Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16446 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16446 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/06/2025
AVVISO DI ACCERTAMENTO -IRES-IRAP-IVA 2008.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13969/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME COGNOME NOMENOME NOME NOME dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale allegate ai controricorsi,
-controricorrenti – avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia n. 3475/04/2022, depositata il 20 dicembre 2022;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 4 febbraio 2025 dal consigliere relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE notificava, in data 5 dicembre 2013, alla società RAGIONE_SOCIALE, avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con il quale veniva accertato, nei confronti della suddetta società, ai sensi dell’art . 62sexies d.l. 30 agosto 1993, n. 331, conv. dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, per l’anno d’imposta 2008, un maggior reddito d’impresa di € 194.529,00 (a fronte di quello dichiarato di € 33.623,00), con conseguente rideterminazione RAGIONE_SOCIALE imposte dovute IRES, IRAP ed IVA.
Avverso tale avviso di accertamento la società RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso dinanzi alla RAGIONE_SOCIALE Tributaria Provinciale di RAGIONE_SOCIALE la quale, con sentenza n. 85/04/2015, depositata in segreteria il 14 gennaio 2015, lo accoglieva, annullando l’atto impugnato e compensando le spese di lite.
Interposto gravame dall’RAGIONE_SOCIALE , la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado (nuova denominazione della RAGIONE_SOCIALE Tributaria Regionale) della Puglia, con sentenza n. 3475/04/2022, pronunciata il 26 ottobre 2022 e depositata in segreteria il 20 dicembre 2022, rigettava l’appello, condannand o altresì l’Ufficio alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE , sulla base di due motivi (ricorso notificato il 20 giugno 2023).
Resistono con controricorso COGNOME NOME e COGNOME NOME, in qualità di ex-soci della RAGIONE_SOCIALE, nelle more
estinta e cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, nonché COGNOME NOME, già liquidatore della società.
Con decreto del 16 novembre 2024 è stata fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 4 febbraio 2025, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
I controricorrenti hanno depositato memoria.
– Considerato che:
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo l’RAGIONE_SOCIALE eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 62 -sexies d.l. n. 331/1993, conv. dalla l. n. 427/1993, e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva la ricorrente che la decisione impugnata era illegittima, nella parte in cui aveva ritenuto che lo scostamento dallo studio di settore, costituendo una presunzione semplice, andasse corroborata dall’Ufficio con altre prove o presunzioni.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 2, lett. d-ter ), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva, in particolare, la ricorrente che i giudici di secondo grado avevano riconosciuto che l’importo indicato dalla società al rigo F02 dello studio di settore presentato dal contribuente andasse correttamente indicato al rigo F03, e che quindi, avendo l’Ufficio accertato una infedele dichiarazione dei dati rilevanti ai fini dello studio di settore, egli avrebbe potuto emettere l’impugnato avviso di accertamento, determinando induttivamente i ricavi ai sensi dell’art. 39, comma 2, l ett. d-
ter ), cit., sulla base dello studio di settore e senza ulteriori approfondimenti.
Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
In via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione per tardività, sollevata dalla difesa dei controricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Deducono, in particolare, i suddetti controricorrenti che il ricorso per cassazione è stato notificato nei loro confronti (in qualità di ex-soci della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, cancellata, nelle more del giudizio d’appello, dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese) oltre il termine di sei mesi dalla pubblicazione, previsto dall’art. 327 c.p.c., in quanto l’atto è loro pervenuto in data 27 giugno 2023, nel mentre la sentenza di secondo grado è stata pubblicata il 20 dicembre 2023.
L’eccezione in questione è totalmente destituita di fondamento, in quanto il ricorso proposto nei confronti dei suddetti COGNOME e COGNOME è stato notificato a mezzo posta con racc. a/r inviata in data 20 dicembre 2023, e quindi entro il termine di sei mesi dal deposito della sentenza; la notifica, pertanto, deve ritenersi tempestiva, posto che, in questi casi, la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante (e quindi per l’RAGIONE_SOCIALE) al momento della consegna del plico all’ufficio gi udiziario (art. 149, comma 3, c.p.c.).
