LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Accertamento studi di settore: onere della prova

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di accertamento studi di settore, stabilendo che, sebbene lo scostamento dai dati standard costituisca una presunzione, questa non è sufficiente. Se il contribuente fornisce prove e giustificazioni concrete (come crisi di mercato, concorrenza, ecc.) per spiegare la discrepanza, l’onere della prova si sposta sull’Agenzia delle Entrate, che deve specificamente smentire tali giustificazioni. In caso contrario, l’accertamento è illegittimo. La Corte ha quindi rigettato il ricorso dell’Agenzia, confermando la decisione a favore dell’azienda.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento studi di settore: l’onere della prova spetta all’Agenzia se il contribuente si difende

Un accertamento studi di settore può essere fonte di grande preoccupazione per imprese e professionisti. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale a tutela del contribuente: se quest’ultimo fornisce giustificazioni concrete e plausibili per lo scostamento dei suoi ricavi rispetto agli standard, l’onere di dimostrare il contrario passa all’Amministrazione Finanziaria. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I fatti del caso: Un accertamento basato sugli studi di settore

Una società a responsabilità limitata riceveva un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2011. L’Agenzia delle Entrate contestava maggiori ricavi ai fini Ires, Irap e Iva, basandosi esclusivamente su uno scostamento tra quanto dichiarato dalla società e quanto risultante dall’applicazione degli studi di settore.

La società impugnava l’atto, ma il ricorso veniva inizialmente respinto. In appello, la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione. I giudici di secondo grado evidenziavano che l’azienda aveva fornito una serie di valide giustificazioni per la discrepanza, tra cui:

* La congiuntura economica negativa.
* Il ricorso al credito bancario.
* La rapida obsolescenza delle merci in magazzino.
* La forte concorrenza dei negozi online.
* La specifica localizzazione dell’attività.

Secondo la Corte regionale, l’Ufficio non aveva in alcun modo smentito tali circostanze, né aveva svolto ulteriori indagini per supportare la propria pretesa. L’Agenzia delle Entrate, ritenendo violato il principio dell’onere della prova, proponeva quindi ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione e il corretto riparto probatorio

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, confermando la sentenza d’appello e chiarendo in modo definitivo come funziona l’onere della prova in materia di accertamento studi di settore.

L’accertamento studi di settore come presunzione semplice

I giudici hanno innanzitutto ribadito che la procedura di accertamento standardizzato basata sugli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici. Questo significa che la gravità, precisione e concordanza di tali presunzioni non sono determinate ex lege dal solo scostamento, ma devono essere valutate nel contesto di un contraddittorio obbligatorio con il contribuente. La mancata attivazione di questo dialogo rende nullo l’accertamento.

Il ruolo del contribuente e le sue giustificazioni

Durante il contraddittorio, il contribuente ha l’onere di provare la sussistenza di condizioni che giustifichino lo scostamento. Può farlo senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto, dimostrando la specificità della propria realtà economica. Come nel caso di specie, elementi come la crisi di settore, la concorrenza o altri fattori esterni possono validamente spiegare perché i ricavi dichiarati sono inferiori a quelli standard.

L’obbligo di controprova per l’Amministrazione Finanziaria

Una volta che il contribuente ha fornito elementi concreti a sua difesa, la palla passa all’Agenzia delle Entrate. La motivazione dell’atto di accertamento non può limitarsi a registrare lo scostamento, ma deve:

1. Dimostrare l’effettiva applicabilità dello standard prescelto al caso concreto.
2. Spiegare le ragioni per cui le contestazioni e le giustificazioni del contribuente sono state disattese.

La Corte ha ritenuto che i giudici d’appello avessero correttamente applicato questo principio. Avevano infatti accertato che, di fronte alle specifiche giustificazioni fornite dalla società, l’Ufficio non aveva assolto al proprio onere di prova contraria, limitandosi a insistere sulla validità della presunzione derivante dallo studio di settore.

Le motivazioni della Sentenza

La Corte Suprema ha chiarito che il ricorso dell’Agenzia mirava, in realtà, a una inammissibile rivalutazione dei fatti già esaminati dal giudice di merito. Il compito della Cassazione, infatti, non è riesaminare le prove, ma solo controllare la corretta applicazione della legge. Nel caso in esame, la Commissione Tributaria Regionale aveva correttamente affermato che gli studi di settore hanno solo una valenza di mera presunzione e che le circostanze evidenziate dalla contribuente erano idonee a giustificare lo scostamento. Di conseguenza, gravava sull’Ufficio l’onere di fornire una prova contraria, onere che non era stato assolto. Il riferimento alla mancanza di ‘ulteriori indagini’ da parte dell’Ufficio non è stato interpretato come un’errata inversione dell’onere della prova, ma come un argomento a sostegno della tesi che, una volta fornite le giustificazioni, l’inerzia dell’Amministrazione Finanziaria le rendeva decisive.

Le conclusioni

Questa ordinanza è di fondamentale importanza per tutti i contribuenti soggetti ad accertamento studi di settore. Essa conferma che il dato statistico non è una verità assoluta e che l’Amministrazione Finanziaria non può ignorare la realtà economica specifica di un’impresa. Il contribuente che si difende attivamente, portando prove concrete delle proprie difficoltà o peculiarità, sposta l’onere della prova sull’Ufficio, il quale è tenuto a una motivazione rafforzata e a una confutazione puntuale delle difese. In assenza di tale controprova, l’accertamento basato sul solo scostamento è destinato a essere annullato.

Un accertamento basato solo sullo scostamento dagli studi di settore è sufficiente a provare l’evasione?
No, da solo non è sufficiente. Lo scostamento costituisce una ‘presunzione semplice’, che deve essere confermata attraverso un contraddittorio obbligatorio con il contribuente e supportata da una motivazione che confuti specificamente le sue giustificazioni.

Cosa deve fare il contribuente per difendersi da un accertamento basato sugli studi di settore?
Il contribuente deve partecipare attivamente al contraddittorio e provare, con qualsiasi mezzo di prova (documenti, analisi di mercato, ecc.), l’esistenza di condizioni specifiche (es. crisi economica, forte concorrenza, obsolescenza dei prodotti) che giustificano la differenza tra i ricavi dichiarati e quelli stimati.

Se il contribuente fornisce delle giustificazioni valide, su chi ricade l’onere della prova?
L’onere della prova si sposta sull’Amministrazione Finanziaria. È l’Ufficio che deve dimostrare perché le giustificazioni del contribuente non sono valide e perché lo standard statistico è comunque applicabile al caso specifico. Se l’Ufficio non fornisce questa prova contraria, l’accertamento è illegittimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati