Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20836 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20836 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26615/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA SICILIA n. 2558/2021 depositata il 17/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Sulla base RAGIONE_SOCIALE risultanze degli studi di settore correlati all’ambito dell’attività esercitata dal contribuente, quest’ultimo veniva reso destinatario di un invito a presentarsi, inviatogli dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate, con riferimento all’anno d’imposta 2007. La ricostruzione dei ricavi presumibilmente attribuibili al contribuente sulla scorta dell’impiego dello studio di settore conduceva all’emersione, stando alla prospettazione erariale, di presunti maggiori ricavi per euro 69.072,00. Al contribuente veniva notificato un avviso di accertamento, teso al recupero dei più alti importi dovuti.
La CTP di Messina rigettava il ricorso del contribuente avverso l’atto impositivo.
La CTR della Sicilia ha rigettato il successivo appello del contribuente. Quest’ultimo ha affidato il proprio ricorso per cassazione a due motivi. Ha resistito l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso si contesta la violazione degli artt. 39, co. 1, lett. d), d.P.R. n. 600 del 1973, 62sexies D.L. n. 331 del 1993 e 42 d.P.R. n. 600 del 1973, per avere la CTR trascurato di considerare che l’avviso è ‘ fondato sic et simpliciter sul mero scostamento tra i ricavi calcolati mediante l’applicazione degli studi di settore e quelli dichiarati, senza ulteriori riscontri da parte dell’RAGIONE_SOCIALE e senza tener conto della peculiare realtà aziendale del ricorrente, come ampiamente dimostrato in sede di contraddittorio ‘.
Con il secondo motivo si deduce il ‘ Vizio e/o carenza di motivazione ‘ della sentenza impugnata, la quale, secondo la prospettazione del ricorrente, ‘ pecca nel motivare alla luce di quali parametri il discostamento fra il dichiarato e l’accertato sarebbe da considerarsi legittimamente superiore al 10%’ .
Il primo motivo è infondato.
Giova premettere che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati -meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli ‘ standards ” o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame. L’esito del contraddittorio, tra l’altro, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli ” standards ” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte.
Qualora, peraltro, come nel caso di specie, adducendo quelli che -ancora nel ricorso per cassazione -vengono definiti ‘ motivi personali ‘, il contribuente non dia corso all’invito al contraddittorio,
omettendo di presentarsi alla procrastinata convocazione, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli ” standards “, dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito (v. ex multis Cass., Sez. U. n. 26635 del 2009).
Ogni qual volta, in altri termini, il contraddittorio sia stato regolarmente attivato ed il contribuente ometta di parteciparvi, l’ufficio non è tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri (Cass. n. 27617 del 2018; Cass. n. 21754 del 2017). Risulta pertanto legittimo, nel caso di specie, l’agire dell’Amministrazione finanziaria che, istaurato il contraddittorio con l’odierno ricorrente, ha poi inviato l’avviso di accertamento al contribuente fondandolo sugli studi di settore, in assenza di un’efficace attività di allegazione e prova da parte del contribuente.
L’omessa partecipazione attiva al contraddittorio preventivo del soggetto destinatario dell’accertamento tributario, invero, non gli impedisce di far valere le proprie ragioni in fase contenziosa, ma deve allegare e provare elementi che siano sufficienti a vincere le presunzioni legali che, nelle circostanze descritte, assistono l’operato dell’Ente impositore, e sono comunque idonee a fondare, anche da sole, la validità dell’accertamento, come correttamente affermato dalla decisione impugnata la quale ha rilevato che, neppure in sede di contraddittorio giudiziario, il contribuente ha fornito giustificazioni idonee a consentire una differente valutazione dei valori accertati.
In ultima analisi, nella specie, la CTR ha ritenuto legittimo l’accertamento tributario standardizzato, emesso, ex artt. 39, comma
1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973 e 62-sexies del d.l. n. 331 del 1993, sulla base degli studi di settore, all’esito di un contraddittorio preventivo, a seguito del quale non ha ritenuto assolto l’onere della prova contraria circa l’esistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni giustificanti l’esclusione del contribuente dall’area dei soggetti cui poteva essere applicato quello standard , svolgendo un accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità; la CTR, svolgendo un accertamento di fatto riservato e insuscettibile di rivisitazioni ingerenti in questa sede, ha, inoltre, appurato che nessuna valida contestazione il contribuente ha saputo veicolare in sede giudiziaria.
Giova soggiungere che il contribuente ha, nel giudizio relativo all’impugnazione dell’atto di accertamento, la più ampia facoltà di prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice può liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall’ente impositore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente. In tale sede, invero, è il contribuente che ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards (così Cass. n. 13056 del 2012 che riprende Cass. n. 10778 del 2011; cfr. più recentemente Cass. n. 13908 del 2018).
Tuttavia, dalla motivazione della sentenza impugnata si evince, dunque, che l’accertamento non si è basato solo sullo scostamento dai parametri, ma ha considerato anche le contestazioni sollevate dalla contribuente in sede giudiziaria. La CTR, infatti, osserva che nessuna RAGIONE_SOCIALE contestazioni poteva reputarsi ‘ valida ‘, che le stesse apparivano tutte ‘ generiche ‘, sostanziandosi in ‘ non provate affermazioni di inattendibilità’ .
Il secondo motivo è inammissibile.
La CTR ha reso una motivazione che ben lascia cogliere la ratio decidendi al fondo della pronuncia adottata. Essa ha, infatti, valorizzato il parametro fornito dallo studio di settore collegato all’attività del soggetto, la circostanza che il contribuente abbia omesso di prendere attivamente parte al contraddittorio preventivo, infine la carenza di incisività, attendibilità e specificità RAGIONE_SOCIALE sue contestazioni.
La motivazione resa dai giudici d’appello non scende al di sotto della soglia del c.d. ‘minimo costituzionale’, giovando allora richiamare l’orientamento di questa Corte in base al quale ‘ In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, CPC, disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali ‘ (Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 22598 del 2018).
La censura, pertanto, mira in realtà a contestare la sufficienza della motivazione in vista di un inammissibile riesame di merito, non consentito in sede di legittimità.
Il ricorso va, in ultima analisi, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza nella misura espressa in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.900,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria del 12