Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32704 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32704 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
Oggetto: Tributi
Irpeg, Irap e Iva 2003
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 7661 del ruolo generale dell’anno 2016, proposto Da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del ricorso dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.to NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Messina, n. 2520/27/2015, depositata in data 10 giugno 2015, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 settembre 2024 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
Previo p.v.c. della G.d.F., Comando Brigata Spadafora (ME) del 5.10.2004, redatto in esecuzione di una verifica fiscale, a carattere parziale, diretta ad accertare eventuali violazioni della normativa tributaria e di sommerso di lavoro nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, l’Agenzia delle entrate -Ufficio di Milazzo notificava alla predetta società, esercente attività di fabbricazione altre macchine agricole, in regime di contabilità ordinaria, avviso di accertamento con il quale, per l’anno 2003, determinava, ex art. 41bis del D.P.R. n. 600/1973, un maggior reddito d’impresa, ai fini Irpeg, Irap e Iva, utilizzando lo strumento dello studio di settore.
Avverso il suddetto avviso, la società proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Messina deducendo l’illegittim ità del procedimento di verifica adottato ex art. 41 bis cit. e l’illegittima utilizzazione degli studi di settore in assenza di motivazione sulla inattendibilità della contabilità.
La CTP di Messina, con sentenza 97/6/07, accoglieva il ricorso annullando l’atto impositivo emesso, mediante impiego degli studi di settore per una impresa in contabilità ordinaria, in mancanza di una motivata inattendibilità delle scritture contabili e di contraddittorio preventivo.
La Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Messina, con sentenza n. 2520/27/2015, depositata in data 10 giugno 2015, accoglieva l’appello principale dell’Agenzia delle entrate e rigettava quello incidentale della società.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha osservato che: 1) era infondata l’eccezione della contribuente ribadita in sede di appello incidentale -di illegittimità dell’avviso redatto, ai sensi dell’art. 41 bis cit. e non dell’art. 39 del d.P.R. n. 600/73, in quanto sussisteva il presupposto per l’accertamento ex art. 41 cit. avendo l’Ufficio operato sulla base di un p.v.c. della G.d.F. in esecuzione di una verifica, a carattere parziale, indirizzata a ricercare eventuali
violazioni della normativa tributaria e di sommerso di lavoro -in base al quale erano emersi elementi (irregolarità contabili e lavoratori irregolari), non validamente contrastati, che consentivano di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato; 2) in base all’esame degli atti risultava che alla società contribuente era stato consentito di intervenire in sede procedimentale amministrativa ma che la stessa non si era presentata all’invito dell’Ufficio dopo la proposizione della istanza di accertamento con adesione né, come si evinceva dal p.v.c. della GdF, il legale rappresentante di quest’ultima, premessa la propria impossibilità a presenziare con continuità alle operazioni dei militari operanti, aveva inteso delegare per iscritto alcuno per assistere alle stesse; 3) l’utilizzo dello studio di settore -quale strumento per valutare la capacità di produrre ricavi in base alle specifiche attività economiche della società e ‘per verificare la reale credibilità della contabilità superando la barriera della regolarità di quest’ultima’ -era legittimo non avendo la contribuente né in fase procedimentale amministrativa -durante la quale non si era presentata al l’invito al contraddittorio -né nel corso del giudizio fornito prove documentali idonee a contrastare le contestazioni di cui all’atto impositivo impugnato .
Avverso la suddetta sentenza, la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui resiste, con controricorso l’Agenzia delle entrate.
In data 1° settembre 2024, la società contribuente ha depositato memoria ex art. 380bis1 c.p.c.
CONSIDERATO CHE
In data 1° settembre 2024, la società contribuente ha depositato memoria ex art. 380bis1 c.p.c. rappresentando di avere fatto accesso, in pendenza del giudizio di legittimità, alla rateizzazione del debito contestato, corrispondendo integralmente quanto accertato come dovuto. Non contenendo la memoria una rinuncia al ricorso ma avendo la società insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso, occorre procedere alla trattazione degli stessi di seguito indicati.
Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 54 e 56 del d.P.R. n. 633/1972, 38,
39 e 42 del d.P.R. n. 600/1973, 62 bis del d.l. n. 331 del 1993, conv. nella legge n. 427 del 1993, modificato dall’art. 10 della legge n. 146 del 1998 per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso in questione sebbene, trattandosi di un accertamento, per quanto conseguito al p.v.c. della G.d.F., basato sulle mere risultanze degli studi di settore, fosse mancato il necessario contraddittorio non potendo quest’ultimo intendersi rispettato avuto riguardo alla mancata presentazione della contribuente all’invito dell’Ufficio nel procedimento di accertamento con adesione successivo alla fase dell’accertamento operato dall’Ufficio o alla mancata partecipazione della stessa in sede di verifica operata dai militari consistente esclusivamente nella compilazione ed elaborazione degli studi di settore.
2.1. Il motivo è infondato in quanto muove dall’erroneo presupposto che l’accertamento in questione fosse basato esclusivamente sull’applicazione degli studi di settore.
2.2. Va premesso che la giurisprudenza di questa Corte ha affermato, anche di recente che « Differentemente dal diritto dell’Unione Europea, il diritto nazionale, allo Stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si
riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto. Nel caso di accertamento basato esclusivamente sugli studi di settore, l’Amministrazione finanziaria è obbligata ad instaurare il contraddittorio preventivo con il contribuente ai sensi della L. n. 146 del 1998, art. 10, mentre detto obbligo non opera qualora l’accertamento si fondi anche su altri elementi giustificativi, quali riscontrate irregolarità contabili o antieconomiche gestioni aziendali » (Cass., 2 marzo 2022, n. 6806, in motivazione).
2.3. Dunque, nel caso di accertamento basato esclusivamente sugli studi di settore, l’Amministrazione finanziaria è obbligata ad instaurare il contraddittorio preventivo con il contribuente ai sensi dell’art. 10 della legge n. 146 del 1998, mentre detto obbligo non opera qualora l’accertamento si fondi anche su altri elementi giustificativi, quali riscontrate irregolarità contabili o antieconomiche gestioni aziendali (Sez. 5, Ordinanza n. 7080 del 2024; Cass. 25 giugno 2021, n. 18329; Cass., 5 dicembre 2019, n. 31814; v. da ultimo, Cass. n. 9554 del 2024).
2.4. Posto quanto sopra, nella specie, il giudice di appello ha precisato che l’avviso in questione era stato emesso, ai sensi dell’art. 41 bis del D.P.R. n. 600/73, sulla base di p.v.c. della Guardia di Finanza -‘ in esecuzione di una verifica fiscale a carattere parziale …indirizzata a prevenire, ricercare ed accertare eventuali violazioni alla normativa tributaria e di sommerso di lavor o’ -con accertamento di un maggior reddito non dichiarato, ai fini Irpeg, Irap e Iva, per il 2003, stante il riscontro in sede di verifica ‘ di specifici dati ed elementi dotati per la loro tipologia e rilevanza (irregolarità contabili, lavoratori irregolari) di un alto grado di attendibilità (non validamente contrastati) ‘, e utilizzo dello strumento degli studi di settore (ai fini della determinazione del quantum della pretesa impositiva) essendo ‘ finalizzato a valutare la capacità di produrre ricavi… collegati alle specifiche attività economiche …per la verifica della reale credibilità della contabilità superando la barriera della regolarità di quest’ultima . ‘
Dalla sentenza impugnata emerge chiaramente che l’atto impositivo non risultava fondato soltanto sugli studi di settore, bensì anche su elementi ulteriori che avevano consentito di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato (irregolarità contabili e lavoratori irregolari). Pertanto -in disparte l’avere il giudice di appello affermato che la contribuente, dopo avere presentato istanza di accertamento con adesione, non si era presentata all’invito dell’Ufficio notificato in data 3.6.06 e che dalle dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società in sede di pvc della Gdf, si evinceva, premessa la sua indisponibilità a presenziare alle operazioni di verifica, la mancata volontà di delegare per iscritto altri ad assistere con continuità i militari operanti -nella specie, non sussisteva un obbligo di instaurazione del contraddittorio preventivo.
3. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 10 della legge n. 146 del 1998, 1, commi 2 e 3 del DPR n. 570 del 1996 per avere la CTR ritenuto legittimo l’a tto impositivo emesso in base alle risultanze degli studi di settore nei confronti della contribuente, esercente attività di impresa in regime di contabilità ordinaria nonostante, nella specie, sussistesse la regolarità delle scritture contabili (‘superando la barriera della regolarità della contabilità’) , potendo procedersi, ad avviso della ricorrente, ad un accertamento analitico-induttivo sulla base degli studi di settore nei confronti di un’impresa in regime di contabilità ordinaria (fino al 1/1/2005, avendo la legge n. 311/2004 modificato l’art. 10 cit. ) soltanto nel caso in cui risultasse motivata l’inattendibilità di quest’ultima in presenza di gravi contraddizioni o irregolarità delle scritture obbligatorie.
3.1. Il motivo si profila inammissibile.
3.2. Va premesso, come chiarito da questa Corte, che: « La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema unitario che non si colloca all’interno della procedura di accertamento di cui all’art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma la affianca, essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui regolarità, per i contribuenti in contabilità semplificata, non impedisce l’applicabilità dello “standard”, né costituisce una valida prova
contraria, laddove, per i contribuenti in contabilità ordinaria, l’irregolarità della stessa costituisce esclusivamente condizione per la legittima attivazione della procedura standardizzata » (Cass., Sez. U., 18 dicembre 2009, n. 26635 e, più di recente, Cass., 17 dicembre 2019, n. 33340; Sez. 5, Ordinanza n. 516 del 2023).
3.3. Nell’ambito soggettivo originario di applicazione degli studi di settore -ossia, quello introdotto con il testo dell’art. 10 della legge n. 146 del 1998 -erano comprese:
le imprese in regime di contabilità semplificata (art. 10, comma 1);
le imprese in regime di contabilità ordinaria per opzione e gli esercenti le arti
e le professioni: per queste categorie, peraltro, erano previste modalità applicative differenti (ossia, solo se i risultati erano non congrui per due annualità su tre consecutive) (art. 10, commi 2 e 3);
le imprese in regime di contabilità ordinaria per obbligo, infine, erano soggette all’applicazione degli studi di settori nel caso in cui la contabilità fosse risultata inattendibile (art. 10, commi 2 e 3).
L’art. 1, comma 409, legge n. 311 del 2004 (Finanziaria per l’anno 2005) unificò (con decorrenza dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2004) il trattamento dei soggetti in contabilità per opzione e per obbligo, cui venne estesa l’applicazione generalizzata della ricostruzione reddituale sugli studi di settore secondo la regola, su evidenziata, del “due su tre”, salva la possibilità di farvi ugualmente ricorso, anche per la singola annualità, in relazione a situazioni di significativa incoerenza rispetto ad appositi indici di natura economica, finanziaria, patrimoniale, individuati con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, sentito il parere della Commissione di esperti (art. 10, comma 2). Poi, con l’art. 37, comma 2, lett. a), d.l. n. 223 del 2006, vennero abrogati i commi 2 e 3 dell’art. 10 della legge n. 146 del 1998, cui era espressamente collegata l’applicazione degli studi di settore per le imprese in contabilità ordinaria e che prevedevano, come rilevato, le specifiche modalità di impiego dello strumento. Per effetto di questo intervento l’accertamento mediante studi di settore venne generalizzato ad ogni ipotesi di impresa in
contabilità ordinaria e, anzi, ad ogni tipo di contabilità adottato, anche a prescindere dal riscontro di una pluralità di periodi d’imposta (secondo la regola del “2 su 3”) restando sufficiente lo scostamento anche per un singolo periodo d’imposta (Cass. sez. 5 sentenza n. 25859 del 2022).
3.4. Nella specie, il motivo di ricorso, pur prospettando una violazione di legge, in realtà, tende inammissibilmente ad una nuova interpretazione di questioni di merito, avendo la CTR, con una valutazione in fatto non sindacabile dinanzi al giudice di legittimità, accertato l ‘emersione in sede di p.v.c. della Gdf di ‘ irregolarità contabili e di lavoro irregolare ‘ tali da legittimare, in base ai principi sopra richiamati, l’attivazione nei confronti della contribuente -in regime di contabilità ordinaria -della procedura standardizzata, quale strumento previsto ‘per la verifica della reale credibilità della contabilità superando la barriera della regolarità di quest’ultima’.
4 . Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 41bis del DPR n.600/73 e 54 del DPR n. 633/1972 per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso redatto ai sensi dell’art. 41 cit. anziché -come eccepito dalla contribuente nei gradi di merito -ai sensi dell’art. 39 , comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/73 (come previsto dall’art. 62 sexies del d.l. n. 331 del 1993 conv. nella legge n. 427 del 1993), posto l’inutilizzabilità dell’accertamento parziale in presenza, come nella specie, di un accertamento sulla base degli studi di settore, decorrendo la modifica introdotta dalla legge n. 311/2004 (Finanziaria 2005) in ordine alla parzialità degli accertamenti effettuati mediante utilizzo degli studi di settore, unicamente dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2004.
