Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18897 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18897 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
AVVISO DI ACCERTAMENTO -IRPEF IRAP IVA 2002.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28328/2016 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-ricorrente –
contro
DATO NOME, non costituita
-intimata -avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale camera di consiglio del 20 febbraio 2024 dal consigliere AVV_NOTAIO della Sicilia n. 1812/21/2016, depositata il 9 maggio 2016; udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in Lenoci;
– Rilevato che:
Con avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato l’8 ottobre 2009, l’RAGIONE_SOCIALE Direzione
provinciale di Enna procedeva a rettificare, nei confronti di COGNOME NOME (esercente l’attività di commercio al dettaglio di articoli per uso domestico), i ri cavi dichiarati per l’anno 2002, per il maggior importo di € 10.000,00, sulla base dell’applicazione degli studi di settore ex art. 62bis del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, rideterminando quindi le maggiori IRPEF, IRAP ed IVA dovute.
Proposto ricorso dalla contribuente dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Enna questa, con sentenza n. 329/02/2011, depositata il 27 ottobre 2011, lo rigettava.
Interposto gravame dalla contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, con sentenza n. 1812/21/2016, pronunciata l’8 febbraio 2016 e depositata in segreteria il 9 maggio 2016, accoglieva l’appello, accogliendo il ricorso originario e dichiarando quindi l’illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE , sulla base di due motivi.
Non si è costituita in giudizio COGNOME NOME, rimasta intimata 5. La discussione del ricorso è stata fissata dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 20 febbraio 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
– Considerato che:
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 51 e 38, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’art.
39, comma 12, lett. c ), del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come modificato dal d.l. 29 dicembre 2011, n. 216, conv. dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4), cod. proc. civ.
Rileva, in particolare, la ricorrente che erroneamente la C.T.R. non aveva ritenuto inammissibile l’appello proposto dalla contribuente, in quanto notificato tardivamente, tenuto conto del fatto che la sospensione dei termini prevista dal l’art. 39, comma 12, lett. c ), d.l. n. 98/2011, comunque avrebbe dovuto applicarsi a far data dal 27 febbraio 2012 (data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 216/2011), e quindi, ai fini del calcolo dei termini per proporre appello, avrebbe dovuto tenersi conto del termine decorso dalla data di deposito della sentenza di primo grado (27 ottobre 2011) alla data di entrata in vigore della citata legge n. 14/2012 (27 febbraio 2012), che, alla predetta data del 27 febbraio 2012, avrebbe dovuto considerarsi già decorso, per cui la sospensione fino al 30 giugno 2012 avrebbe riguardato unicamente gli ultimi due mesi, e quindi il termine ultimo per proporre appello sarebbe scaduto il 15 ottobre 2012 (nel mentre l’appello era stato notificato a mezzo racc. a/r inviata il 15 febbraio 2013).
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si eccepisce violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 ss. cod. civ., nonché degli artt. 62sexies del d.l. n. 331/1993, conv. dalla legge n. 427/1993, 39, comma 1, lett. d ) del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 5 del d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, l’RAGIONE_SOCIALE che l’avviso di accertamento impugnato era fondato sugli studi di settore per l’attività svolta dalla contribuente, e che quest’ultima non aveva fornito la prova contraria, in relazione ai maggiori ricavi acc ertati dall’Ufficio.
Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
2.1. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
E’ pacifico che la lite in esame fosse condonabile ai sensi dell’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011, conv. dalla legge n. 111/2011.
La lite in questione è stata definita, in primo grado, con sentenza depositata il 27 ottobre 2011, non notificata; essa deve essere considerata quindi pendente sia alla data del 1° maggio 2011 (data che, secondo il testo originario del citato art. 39, comma 12, d.l. n. 98/2011, indicava le liti definibili mediante definizione agevolata), sia alla data del 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del d.l. n. 98/2011), sia alla data del 31 dicembre 2011 (in quanto a tale data non era ancora decorso il termi ne ‘lungo’ per l’appello, non essendo stata la sentenza notificata), ragion per cui, già dal momento del deposito della sentenza, il termine per l’appello doveva considerarsi sospeso, proprio perché il giudizio era pendente alla data del 1° maggio 2011, nonché alla data del 6 luglio 2011; conseguentemente, operando la sospensione fino al 30 giugno 2012, il termine per proporre appello iniziava a decorrere soltanto a far data dal 1° luglio 2012, ed andava a scadenza il 15 febbraio 2013, termine nella specie rispettato.
1.2. Anche il secondo motivo è infondato.
Ed invero, in tema di accertamento basato sugli studi di settore, il requisito della “grave incongruenza” di cui all’art. 62 -sexies , comma 3, del d.l. n. 331/1993, conv. dalla legge n. 427/1993, costituisce presupposto impositivo necessario per gli avvisi di accertamento su di essi fondati, ed il relativo onere probatorio è a carico dell’Ufficio (Cass. 27 giugno 2022, n. 20608; Cass. 29 marzo 2019, n. 8854).
Nel caso di specie, la RAGIONE_SOCIALE ha accertato, con valutazione di fatto insindacabile in questa sede, che l’Ufficio, nell’atto impugnato, non ha indicato, né chiarito, in termini motivazionali, quale fosse la grave incongruenza che ha costituito il fondamento dell’accertamento a nalitico-induttivo, considerando anche il periodo di attività non normale legato alla maternità della titolare, che ha determinato anche un aumento dei costi per l’assunzione di un dipendente.
La valutazione complessiva operata dalla RAGIONE_SOCIALE, quindi, appare assolutamente logica e coerente, nonché rispondente ai criteri di ripartizione dell’onere della prova.
3. Consegue il rigetto del ricorso.
Nulla per le spese, stante la mancata costituzione in giudizio della contribuente.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1quater .
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2024.