Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26357 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26357 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME DI COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/10/2024
Oggetto: Tributi
Irpef, Irap e Iva 2010
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 5954 del ruolo generale dell’anno 202 3, proposto
Da
NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale su foglio separato allegato al ricorso dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica (PEC) del difensore: EMAIL;
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del AVV_NOTAIO pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia n. 7199/07/2022, depositata in data 29 agosto 2022, non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 settembre 2024 dal Relatore Cons. AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a sei motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia aveva accolto l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, in persona del AVV_NOTAIO pro tempore avverso la sentenza n. 206/02/2017 della Commissione Tributaria Provinciale di Enna di accoglimento del ricorso del suddetto contribuente, esercente attività di vendita di generi alimentari, avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva contestato maggior reddito d’impresa, a i fini Irpef, Irap e Iva, oltre sanzioni, per l’anno 20 10, sulla base anche dell’applicazione degli studi di settore in relazione all’attività esercitata .
In punto di diritto, la CTR – riformando la sentenza di primo grado che aveva accolto il primo motivo di ricorso concernente il difetto di legittimazione attiva per difetto di sottoscrizione dell’atto impositivo, assorbendo i restanti – ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento in questione osservando che:1) l’avviso in questione risultava legittimamente sottoscritto esaminata la documentazione prodotta dall’RAGIONE_SOCIALE (provvedimento prot. n. 2014/24/Reg., atto dispositivo n. 12/2014, a firma del AVV_NOTAIO provinciale AVV_NOTAIO NOME COGNOME del 5 maggio 2014 con cui venivano confermate le deleghe di firma, già conferite dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME del 4 luglio 2013 con cui il AVV_NOTAIO NOME COGNOME, appartenente all’Area Terza, nella sua qualità di capo ufficio controlli era stato incaricato di provvedere a firmare gli accertamenti tributari di importi inferiori
ad un milione di euro, come quello nella specie) trattandosi di delega di firma e non di funzioni, che poteva avvenire anche mediante ordini di servizio, senza l’indicazione del nominativo del soggetto delegato né della durata della delega; 2) infondata era l’eccezione di nullità dell’avviso per omessa allegazione del prospetto del calcolo degli studi di settore generato dal software NOME, atteso che lo stesso risultava essere stato allegato all’invito a comparire notificato al contribuente in data 5.5.2014 e, comunque, nell’avviso di accertamento erano stati riportati tutti gli elementi dello studio di settore ed i calcoli derivanti dal programma NOME, che era disponibile all’uso del contribuente, già in sede di redazione della dichiarazione dei redditi, per verificare la congruità dello studio di settore da allegare alla stessa; 3) era da disattendere l’eccezione di violazione del divieto di doppia presunzione in quanto gli esiti dell’accertamento erano il frutto non solo del rilevato scostamento dai parametri ma anche di ulteriori elementi ( ‘ comparazione dei costi e dei ricavi anche di anni pregressi e successivi; attività che non remunerava i fattori produttivi ‘ ) che avevano trasformato, impiegando dati reali dell’attività esercitata, gli elementi indiziari in presunzione grave, precisa e concordante senza che il contribuente – sul quale si era spostato l’onere probatorio – avesse dimostrato la causa del mancato adeguamento; 3) il riferimento effettuato dall’Ufficio relativo agli immobili in possesso del contribuente costituiva un ulteriore indizio a supporto del rilevato scostamento dal programma NOME, non avendo l’Ufficio ritenuto congruo l’utile dichiarato per il sostentamento dei costi di ordinaria manutenzione dei beni posseduti; 4) infondata era l’eccezione di nullità dell’avviso per carenza e/o incompletezza della motivazione, essendo l’atto completo nei presupposti in fatto e nelle ragioni giuridiche ad esso sottese; 5) già in sede di contraddittorio l’Ufficio aveva evidenziato che l’attività esercitata dal contribuente era stata collocata tra i ‘ comuni a bassissimo benessere ‘ e aveva dimostrato che l’eventuale cambiamento del cluster (da UM0IU a VM0IU) avrebbe differenziato i ricavi di pochi euro; il contribuente non aveva fornito significativi e convincenti argomentazioni in merito alla sussistenza di condizioni che giustificassero l’esclusione dell’impresa dall’area di applicazione degli standards ; 6) in ordine
alla eccepita erroneità nella determinazione RAGIONE_SOCIALE maggiori imposte accertate, l’Ufficio aveva evidenziato che, per quanto concerneva sia l’Irpef che l’Irap, le somme eccedenti di euro 94,00 e di euro 271,00 erano state indicate, nel modello Unico 2011, come credito da utilizzare in compensazione nel successivo anno; 7) quanto all’eccepita illegittimità RAGIONE_SOCIALE sanzioni, le stesse erano dovute per legge sulla base del prospetto di cui alle pagine 18-19 nel quale l’Ufficio aveva analiticamente specificato i minimi edittali e le sanzioni massime previste; inoltre, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 472/97, era stato comparato il cumulo giuridico con quello materiale, al fine di applicare il risultato più favorevole al contribuente.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600/73 per avere la CTR rigettato il motivo di doglianza di nullità dell’avviso in questione per difetto di legittimazione attiva conseguente alla invalidità della delega rilasciata dal AVV_NOTAIO Provinciale di Enna al capo ufficio-controlli, AVV_NOTAIO (sottoscrittore dell’atto) sebbene la stessa fosse priva dell’indicazione di un termine di validità e RAGIONE_SOCIALE ragioni ad essa sottese; quanto alla ammissibilità dei ‘motivi aggiunti’ spiegati dal contribuente relativamente a tale censura, sulla quale il giudice di appello aveva adombrato qualche ‘ dubbio ‘ , era stato, nella specie, rispettato il termine di cui all’art. 24 , comma 2, del d.lgs. n. 546/92 di sessanta giorni dalla data in cui il contribuente aveva estratto copia dei documenti dal fascicolo processuale presso la segreteria della CTP.
1.1.Il motivo è, in parte inammissibile, in parte infondato.
1.2.Inammissibile in quanto non attinente al decisum nella parte in cui si denuncia, nel corpo del motivo, la violazione dell’art. 24, comma 2, del d.lgs. n. 546/92 atteso che la CTR ‘ anche a prescindere dalle argomentazioni prospettate
dall’RAGIONE_SOCIALE appellante in ordine alla asserita inammissibilità del motivo medesimo, ‘aggiunto’ in un secondo momento, rispetto a quelli originari (ammissibilità, in verità, dubbia, prima facie, prendendo in considerazione la data di costituzione dell’Agen zia, avvenuta il 18 marzo 2015, rispetto a quella di presentazione dell’atto di integrazione dei motivi, avvenuta il 15 luglio 2016, presentazione originata dalle difese dell’RAGIONE_SOCIALE)’ ha rigettato nel merito il motivo di censura relativo al difetto di legittimazione attiva per invalidità della delega.
1.3. Infondato nella parte in cui denuncia la violazione dell’art. 42 del d.P.R. n. 600/73.
La delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma – e non di funzioni – poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa (Cass. sez. 5, n. 3292 del 2024; Cass. n. 11013 del 2019 e, più recentemente Cass. n. 28850 del 2019 nonché Cass. n. 26397 del 2020, di questa Sezione, non massimata). L’RAGIONE_SOCIALE può ben produrre in giudizio la delega e ordine di servizio o organigramma per assolvere al proprio onere di corretto esercizio del potere (Cass. sez. 5, n. 2567 del 2024; Cass. sez. 5, n. 1019 del 2024; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 27871 del 31/10/2018, Rv. 651222 – 01; conforme a Cass. Sez. 5, Sentenza n. 24492 del 02/12/2015, Rv. 637837 – 01).
1.4.Nella sentenza impugnata, la RAGIONE_SOCIALE ha fatto buon governo dei suddetti principi nel rigettare il motivo di censura relativo all’assunto difetto di legittimazione attiva per invalidità della delega che si asseriva mancante della indicazione della durata e RAGIONE_SOCIALE ragioni sottostanti. In particolare, il giudice di appello, premessa
la natura di ‘ delega di firma e non di funzioni ‘ della delega per la sottoscrizione dell’avviso di accertamento, ha ritenuto correttamente sottoscritto l’avviso in questione avuto riguardo alla documentazione prodotta dall’RAGIONE_SOCIALE -provvedimento prot. n. 2014/24/Reg., atto dispositivo n. 12/2014, a firma del AVV_NOTAIO provinciale AVV_NOTAIO NOME COGNOME del 5 maggio 2014 con cui venivano confermate le deleghe di firma, già conferite dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME del 4 luglio 2013 con cui il AVV_NOTAIO NOME NOME, appartenente all’Area Terza, nella sua qualità di capo ufficio controlli era stato incaricato di provvedere a firmare gli accertamenti tributari di importi inferiori ad un milione di euro, come quello nella specie -non dovendo l’atto di delega contenere di per sè né l’indicazione del nominativo del soggetto delegato né della durata della stessa né tantomeno RAGIONE_SOCIALE ragioni ad esso sottese.
Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 7, comma 1, della legge n. 212/2000, per avere la CTR rigettato il motivo di censura relativo alla omessa allegazione all’avv iso del prospetto di calcolo degli studi di settore generato dal software NOME, sebbene tale mancata allegazione avesse comportato il mancato assolvimento da parte dell’Ufficio dell’onere probatorio dei fatti costitutivi della pretesa tributaria e il vizio dell’atto per difetto di motivazione.
2.1.Il motivo è infondato.
2.2. In tema di contenzioso tributario, l’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo di motivazione, ai sensi degli artt. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 56 del d.P.R. n. 633 del 1972, ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente l'”an” ed il “quantum debeatur”, sicché lo stesso è correttamente motivato quando fa riferimento ad un processo verbale di constatazione regolarmente notificato o consegnato all’intimato, senza che l’Amministrazione sia tenuta ad includervi notizia RAGIONE_SOCIALE prove poste a fondamento del verificarsi di taluni fatti o a riportarne, sia pur sinteticamente, il contenuto (cfr., ex multis, Cass. n. 27800 del 2019). Nel regime introdotto
dall’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem , ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione, però, che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato , e la cui indicazione consente al contribuente, ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (Cass., 25 marzo 2011, n. 6914), o, ancora, che gli atti richiamati siano già conosciuti dal contribuente per effetto di precedente notificazione (Cass., 25 luglio 2012, n. 13110, Cass., sez. 5, n. 34915 del 2023).
2.3. Nella specie, la CTR si è attenuta ai suddetti principi nel rigettare l’eccezione di dedotta violazione degli artt. 2697 c.c. e 7 dello Statuto del contribuente, atteso che – come accertato con un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità nell’avviso in questione erano riportati ‘ tutti gli elementi dello studio di settore ed i calcoli derivanti dal programma NOME ‘ ; con dando atto della completezza motivazionale dello stesso quanto agli atti richiamati per relationem .
3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione del divieto di doppia presunzione e degli artt. 2727 e segg. c.c. e 39, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600/73 per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso di accertamento in questione sebbene fosse fondato -con un inammissibile doppio passaggio presuntivo ponendo a prova di un fatto ignoto qualcosa che era altrettanto incerto -esclusivamente sullo scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli risultanti, in via meramente indiziaria, sulla base dell’applicazione degli studi di settore senza che tale differenza rispetto agli standards fosse stata suffragata da ‘ulteriori elementi di prova’ emersi in sede di contraddittorio, non potendo costituire elemento probatorio ulteriore l’asserita
‘comparazione dei costi e dei ricavi degli anni pregressi e successivi’ avuto riguardo alla attività commerciale esercitata in un piccolo borgo della Sicilia con applicazione di percentuali di ricarico molto basse per scongiurare la chiusura della stessa.
3.1.Il motivo è in parte inammissibile e, in parte, infondato.
3.2.Va premesso che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente; in tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli standard o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte (Cass., Sez. U., 18 dicembre 2009, n. 26635 e, di recente, Cass., 20 giugno 2019, n. 16545; Cass., 15 luglio 2020, n. 14981; Cass. n. 7080 del 2024).
3.3.Dunque, il procedimento di accertamento standardizzato trova il proprio punto centrale nell’obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale, che consente l’adeguamento degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, determinando il passaggio dalla fase statica (gli standard come frutto dell’elaborazione statistica) alla fase dinamica dell’accertamento (l’applicazione degli standard al singolo destinatario dell’attività accertativa) (cfr. Cass., 15 luglio 2020, n. 14981, citata). In tema di accertamento da studi di settore, ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato e il contribuente abbia omesso di parteciparvi, oppure, anche partecipando, non abbia allegato alcunché per spiegare lo scostamento, l’Ufficio non è più tenuto ad offrire alcuna ulteriore dimostrazione della pretesa esercitata in ragione del semplice disallineamento del reddito dichiarato rispetto ai menzionati parametri. In questo caso, infatti, la rilevazione dello scostamento, a fronte dell’assenza di elementi con cui il contribuente ne spieghi la sussistenza, assume la dignità di indizio grave e preciso, idoneo, pur se unico, a supportare la dimostrazione del fatto ancora sconosciuto, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ. Tanto in ogni caso non pregiudica definitivamente la difesa del contribuente, cui resta sempre il diritto di allegazione e di prova in sede contenziosa, anche per la prima volta, degli elementi idonei a vincere le presunzioni su cui l’accertamento tributario si fonda» (Cass., 11 luglio 2023, n. 19748; Cass. n. 7080 del 2024).
3.4.Peraltro, si è chiarito che il dato che l’accertamento sia «basato» sullo studio di settore non esclude che esso possa trovare anche altre giustificazioni come, ad esempio, riscontrate irregolarità contabili o la ritenuta antieconomicità della gestione aziendale. Un accertamento tributario può dirsi basato su uno studio di settore, dunque, solo quando trovi in esso il suo fondamento prevalente. Tanto non si verifica quando, ad esempio, mediante l’utilizzo degli studi di settore siano emerse incongruenze nella contabilità di impresa che abbiano indotto l’Ente accertatore ad approfondire l’analisi, riscoprendo altri, e prevalenti, indici rivelatori dell’esistenza di una operatività economica non dichiarata, raccogliendo l’Amministrazione finanziaria elementi gravi, precisi e concordanti, posti a fondamento dell’accertamento tributario (cfr. Cass., 6 giugno 2019, n.
15344; v anche Cass. n. 516 del 2023). A fronte, dunque, di condotte aziendali che risultano in netto contrasto con le leggi del mercato, compete all’imprenditore dimostrare, in modo specifico, che la differenza negativa tra costi di acquisto e prezzi di rivendita, emersa dalle scritture contabili, non è dovuta all’occultamento di corrispettivi, ma trova valide ragioni economiche che la giustificano (Cass., 21 dicembre 2018, 33279; Cass., 25 maggio 2021, n. 14294).
3.5. Premesso quanto sopra in ordine alla possibile valenza di indizio grave e preciso, idoneo, pur se unico, della rilevazione dello scostamento, a fronte dell’assenza di elementi con cui il contribuente ne spieghi la sussistenza, fatto salvo sempre il diritto di quest’ultimo di allegazione e di prova in sede contenziosa, degli elementi idonei a vincere le presunzioni, nella specie, il motivo di censura non si attaglia al decisum nella parte in cui assume che l’accertamento in questione fosse basato esclusivamente sullo scostamento rispetto ai parametri, atteso che la CTR, attenendosi ai suddetti principi e con una valutazione in fatto non sindacabile dinanzi al giudice di legittimità, ha affermato che ‘ gli esiti dell’accertamento consistenti in maggiori ricavi il frutto non solo del risultato scaturito da NOME ma anche di ulteriori elementi (comparazione dei costi e dei ricavi anche di anni pregressi e successivi; dimostrazione di attività che non remunerava i fattori produttivi) ‘ ; peraltro, ad avviso della CTR, anche il riferimento nell’avviso agli immobili di cui il contribuente era possessore nell’anno di imposta oggetto di verifica, costituiva ‘ senza dubbio un ulteriore indizio a supporto dello scostamento rilevato dal programma GERICO ‘ non risultando congruo l’utile dichiarato ‘ per il sostentamento di costi di ordinaria amministrazione dei beni posseduti ‘; il rilevato scostamento dai parametri, sommato agli altri elementi contestati, contribuiva a creare un quadro complessivo che legittimava la rettifica operata, tanto più che, come si evince dalla sentenza impugnata, l’Ufficio ‘ già in sede di contraddittorio, … aveva evidenziato che l’attività in analisi era stata collocata tra i comuni a bassissimo benessere ‘. A fronte di tali presunzioni – stimate gravi, precise e concordanti- di maggiori ricavi non dichiarati, il giudice di appello ha
poi ritenuto – con un apprezzamento di merito parimenti insindacabile in questa sede -che ‘ il contribuente non risultava avere fornito significativi e convincenti argomentazioni ‘ a contrario . Infondato è il motivo nella parte in cui denuncia la violazione del divieto di “doppia presunzione” o di “presunzione a catena”; al riguardo, come precisato da questa Corte il «divieto di doppie presunzioni» o «divieto di presunzioni di secondo grado o a catena» non è riconducibile né agli artt. 2729 e 2697 cod. civ. né a qualsiasi altra norma dell’ordinamento ben potendo il fatto noto accertato in base ad una o più presunzioni (anche non legali), purché “gravi, precise e concordanti”, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., legittimamente costituire la premessa di una ulteriore inferenza presuntiva idonea -in quanto, a sua volta adeguata -a fondare l’accertamento del fatto ignoto ( ex multis , Cass. sez. 5, n. 19894 del 2021; n. 20748 del 2019; n. 15003 del 2017; Cass. n. 1289 e n. 9348 del 2015).
Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme in tema di motivazione e di onere della prova (art. 2697 c.c.) per avere la CTR ritenuto la legittimità dell’avviso in questione sebbene: 1) la motivazione dell’atto non fosse stata integrata , anche sotto l’aspetto probatorio e non semplicemente enunciata, con le ‘ragioni’ per le quali erano state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente in sede di contraddittorio ; 2) l’Ufficio non avesse dato prova, ma semplicemente enunciato, né motivato l’esistenza RAGIONE_SOCIALE spese (per la manutenzione degli immobili posseduti non locati né diversamente utilizzati) e il loro quantum .
4.1.Il motivo si espone, in primo luogo, ad un profilo di inammissibilità per difetto di autosufficienza.
4.2. Come è stato recentemente osservato da questa Corte, ‘ In tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza, riferito alla specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi su cui il ricorso si fonda ai sensi dell’articolo 366, n. 6, c.p.c., anche interpretato alla luce dei principi contenuti nella sentenza della Corte EDU, sez. I, 28 ottobre 2021,
r.g. n. 55064/11, non può ritenersi rispettato qualora il motivo di ricorso faccia rinvio agli atti allegati e contenuti nel fascicolo di parte senza riassumerne il contenuto al fine di soddisfare il requisito ineludibile dell’autonomia del ricorso per cassazione, fondato sulla idoneità del contenuto RAGIONE_SOCIALE censure a consentire la decisione ‘ (Cass. 1.03.2022, n. 6769; Cass. n. 24007 del 2022); modulando il principio di specificità ed autosufficienza del ricorso per cassazione ex art. 366, comma 1, nn. 3 e 6, cod. proc. civ. (alla cui stregua il giudice di legittimità deve essere messo nelle condizioni di comprendere l’oggetto della controversia ed il contenuto RAGIONE_SOCIALE censure senza dover scrutinare autonomamente gli atti di causa) in conformità alle indicazioni provenienti dalla Corte di Strasburgo e, dunque, secondo criteri di sinteticità e chiarezza, occorre pur sempre che all’interno del ricorso siano richiamati, sia pure in termini essenziali e per la parte d’interesse, gli atti ed i documenti sottesi alle censure svolte (Cass, Sez. 3, 14.3.2022, n. 81:17, Rv. 664252-01), non essendo sufficiente a soddisfare il requisito ineludibile dell’autonomia del ricorso per cassazione (fondato sulla idoneità del contenuto RAGIONE_SOCIALE censure a consentire la decisione), il rinvio – in assenza di (trascrizione integrale o parziale ovvero, quantomeno, di tale) sintesi contenutistica – agli atti allegati e contenuti nel fascicolo di parte (Cass., Sez. 1, 1.3.2022, n. 6769, Rv. 664103-01; Cass. n. 26007 del 2022). Nella specie, il contribuente non ha assolto, in punto di autosufficienza, all’onere di ri chiamare in ricorso, all’interno della censura, nelle parti rilevanti, il contenuto degli atti difensivi dei gradi di merito in merito alla dedotta eccezione di difetto di motivazione dell’avviso di accertamento onde consentire a questa Corte di verificare gli esatti termini della questione e di averne la completa cognizione al fine di valutare la fondatezza della censura medesima; né tantomeno il contribuente ha riportato in ricorso, all’interno della censura, il contenuto dell’avviso di accertamento (se non un mero stralcio), il giudizio sulla congruità della cui motivazione è fatto oggetto di censura.
4.3. Il motivo è inammissibile anche in quanto, pur denunciando una violazione di norme di legge – peraltro sovrapponendo il piano dell’assunto difetto di motivazione dell’atto impositivo con quello della violazione dell’onere probatorio
a carico dell’Amministrazione – tende ad una inammissibile rivisitazione di un apprezzamento di merito operato dal giudice di appello in ordine alla completezza motivazionale dell’atto in questione (‘ l’avviso di accertamento completo, nei presupposti di fatto e nelle ragioni giuridiche che lo hanno determinato consentendo a controparte la piena conoscenza e l’esercizio del diritto di difesa ‘). Peraltro, pur volendo prescindere dall’asserito fondamento dell’avviso oltre che sullo scostamento dai parametri anche su ulteriori elementi ( comparazione dei costi e dei ricavi anche di anni pregressi e successivi; dimostrazione di attività che non remunerava i fattori produttivi; costi di ordinaria amministrazione dei beni immobili posseduti ), il che, a rigore, non avrebbe implicato l’ obbligo di un preventivo contraddittorio con il contribuente con confluenza dei relativi esiti nella motivazione in cui ricomprendere le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell’attività accertativa fossero stati disattesi (v. Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 9554 del 09/04/2024) nella specie, la CTR ha comunque affermato -con un apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità -che, in sede di espletato contraddittorio, ‘ il contribuente non risultava avere fornito significativi e convincenti argomentazioni al riguardo ‘ .
4.4. Quanto all’assunta ‘mancata prova né motivazione sulle spese e il loro quantum ‘, la censura investe inammissibilmente direttamente l’atto impositivo (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6134 del 13/03/2009; Sez. 5, Sentenza n. 841 del 17/01/2014) e non riguarda neppure indirettamente il “decisum” della sentenza gravata e, come tale, pertanto, si profila inammissibile; in termini è sufficiente il richiamo di Cass., sez. 5, sentenza n. 17125 del 03/08/2007, Cass., sez. 6-5, n. 9812 del 12/5/2016, in relazione al principio secondo il quale: ‹‹ La proposizione, mediante il ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al “decisum” della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi che possano rientrare nel paradigma normativo di cui all’art. 366, comma primo, n. 4 cod. proc. civ. Il ricorso per cassazione, infatti, deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di
pronunzia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione ››.
4.5.In ogni caso la doglianza tende ad una inammissibile rivisitazione di un apprezzamento, in punto di fatto, operato dal giudice di appello avendo quest’ultimo ritenuto sul punto che ‘ il riferimento effettuato dall’Ufficio relativo agli immobili, costituiva senza dubbio un ulteriore indizio a supporto dello scostamento rilevato dal programma NOME, inducendo ad interrogarsi (e rispondendo negativamente al quesito) se, a fronte del possesso di beni mobili e immobili, fosse congruo l’utile dichiarato per i l sostentamento di costi di ordinaria manutenzione dei beni posseduti ‘. Invero, con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (Ci3ss. n. 29404 del 2017; Cass. n. 5811 del 2019; Cass. n. 27899 del 2020; Cass. 18611 e 15276 del 2021; Cass. 37623/22).
5. Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. ‘la violazione e falsa applicazione di norme di diritto’ per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso sebbene fosse nullo per carenza di motivazione essendosi l’Ufficio limi tato a recepire pedissequamente sia le risultanze dello studio di settore che dell’invito al contraddittorio notificato al contribuente, integrato con gli elementi difensivi forniti da quest’ultimo in sede di contraddittorio, senza ulteriori ricerche probatorie.
5.1. Il motivo si espone a profili di inammissibilità.
5.2.In primo luogo, il contribuente in difetto del principio di autosufficienza, non richiama, all’interno della censura, sia pure in termini essenziali e per la parte d’interesse, gli atti difensivi dei gradi di merito in ordine all’eccepito difetto di motivazione, non consentendo alla Corte di valutare, sulla base degli atti, la
fondatezza della censura proposta; inoltre, in violazione dei criteri di autosufficienza e specificità imposti dal codice di rito, con riferimento a ciascun motivo, il contribuente non riporta in ricorso il contenuto dell’atto di avviso in questione, se non un mero stralcio dello stesso.
5.3. Peraltro, il motivo si risolve in una inammissibile censura avverso l’atto impositivo senza che il ricorrente, in violazione dei principi di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, aggredisca una specifica statuizione sul punto del giudice di appello. Invero, come chiarito da questa Corte ‘In tema di ricorso per cassazione avverso sentenza resa dalla Commissione tributaria regionale in grado di appello, poiché l’unico oggetto del giudizio di legittimità è costituito dalla sentenza impugnata, è inammissibile il motivo di ricorso con cui si denuncino direttamente vizi dell’avviso di accertamento’ (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6134 del 13/03/2009; Sez. 5, Sentenza n. 841 del 17/01/2014).
5.4. In ogni caso, la censura -con la quale si denuncia indistintamente un vizio di carenza di motivazione dell’atto impositivo e la violazione dell’onere probatorio a carico dell’Amministrazione mira in sostanza a una inammissibile rivalutazione di un apprezzamento di fatto operato dal giudice di appello circa la completezza motivazionale dell’avviso in questione .
6. Con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., ‘la violazione e falsa applicazione di norme di diritto’ per avere la CTR ritenuto la legittimità dell’atto impositivo (anche) nella parte in cui irrogava le sanzioni amministrative sebbene queste ultime fossero erronee nella loro determinazione nonché per invalidità derivata. In particolare, oltre alla illegittimità RAGIONE_SOCIALE sanzioni conseguente alla illegittimità RAGIONE_SOCIALE maggiori imposte accertate, l’Ufficio avrebbe applicato (a pag. 19 del prospetto) un cumulo giuridico (Irpef euro 283, 00, Irap euro 426,80, Iva euro 2.608,10) senza indicare da dove scaturissero tali sanzioni e avrebbe irrogato in materia di Irpef (pag. 18 del prospetto) una sanzione per presentazione di dichiarazione ‘su modello non conforme o con dati incompleti’
sebbene alcuna contestazione sotto tale profilo fosse contenuta nell’ avviso in questione.
6.1.Il motivo è inammissibile.
6.2.In primo luogo, il contribuente, in violazione del principio di autosufficienza e specificità, non ha richiamato in ricorso, nelle parti di interesse, all’interno della censura, gli atti difensivi dei gradi di merito in ordine all’eccezione di nullità dell’atto impositivo nella parte in cui irroga le sanzioni con ciò impedendo a questa Corte di avere cognizione degli esatti termini della questione e di valutare la fondatezza della censura medesima.
6.3. Peraltro, la doglianza si risolve in una inammissibile critica dell’atto impositivo senza aggredire alcuna statuizione sul punto del giudice di appello.
6.4.In ogni caso, nella specie, la censura tende inammissibilmente ad una nuova interpretazione di questioni di merito, avendo la CTR, con una valutazione in fatto non sindacabile dinanzi al giudice di legittimità, ritenuto che- stante la legittimità dell’accertamento -le sanzioni ‘ restavano dovute per legge sulla base del prospetto della pagina 18 e 19, ove l’Ufficio aveva analiticamente specificato i minimi edittali e le sanzioni massime previste ‘; e che ‘ inoltre, ai sensi dell’art.12 del d.lgs. n. 472/97, aveva comparato il cumulo giuridico con quello materiale, al fine di applicare il risultato più favorevole al contribuente ‘.
7.In conclusione, il ricorso va rigettato.
8.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 1.400,00 per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma in data 26 settembre 2024