4.1. Il motivo è infondato.
4.2. Il ricorso all’accertamento parziale previsto dall’art. 41 bis rappresenta uno strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile, ove le attività istruttorie diano contezza della sussistenza di attendibili posizioni debitorie. Esso non preclude una integrazione dell’accertamento medesimo, anzi a tal fine, a differenza di quello generale previsto dall’art. 43 del medesimo d.P.R., non richiede la sopravvenuta
conoscenza di nuovi elementi da parte della Amministrazione, da indicare in modo specifico a pena di nullità del nuovo accertamento (non di quello già espletato). Quanto al presupposto della segnalazione proveniente dalla GdF o dagli altri organi indicati nell’art. 41 bis, oppure dall’Anagrafe Tributaria, questa Corte ha chiarito innanzitutto che la segnalazione pervenuta non deve essere necessariamente di particolare semplicità, requisito che non emerge dal contesto normativo, potendo invece basarsi su una verifica generale (cfr. Cass., sent. 11057/2006; 2833/2008; 2761/2009). Ha inoltre chiarito che può essere legittimamente adottato anche su iniziativa propria dell’ufficio titolare del potere di accertamento generale, essendo irrilevante che la segnalazione provenga da un soggetto estraneo all’amministrazione o da fonti ad essa interne (cfr. Cass., sent. 27323/2014). L’accertamento parziale di cui all’art. 41bis, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973 può essere integrato da un successivo accertamento, senza che sia necessario che vengano indicati gli elementi sopraggiunti, come prescritto per l’accertamento integrativo dall’art. 43 del medesimo d.P.R., che risponde a diverse finalità, sebbene il successivo atto non possa fondarsi su fatti già emersi e non contestati: peraltro, il mancato rispetto delle indicate prescrizioni può determinare l’illegittimità solo del secondo e non anche del primo accertamento effettuato (Sez. 5, Ordinanza n. 23685 del 01/10/2018). Questa Corte (cfr. Cass. sez. 5, 28 ottobre 2015, n. 21984), ha avuto modo di affermare che « L’accertamento parziale, che è uno strumento diretto a perseguire finalità di sollecita emersione della materia imponibile, non costituisce un metodo di accertamento autonomo rispetto alle previsioni di cui agli artt. 38 e 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 e 55 del d.P.R. n. 633 del 1972, bensì una modalità procedurale che ne segue le medesime regole, sicché il relativo oggetto non è circoscritto ad alcune categorie di redditi e la prova può essere raggiunta anche in via presuntiva (…) » (Cass. n. 861 del 2023; Cass. n. 8406 del 04/04/2018; sulla assenza di autonomia dell’accertamento parziale rispetto a quello ordinario si vedano, altresì, Cass. n. 21984 del 28/10/2015; Cass. n. 28681 del 07/11/2019).
4.3. Posto che, per quanto risulta dalla sentenza, l’a ccertamento in questione non è stato fondato esclusivamente sull’applicazione degli studi di settore, la CTR ha ritenuto osservato il presupposto di cui all’art. 41bis cit. , in ossequio al richiamato principio di diritto, in quanto l’Ufficio aveva operato sulla base di un p.v.c. della Gdf ‘ in esecuzione di una verifica, a carattere parziale, indirizzata a ricercare eventuali violazioni della normativa tributaria e di sommerso di lavoro ‘ con riscontro in tale sede -in base ad un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità -di elementi (irregolarità contabili e lavoratori irregolari) indicativi in via presuntiva -essendo dotati di un alto grado di attendibilità data la qualifica del soggetto (Guardia di Finanza) operante la verifica e non validamente contestati -della sussistenza di un reddito non dichiarato (poi quantificato attraverso l’utilizzo dello strumento degli studi di settore) .
5. Con il quarto motivo si denuncia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso in questione senza considerare -come eccepito dalla contribuente in sede di controdeduzioni in sede di gravame e appello incidentale -la valenza degli studi di settore, non già di presunzioni iuris et de iure della validità dell’accertamento , ma di presunzioni semplici inidonee da sole a contestare la dichiarazione prodotta su basi contabili.
5.1. Il motivo si profila inammissibile.
5.2. L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012 (conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia (Cass. n.23238/2017). L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che abbia costituito oggetto di discussione tra
le parti, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., sez. 2, 14/06/2017, n. 14802; n. 2785 del 2021). La censura formulata dalla ricorrente non riguarda l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ma la valutazione di deduzioni difensive svolte nel giudizio di merito -i quali atti difensivi non sono, peraltro, trascritti, nelle parti di interesse, o allegati al ricorso in difetto del principio di autosufficienza -concernenti l’assunta valenza degli studi di settore di presunzioni semplici, sicché essa esula dal dedotto vizio di motivazione; ciò senza confrontarsi, in ogni caso, con il decisum atteso che la CTR ha ritenuto legittimo l’atto impositivo emesso ai sensi dell’art. 41 bis cit. utilizzando, una volta emersi in sede di verifica della Gdf elementi (irregolarità contabili e lavoratori irregolari) indicativi, in via presuntiva, della esistenza di un reddito non dichiarato, i dati dello studio di settore (per quantificare la pretesa impositiva) ‘ non avendo la contribuente né in fase procedimentale né nel corso dell’intero giudizio, fornito prove documentali idonee a contrastare le contestazioni di cui all’atto impugnato ‘ .
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 4.300,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 12 settembre 2024