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Accertamento studi di settore: la Cassazione decide

Una società di ristorazione ha impugnato un avviso di accertamento fiscale basato sugli studi di settore. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la legittimità dell’operato dell’Amministrazione finanziaria. La sentenza ribadisce che l’accertamento studi di settore si fonda su presunzioni semplici che il contribuente ha l’onere di superare con prove concrete durante il contraddittorio. Viene inoltre chiarito che le garanzie procedurali previste per le verifiche in loco non si applicano a questa tipologia di accertamento.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

L’accertamento da studi di settore: la Cassazione fa il punto

L’accertamento studi di settore rappresenta da anni uno degli strumenti più discussi nel contenzioso tributario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna sull’argomento, offrendo chiarimenti cruciali sulla natura di questo strumento, sull’onere della prova e sulle garanzie procedurali per il contribuente. La decisione analizza il caso di una società di ristorazione che si era vista notificare un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA basato proprio sulle risultanze degli studi di settore.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore della ristorazione impugnava un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2007. L’atto impositivo era stato emesso dall’Amministrazione finanziaria a seguito di gravi incongruenze riscontrate tra i ricavi dichiarati e quelli presunti sulla base dell’applicazione degli studi di settore. Il ricorso della società veniva respinto sia dalla Commissione Tributaria Provinciale sia, in appello, dalla Commissione Tributaria Regionale. Quest’ultima confermava la legittimità dell’accertamento, ritenendo che il contribuente non avesse fornito giustificazioni sufficienti a superare la presunzione di maggiori ricavi derivante dallo scostamento. La società decideva quindi di ricorrere per Cassazione, affidandosi a sei distinti motivi.

Analisi dei motivi di ricorso e l’accertamento studi di settore

I motivi di ricorso sollevati dalla società contribuente toccavano diversi aspetti nevralgici della procedura di accertamento studi di settore. In sintesi, la ricorrente lamentava:
1. Vizio di motivazione: L’avviso di accertamento non avrebbe adeguatamente considerato le osservazioni presentate in sede di contraddittorio.
2. Inapplicabilità dello studio: Errata applicazione dello studio di settore a causa di condizioni non normali dell’attività svolta.
3. Onere della prova: L’Ufficio non avrebbe assolto al proprio onere probatorio, limitandosi ad applicare lo studio di settore senza ulteriori riscontri.
4. Violazione di norme procedurali: Mancato rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni previsto dallo Statuto dei diritti del contribuente prima dell’emissione dell’atto.
5. Motivazione apparente: La sentenza d’appello sarebbe stata generica e non avrebbe risposto alle specifiche contestazioni.

Queste censure miravano a smontare l’impianto presuntivo su cui si fonda l’accertamento basato sugli studi di settore, un meccanismo che parte da dati statistici per ricostruire il reddito del contribuente.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo una disamina puntuale dei principi che governano la materia.

Innanzitutto, i giudici hanno ribadito la natura degli studi di settore come sistema di presunzioni semplici. Ciò significa che lo scostamento tra il reddito dichiarato e gli standard non costituisce di per sé prova legale di evasione, ma un elemento indiziario che acquista valore di prova solo all’esito del contraddittorio con il contribuente. In questo dialogo, spetta al contribuente l’onere di provare, con ogni mezzo, le condizioni specifiche della propria attività che giustificano lo scostamento. Le giustificazioni generiche, come quelle fornite nel caso di specie, non sono sufficienti a vincere la presunzione.

In secondo luogo, la Corte ha affrontato la questione procedurale, chiarendo che la garanzia del termine di sessanta giorni (prevista dall’art. 12, comma 7, della L. 212/2000) non si applica all’accertamento studi di settore. Tale norma, infatti, è specificamente dettata per gli accertamenti che scaturiscono da accessi, ispezioni e verifiche fiscali presso la sede del contribuente, mentre la procedura basata sugli studi di settore ha una sua disciplina autonoma e distinta.

Infine, la Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse adeguata e non meramente apparente, in quanto aveva correttamente confermato la legittimità dell’operato dell’Amministrazione finanziaria. L’Ufficio aveva tenuto conto delle osservazioni del contribuente, spiegando le ragioni per cui erano state in parte disattese. I motivi di ricorso, secondo la Corte, celavano in realtà un tentativo di ottenere un riesame del merito della vicenda, inammissibile in sede di legittimità.

Conclusioni

L’ordinanza in commento consolida l’orientamento giurisprudenziale in materia di accertamento da studi di settore. Emerge con chiarezza l’importanza cruciale della fase del contraddittorio: è in quel momento che il contribuente deve giocare le sue carte migliori, fornendo dati, documenti e argomentazioni concrete per spiegare le peculiarità della propria gestione e neutralizzare la presunzione dell’Ufficio. La decisione conferma che una difesa generica è destinata all’insuccesso. Per i professionisti, la sentenza è un monito a preparare con estrema cura il contraddittorio, poiché le sue risultanze sono determinanti per l’esito dell’intero procedimento, compreso l’eventuale successivo contenzioso.

Un accertamento basato sugli studi di settore è legittimo anche senza una verifica fiscale presso la sede dell’azienda?
Sì. La Corte di Cassazione chiarisce che la procedura di accertamento standardizzato mediante studi di settore è uno strumento alternativo e autonomo rispetto a quello basato su ispezioni e verifiche, e non richiede necessariamente un accesso ai locali dell’impresa.

Cosa deve fare un contribuente per difendersi efficacemente da un accertamento basato sugli studi di settore?
Il contribuente ha l’onere di partecipare attivamente al contraddittorio obbligatorio con l’Amministrazione finanziaria. In quella sede, deve provare con elementi concreti e specifici (e non con giustificazioni generiche) la sussistenza di condizioni che giustificano lo scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli risultanti dagli standard.

L’Amministrazione finanziaria deve attendere 60 giorni dopo il contraddittorio prima di emettere l’avviso di accertamento da studi di settore?
No. La Corte ha stabilito che il termine dilatorio di 60 giorni, previsto dall’art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente, si applica solo agli accertamenti che seguono accessi, ispezioni o verifiche in loco, e non alla diversa ipotesi di accertamento basato sugli studi di settore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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