Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25894 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25894 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23999/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO -ricorrente- contro
NOME COGNOME
-intimato- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Caltanissetta, n. 3472/2016, depositata il 10 ottobre 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con l’avviso di accertamento n. 89101A300349/2009, relativo all’anno d’imposta 2004, emesso nei riguardi di NOME COGNOME sulla base degli studi di settore, venivano accertati ricavi non dichiarati ai fini IVA per euro 61.202,00. L’Ufficio inoltre, ha quantificato il reddito d’impresa in euro 83.470,00 (a fronte di un valore dichiarato pari a euro 22.268,00) e il valore della produzione, ai fini IRAP, in euro 114.367,00 (a fronte di un valore dichiarato pari a euro 53.165,00).
Il contribuente, con ricorso del 26 giugno 2009, integrato da successive memorie, chiedeva l’annullamento del l’ atto per illegittimità e infondatezza della pretesa impositiva, argomentando sul carattere meramente presuntivo della metodologia di accertamento utilizzata.
L’Ufficio si costituiva in giudizio.
La Commissione tributaria provinciale, con sentenza n. 333/03/2012, depositata in data 10 ottobre 2012, accoglieva il ricorso.
-Avverso tale pronuncia l’Ufficio proponeva atto di appello.
Si costituiva il contribuente.
La Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione staccata di Caltanissetta, con sentenza n. 3472/21/2016, depositata il 10 ottobre 2016 , ha rigettato il ricorso dell’Ufficio.
-L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Il contribuente non ha svolto attività difensiva.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con l’unico motivo si deduce la violazione degli art. 39, comma 1, lett. d, d.P.R. n. 600/73, art. 54 d.P.R. n. 633/72, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. Nel rilevare preliminarmente che i giudici si riferiscono erroneamente all’anno d’imposta 2005 e non all’anno
d’imposta 2004, oggetto di accertamento, parte ricorrente rileva come essi affrontino entità economiche errate (quanto dichiarato per valore di produzione – euro 53.165,00 – e reddito d’impresa dichiarato, pari a euro 22.268,00) e, poi, con formula dubitativa affermino che nella fattispecie ‘(…) non sembra evidenziarsi quella discordanza presupposta dalla legge per le presunzioni di accertamento secondo gli studi di settore ‘. Hanno, inoltre, ritenuto condivisibili le argomentazione e le motivazioni dei gi udici di prime cure, laddove ‘(…) non hanno ritenuto alcun elemento o dato utilizzabile per la quantificazione reddituale riferibile all’attività espletata dal ricorrente nell’anno 2004’ ). In realtà, si deduce che l’Ufficio aveva attivato la fase del contraddittorio (invito n. E00033/2008, notificato in data 15 dicembre 2008), promuovendo la partecipazione del contribuente alla procedura di definizione del reddito con un invito ufficiale cui non fu data risposta. Pertanto, il contribuente non aveva prodotto alcuna documentazione che potesse consentire all’Ufficio un esame approfondito della realtà dell’azienda, né in rapporto alle risultanze contabili, né in relazione alla non congruità scaturente dall’applicazione dello studio di settore.
1.1. -Il motivo è fondato.
In tema di accertamento tributario mediante studi di settore, ai fini del riparto degli oneri probatori, grava sul contribuente l’onere di allegare, ed anche di provare – ancorché senza limitazioni di mezzi e di contenuto – la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre sull’ente impositore quello di dimostrare l’applicabilità dello standard prescelto al caso concreto oggetto di accertamento (Cass. n. 40936/2021; Cass. n. 3415/2015).
Nell’accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore assume rilievo centrale l’obbligatorietà del contradditorio endoprocedimentale, che consente l’adeguamento degli “standards” alla concreta realtà economica del contribuente; l’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità delle elaborazioni statistiche al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone delle più ampie facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa: in tal caso, però, egli assume le conseguenze della propria inerzia, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito (Cass. n. 14981/2020; Cass. S.U. n. 26635/2009).
Nel caso di specie, le affermazioni della Commissione tributaria regionale non si confrontano con il rilievo dello studio di settore e il riparto dell’onere della prova. Il contribuente, infatti, non risulta aver prodotto alcuna documentazione idonea a suffragare una soluzione diversa da quella prospettata, mentre i giudici hanno ignorato del tutto la circostanza, al contrario rilevante sulla base della giurisprudenza di questa Corte, della mancata risposta all’invito al contraddittorio.
2. -La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata e, per l’effetto, va disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria competente, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, l’8 luglio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME