Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6734 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6734 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
– ricorrente –
contro
COGNOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa in calce al controricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME COGNOME del Foro di Catania e NOME COGNOME del Foro di Milano, che hanno indicato recapito Pec, avendo il contribuente dichiarato di eleggere domicilio presso l’indirizzo PEC del secondo difensore;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 79, pronunciata dalla Commissione Tributaria di secondo grado di Bolzano il 13.7.2018, e pubblicata il 27.7.2018; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME la Corte osserva:
Fatti di causa
L’Agenzia dele Entrate svolgeva verifiche fiscali estese a più anni nei confronti di NOME NOME, medico odontoiatra. Notificava
Oggetto: Irpef ed Irap, 2010 Libero professionista – Avviso di accertamento – Fondato sugli studi di settore – Disciplina.
quindi al contribuente, che non aveva risposto all’invito al contraddittorio, l’avviso di accertamento n. TBA01T301179CODICE_FISCALE avente ad oggetto il maggior reddito di Euro 590.123,00 ritenuto conseguito nell’anno 2010, calcolato in applicazione delle regole previste per gli studi di settore.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria di primo grado di Bolzano, proponendo plurime censure e contestando, tra l’altro, l’inapplicabilità dello studio di settore per calcolare il proprio reddito. Promuoveva quindi anche procedimento di adesione, nel corso del quale l’Amministrazione finanziaria proponeva una cospicua riduzione del maggior reddito contestato, alfine quantificato in Euro 349.443,00, ma la procedura non sortiva esito positivo. La CTP riteneva parzialmente fondate le critiche proposte dal libero professionista, e riduceva l’importo del maggior reddito ritenuto accertato, limitando la pretesa impositiva riconosciuta come legittima alla misura della somma proposta dall’Ente impositore nel corso del procedimento per adesione.
Il contribuente spiegava appello avverso la decisione dei primi giudici, nella parte in cui comunque confermava l’accertamento di un maggior reddito conseguito, innanzi alla Commissione Tributaria di secondo grado di Bolzano. Il giudice del gravame riteneva fondate le difese del ricorrente, ed annullava del tutto la pretesa impositiva.
Ha introdotto ricorso per cassazione, avverso la pronuncia interamente sfavorevole conseguita in grado di appello, l’Amministrazione finanziaria, affidandosi a quattro strumenti d’impugnazione. Resiste mediante controricorso il contribuente.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., l’Agenzia delle Entrate contesta la violazione dell’art. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992, e degli artt. 115
e 116 cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che l’Ente impositore, in sede di appello, abbia prestato ‘acquiescenza’ in ordine alla illegittimità dell’avviso di accertamento.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente censura la violazione degli artt. 32, primo comma, e 39, secondo comma, lett. d), e dbis), del Dpr n. 600 del 1973, dell’art. 51, secondo comma, del Dpr n. 633 del 1972, nonché degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., per avere la CTR ritenuto illegittimo l’accertamento tributario eseguito mediante lo studio di settore, mentre le stesso risulta pienamente legittimo.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria critica l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la CTR erroneamente ritenuto che l’Ente impositore, in sede di appello, abbia prestato ‘acquiescenza’ in ordine alla illegittimità dell’avviso di accertamento.
Mediante il quarto mezzo d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia la nullità della pronuncia impugnata, in conseguenza della violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e dell’art. 36 del D.Lgs. n. 546 del 1992, per essersi la CTR espressa con motivazione meramente apparente, senza nulla dire ‘nel merito delle ragioni per cui annulla integralmente la quantificazione’ del maggior reddito del contribuente, ‘laddove il corretto esercizio del potere sostitutivo avrebbe imposto sia di effettuare la rideterminazione, sia di motivare la rideterminazione, quand’anche fosse stata pari a zero’ (ric., p. 31).
I motivi di ricorso introdotti dall’Ente impositore propongono la contestazione in ogni forma, nullità della sentenza, violazione di legge, omessa pronuncia su fatti decisivi, della decisione adottata
dal giudice dell’appello per aver erroneamente ritenuto che l’Amministrazione finanziaria abbia prestato acquiescenza sulla inutilizzabilità nella specie dello studio di settore ai fini della determinazione del reddito conseguito dal contribuente, che sarebbe stata affermata dai primi giudici, e per aver comunque ritenuto illegittimo il ricorso allo studio di settore, ed avere perciò annullato integralmente l’atto impositivo, invece di procedere alla rideterminazione del corretto reddito ascrivibile al contribuente nell’anno 2010. I motivi di impugnazione presentano evidenti profili di connessione, ed appare perciò opportuno trattarli congiuntamente, per ragioni di sintesi e chiarezza espositiva.
Occorre premettere che il controricorrente ha affermato l’inammissibilità del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, perché mirante in realtà a domandare la rinnovazione dell’accertamento sul fatto processuale, istanza non consentita nel giudizio di legittimità. Questa critica non può essere accolta, perché l’Ente impositore propone critiche relative alla legittimità dell’accertamento tributario realizzato mediante uno studio di settore, nonché in ordine alla corretta interpretazione delle pronunce giurisdizionali ed ai compiti del giudice tributario, investito di un giudizio c.d. di impugnazione merito. Siamo nell’ambito di questioni di diritto, pertanto.
Anche la contestazione relativa all’affermata inammissibilità della riproduzione da parte dell’Agenzia delle Entrate, nel suo ricorso per cassazione, dei rilievi proposti mediante l’avviso di accertamento non può essere accolta, perché è consentito all’Amministrazione finanziaria contestare le affermazioni contenute nella sentenza impugnata richiamando quanto riportato nell’atto impositivo.
Pare ancora opportuno ricordare che le verifiche eseguite nei confronti del contribuente mediante utilizzazione degli studi di settore, come già annotato nell’avviso di accertamento, avevano
comportato una valutazione di non congruità del reddito dichiarato. In particolare, poi, erano stati proposti i rilievi relativi alla incoerenza dell’indicatore ‘resa del riunito’, alla ‘incongruenza dei compensi reiterata nel tempo’ (più anni d’imposta), ed all’incongruenza del reddito dichiarato rispetto alle consistenti spese sostenute, con la conseguenza che l’esercizio dell’attività risultava anche antieconomico. La quantificazione del maggior reddito nei confronti di NOME COGNOME è stato quindi fondato sullo studio di settore applicato, che non risulta contestato tra le parti sia proprio quello da utilizzarsi nella fattispecie.
7.1. L’Amministrazione finanziaria aveva tentato il contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente notificandogli un invito a presentarsi, che la parte non ha però onorato. La difesa del contribuente afferma in proposito che NOME COGNOME non ha ricevuto la comunicazione, ma non indica in qual modo abbia provato l’invalidità della comunicazione dell’avviso. In sede di procedura di accertamento con adesione l’Agenzia delle Entrate proponeva la riduzione del maggior reddito accertato. La procedura non si concludeva positivamente.
7.2. Il giudice di primo grado riteneva corretto il ricorso allo studio di settore al fine di accertare il reddito conseguito dal contribuente, ma valutava anche ricorressero circostanze che imponevano un’adeguata soggettivizzazione dell’accertamento. Pertanto riduceva il maggior reddito da ritenersi conseguito nei limiti proposti dall’Ufficio in sede di accertamento con adesione.
Tanto premesso, scrive la CT di secondo grado che ‘con scritto controdeduttivo il Fisco, nel ripresentare le già esposte argomentazioni, conclude per la conferma della pronuncia in esame, sostenendo che ‘l’operato del giudice di prime cure si è dimostrato giusto e oculato laddove ha ritenuto corretto l’utilizzo dello studio di settore ed ha rideterminato il maggior reddito da
attribuire a controparte in ragione di quanto l’Ufficio aveva a suo tempo proposto in sede di adesione’ (sent. CTR, p. 3).
Quindi il giudice dell’appello annota che ‘nel momento in cui l’Agenzia chiede la conferma della gravata pronuncia’ di primo grado, ‘ne viene a condividere la formulata valutazione di inadeguatezza dell’operato accertamento … da considerarsi quindi non più controversa … stanti la (ormai pacifica) inadeguatezza dell’accertamento in parola e la immotivata rideterminazione del maggior reddito operata dalla Commissione di iniziale istanza, il Collegio non ritiene valide ragioni per respingere il promosso gravame’ (sent. CTR, pp. 2, e 5) proposto dal contribuente, ed in conseguenza ha annullato l’avviso di accertamento.
La decisione adottata dal giudice del gravame risulta effettivamente incomprensibile dal punto di vista logico, e si pone pure in contrasto con consolidati orientamenti interpretativi proposti da questa Corte regolatrice.
9.1. Invero la CT di primo grado aveva affermato espressamente di ritenere legittimo l’accertamento eseguito mediante gli studi di settore, limitandosi a rideterminarne l’importo in riduzione. In conseguenza la tesi del giudice dell’appello, secondo cui i primi giudici avrebbero ritenuto ‘invalido’ l’accertamento, risulta evidentemente non condivisibile. L’Amministrazione finanziaria non doveva proporre una critica avverso una pronuncia che non era intervenuta.
Piuttosto la CT di primo grado, valutato legittimo il ricorso all’accertamento tributario mediante gli studi di settore, ne ha rideterminato l’importo in riduzione in considerazione delle circostanze del caso concreto, e l’Agenzia delle Entrate ha aderito alla rideterminazione del reddito accertato, unica pronuncia emessa dai primi giudici.
9.2. La decisione assunta dai primi giudici, in realtà, in disparte ogni valutazione che non compete in questa sede sulla completezza
della pronuncia, non si discosta dai criteri indicati da questa Corte regolatrice statuendo che ‘nell’accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore assume rilievo centrale l’obbligatorietà del contradditorio endoprocedimentale, che consente l’adeguamento degli “standards” alla concreta realtà economica del contribuente; l’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità delle elaborazioni statistiche al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone delle più ampie facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa : in tal caso, però, egli assume le conseguenze della propria inerzia, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards” , dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito’, Cass. sez. V, 15.7.2020, n. 14981.
9.3. Il giudice dell’appello non evidenzia profili di invalidità dell’accertamento compiuto mediante lo studio di settore, che peraltro non appaiono sussistenti in base all’esame della documentazione accessibile a questa Corte.
Compito della CTR allora, in un giudizio di impugnazione-merito qual è quello tributario, era pertanto quello di verificare se la quantificazione del reddito effettuata mediante lo studio di settore, come ridotta nell’ammontare dal giudice di primo grado, risultasse corretta in relazione al caso concreto, in considerazione di quanto provato, anche mediante presunzioni semplici, dal contribuente, al fine di quantificare quale fosse il reddito di NOME COGNOME da
ritenersi accertato nell’anno 2010. A tanto non ha provveduto il giudice impugnato, ed il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria risulta perciò fondato.
9.3.1. Occorre ancora segnalare come il contribuente lamenti, nel suo controricorso, che le risultanze dello studio di settore non sarebbero attendibili con riferimento alla pretesa incongruenza dell’indicatore ‘resa per riunito’. Fermo restando che il contribuente non riporta i calcoli su cui fonda il proprio rilievo, che non è perciò scrutinabile e non deve comunque essere esaminato in questa sede, sembra in ogni caso opportuno segnalare come questa Corte di legittimità abbia già avuto modo di chiarire che ‘in tema di accertamento induttivo dei redditi, ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, l’Amministrazione finanziaria può fondare il proprio accertamento sia sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili ‘dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio dell’attività svolta’, sia sugli studi di settore, nel quale ultimo caso l’Ufficio non è tenuto a verificare tutti i dati richiesti per uno studio generale di settore, potendosi basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente’, Cass. sez. V, 17.12.2019, n. 33340 (conf. Cass. sez. V, 27.7.2011, n. 16430).
10. In definitiva il ricorso proposto dall’Amministrazione finanziaria deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Bolzano perché proceda a nuovo giudizio, provvedendo anche a regolare le spese di lite del giudizio di legittimità tra le parti.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M .
accoglie il ricorso proposto dall’ Agenzia delle Entrate , cassa la decisione impugnata e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Bolzano perché, in diversa
composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio e provveda anche a regolare le spese processuali del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, il 6.3.2025.