LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Accertamento studi di settore: l’appello è valido?

Una società di costruzioni ha impugnato un avviso di accertamento basato sugli studi di settore, che evidenziava uno scostamento del 16,75%. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che tale scostamento è sufficientemente grave da giustificare la rettifica. Inoltre, ha chiarito che l’appello dell’Amministrazione Finanziaria è valido anche se ripropone le argomentazioni del primo grado, purché contesti la decisione impugnata. La sentenza sottolinea l’importanza per il contribuente di fornire prove concrete per superare le presunzioni derivanti dall’accertamento studi di settore.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento studi di settore: quando lo scostamento è grave e l’appello è specifico?

L’accertamento studi di settore rappresenta uno strumento fondamentale per l’Amministrazione Finanziaria nella lotta all’evasione fiscale. Tuttavia, la sua applicazione solleva spesso questioni complesse, sia sulla soglia di scostamento che legittima la rettifica, sia sui requisiti formali delle impugnazioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su entrambi gli aspetti, fornendo chiarimenti cruciali per contribuenti e professionisti.

I fatti del caso

Una società di costruzioni riceveva un avviso di accertamento per IRES, IVA e IRAP relativo all’anno d’imposta 2004. L’accertamento si basava sui risultati degli studi di settore, dai quali emergeva uno scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli presunti pari al 16,75%. La società impugnava l’atto, e la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) accoglieva il ricorso.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello e la Commissione Tributaria Regionale (CTR) ribaltava la decisione di primo grado, ritenendo che la CTP non avesse motivato adeguatamente le ragioni del suo convincimento e non avesse considerato gli elementi di anomalia indicati dall’Ufficio. La società contribuente, a sua volta, ricorreva in Cassazione, lamentando diversi vizi, tra cui la presunta inammissibilità dell’appello dell’Agenzia per mancanza di motivi specifici e l’illegittimità dell’accertamento per non significatività dello scostamento.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando la legittimità della sentenza d’appello e, di conseguenza, dell’operato dell’Amministrazione Finanziaria. La decisione si fonda su due principi cardine: la soglia di rilevanza dello scostamento e la corretta formulazione dell’atto di appello nel processo tributario.

Validità dell’accertamento studi di settore con scostamento del 16,75%

Uno dei motivi principali del ricorso riguardava la sufficienza dello scostamento riscontrato (16,75%) a giustificare un accertamento standardizzato. La Corte ha ritenuto il motivo infondato, affermando che uno scostamento di tale entità è da considerarsi “certamente grave ed idoneo a giustificare l’accertamento”.

I giudici hanno richiamato un precedente orientamento secondo cui “lo scostamento di almeno il 10% tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dagli studi di settore può rappresentare una soglia di sbarramento idonea” per presumere una grave incongruenza. Pertanto, uno scostamento superiore, come nel caso di specie, costituisce un forte indizio della non veridicità della dichiarazione, legittimando la pretesa fiscale.

I requisiti di specificità dell’appello tributario

La società lamentava che l’appello dell’Agenzia delle Entrate fosse inammissibile perché si limitava a riproporre le difese già svolte in primo grado, senza una critica specifica alla sentenza della CTP. La Cassazione ha respinto anche questa doglianza, chiarendo la natura del giudizio d’appello tributario.

La Corte ha spiegato che, a differenza delle impugnazioni a critica vincolata, l’appello mantiene la sua natura di revisio prioris instantiae, ovvero di riesame della controversia. Di conseguenza, è sufficiente che l’appellante individui chiaramente le questioni contestate e le relative doglianze, confutando le ragioni del primo giudice. Nel processo tributario, la riproposizione delle argomentazioni iniziali è considerata sufficiente a integrare il requisito della specificità, quando il dissenso investe la decisione nella sua interezza e le ragioni della censura sono chiaramente ricavabili dall’atto.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la propria decisione sottolineando che l’onere della prova per superare le presunzioni derivanti dall’accertamento studi di settore grava sul contribuente. La CTR aveva correttamente riformato la sentenza di primo grado perché fondata su “considerazioni vaghe” e perché non aveva indicato analiticamente gli elementi che avrebbero dovuto inficiare la pretesa dell’Ufficio. La società ricorrente, anche in sede di legittimità, non ha saputo trascrivere o specificare quali documenti o prove concrete avesse fornito per dimostrare la correttezza della propria dichiarazione e l’erroneità delle conclusioni della CTR. Per quanto riguarda la specificità dell’appello dell’Agenzia, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: l’impugnazione deve contenere una parte volitiva (la richiesta di riforma) e una parte argomentativa che contrasti le ragioni del primo giudice. Questo onere è stato ritenuto assolto dall’Agenzia, la cui impugnazione, sebbene ripropositiva, era chiaramente volta a contestare nel merito la decisione favorevole al contribuente.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida due importanti principi in materia di contenzioso tributario. Primo, uno scostamento dai ricavi stimati dagli studi di settore superiore al 10% è generalmente considerato una grave incongruenza che legittima l’azione accertatrice. Secondo, l’appello dell’Amministrazione Finanziaria non richiede la formulazione di motivi radicalmente nuovi, essendo sufficiente una chiara e argomentata riproposizione delle proprie tesi in contrapposizione alla sentenza di primo grado. Per i contribuenti, ciò significa che, di fronte a un accertamento studi di settore, è essenziale predisporre una difesa basata su prove documentali specifiche e inconfutabili, capaci di giustificare lo scostamento e vincere la presunzione di maggior reddito.

Quando è considerato grave uno scostamento dagli studi di settore?
Secondo la Corte, uno scostamento di almeno il 10% tra i ricavi dichiarati e quelli stimati può rappresentare una soglia di gravità idonea a giustificare l’accertamento. Nel caso esaminato, uno scostamento del 16,75% è stato ritenuto certamente grave.

L’appello dell’Agenzia delle Entrate deve contenere motivi completamente nuovi rispetto al primo grado?
No. La Corte ha chiarito che nel processo tributario è sufficiente che l’Agenzia riproponga le ragioni e le argomentazioni già sostenute in primo grado, purché queste siano dirette a contestare la decisione impugnata nella sua interezza e le ragioni della censura siano chiaramente desumibili dall’atto.

Cosa deve fare il contribuente per contestare efficacemente un accertamento da studi di settore?
Il contribuente ha l’onere di provare la correttezza della propria posizione. Deve fornire prove specifiche e documentate che giustifichino lo scostamento e dimostrino la sua reale capacità contributiva, poiché la sola contestazione generica delle risultanze degli studi di settore non è sufficiente a superare la presunzione legale su cui si basa l’accertamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati