE_SOCIALE presunzioni di reddito, non è men vero che la parte contribuente ha il potere di contestare tali indizi, sia in sede di contraddittorio endoprocedimentale, sia in sede giurisdizionale, senza limitazione alcuna. Posto che le giustificazioni in ordine alla peculiarità dell’attività svolta nell’anno di imposta di riferimento non hanno convinto i due collegi di merito, risulta irrilevante il vizio formale lamentato, in disparte che comunque una produzione documentale vi è stata. Nessuna utilità può trarre la parte contribuente dall’affermazione del vizio endoprocedimentale, laddove gli stessi argomenti ivi rappresentati non hanno indotto i collegi di merito a modificare l’atto impositivo. Ed infatti, «La procedura di accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, ma nasce procedimentalmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente (che può tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento), esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla
concreta realtà economica del contribuente, deve far parte (e condiziona la congruità) della motivazione dell’accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa siano stati disattesi. Il contribuente ha, nel giudizio relativo all’impugnazione dell’atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice può liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall’ente impositore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente.» (Cass. sez. un. 18/12/2009, n. 26635). In tale sede, invero, è il contribuente che ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards» (così Cass. VI-5, n. 13056/2012 che riprende Cass. n. 10778/2011, recentemente Cass. V, n. 13908/2018).
Ciò è altresì coerente con le garanzie del contribuente affinate in sede eurounitaria da Corte Giustizia UE 21 novembre 2018, in causa C-648/16 (segnatamente punti 43 e 44), non potendosi dubitare del fatto che i contribuenti siano stati posti in condizione, sin dalla sede endoprocedimentale (con la produzione documentale o la memoria deduttiv a), di contestare l’applicabilità RAGIONE_SOCIALE risultanze statistiche alla propria specifica posizione, risultanze statistiche, peraltro, corredate da ulteriori elementi di cui poi i giudici di merito hanno riconosciuto la valenza di prova presuntiva.
Si consideri infatti che la ripresa a tassazione è avvenuta non solo in base agli studi di settore, ma anche per la reiterata conduzione antieconomica dell’attività, per cui, se è vero che nel caso di accertamento basato esclusivamente sugli studi di settore, l’Amministrazione finanziaria è obbligata ad instaurare il contraddittorio preventivo con il contribuente ai sensi dell’art. 10 della l. n. 146 del 1998, altrettanto vero è che detto obbligo non opera qualora l’accertamento si fondi anche su altri elementi
giustificativi, quali riscontrate irregolarità contabili o antieconomiche gestioni aziendali. (Fattispecie relativa ad avviso di accertamento, non preceduto da preventivo contraddittorio, emanato a carico di un’impresa che aveva chiuso il proprio bilancio annuale con utili molto esigui, a fronte di ingenti investimenti sostenuti). (Cass. V, 31814/2019).
Irrilevante quindi il richiamo alla pronuncia di questa Corte n. 15003/2023 (svolto in memoria da parte contribuente) circa la natura meramente formale e non sostanziale del contraddittorio preventivo, atteso che comunque vi sono stati svolti i medesimi argomenti poi proposti in giudizio e risultati inadatti a far cambiare prospettiva circa l’atto impositivo.
Il primo motivo è quindi infondato.
Con il secondo motivo si prospetta ancora censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 e 5 del codice di procedura civile, per violazione o falsa applicazione dell’articolo 62 sexies del decretolegge numero 331 del 1999, nonché dell’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica numero 600 del 1973, nonché omessa considerazione di elementi concreti. Nella sostanza si lamenta che la prefata disposizione di legge, richiedendo che le gravi incongruenze risultino tra quanto dichiarato e quanto fondatamente desumibile dagli studi di settore, impone un’analisi fondata che tale non sarebbe in base alla specificità dell’impresa in oggetto.
Con il terzo motivo si propone ancora censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile, per violazione e falsa applicazione dell’articolo 39, primo comma, lettera d) , del decreto del Presidente della Repubblica numero 600 del 1973. Nella sostanza, si critica l’affermazione della sentenza qui in scrutinio over rileva che la peculiarità evidenziate circa la prevalenza RAGIONE_SOCIALE vendite di orologi usati non appare significativa, né indicativa per il superamento dei risultati dello studio di settore, in mancanza di
ulteriori contestazioni specifiche rispetto alla generica prospettazione fornita dai contribuenti.
I due motivi possono essere trattati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione e non possono essere accolti. Si riducono infatti ad una diversa contestazione dei medesimi profili del motivo che precede e ne seguono le sorti.
Infatti, nel caso in esame, la fondatezza della ripresa a tassazione emerge sia dall’incongruenza, sia dall’andamento antieconomico, sia dall’inconferenza RAGIONE_SOCIALE giustificazioni offerte da parte contribuente ritenute non convincenti nei due gradi di giudizio, con un apprezzamento di merito che non è censurabile avanti questa Suprema Corte di illegittimità. Si tratta all’evidenza di una censura sulla valutazione del diverso apporto probatorio fornito dalle parti e tesa a raggiungere un risultato opposto a quello del giudice d’appello.
È appena il caso di rammentare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (tra le tante: Cass. 11 gennaio 2016 n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26610).
Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente
idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357).
Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662).
Per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione, poiché è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c. la cui riformulazione, disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez.Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
I motivi secondo e terzo sono quindi inammissibili.
In definitiva, il ricorso è infondato e non può essere accolto. Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in €.quattromilacento/00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 05/03/2024.