Sempre in via preliminare, vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate da COGNOME NOME e COGNOME NOME, quali ex-soci della società RAGIONE_SOCIALE, per asserita carenza di interesse ad agire della ricorrente.
Rilevano, in particolare, i predetti soci che il COGNOME era socio della RAGIONE_SOCIALE nella misura del 2% RAGIONE_SOCIALE quote sociali, ed il COGNOME per il 98% RAGIONE_SOCIALE stesse quote, ma che essi non avevano percepito alcun dividendo di liquidazione, e quindi non potevano essere considerati responsabili dei debiti sociali ex art. 2495 c.c.
Anche tali eccezioni sono infondate.
E’ noto che, secondo un orientamento di questa Sezione (Cass. 23 novembre 2016, n. 23916; Cass. 26 giugno 2015, n. 13259; Cass. 31 gennaio 2017, n. 2444), a seguito di cancellazione della società dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese consegue: a ) la definitiva estinzione dell’ente; b ) l’insorgenza di una comunione fra i soci in ordine ai beni residuati dalla liquidazione qualora non fosse stato ripartito l’intero attivo nella fase liquidatoria; c ) la successione, in termini giuridici, per l’operare di un meccanismo di tipo “derivativo-successorio” ex art. 110 c.p.c., degli ex soci nei debiti della società, nei limiti ed alle condizioni previste dalla legge, ossia dall’art. 2495 c.c. (v. anche Cass. 28 settembre 2016, n. 19142; Cass. 26 giugno 2015, n. 13259; Cass. 31 gennaio 2017, n. 2444).
Peraltro, facendo riferimento alle sentenze RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite del 12 marzo 2013, nn. 6070 e 6072, che individuano sempre nei soci coloro che sono destinati a succedere nei rapporti debitori già facenti capo alla società cancellata, ma non definiti all’esito della liquidazione, gli ex soci della società estinta sono successori indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto, o no, di un qualche riparto in base al bilancio finale di liquidazione (cfr., Cass. 7 aprile 2017, n. 9094; Cass. 16 giugno 2017, n. 15035; Cass. 21 gennaio 2018 n. 1713).
In particolare, con la sentenza n. 9094 del 2017, questa Corte ha affermato che: «La possibilità di sopravvenienze attive o anche semplicemente la possibile esistenza di beni e diritti non contemplati nel bilancio non consentono, dunque, di escludere l’interesse dell’RAGIONE_SOCIALE a procurarsi un titolo nei confronti dei soci, in considerazione della natura dinamica dell’interesse ad agire, che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti».
Più di recente, Cass., sez. un., 12 febbraio 2025, n. 3625, ha affermato che «l’interesse ad agire dell’Amministrazione finanziaria non è escluso per il solo fatto della mancata riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, potendo tale interesse radicarsi in altre evenienze, quali la sussistenza di beni e diritti che, per quanto non ricompresi in questo bilancio, si siano trasferiti ai soci, ovvero l’escussione di garanzie; la verifica del presupposto dell’avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, concernendo un elemento che deve essere dedotto nella fase di accertamento da indirizzarsi direttamente nei confronti dei soci ex art. 36 comma 5 d.P.R. n. 602/1973, non può avere ingresso nel giudizio di impugnazione introdotto dalla società avverso l’avviso di accertamento ad essa originariamente notificato, quand’anche questo giudizio venga poi proseguito, a causa dell’estinzione della società per cancellazione dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese, da o nei confronti dei soci quali successori della società stessa».
Nel caso di specie, si è verificata proprio un’ipotesi di prosecuzione del giudizio (originariamente introdotto dalla società nei cui confronti è stato effettuato l’accertamento) verso gli ex-soci della società estinta in corso di giudizio, rispetto ai quali, quindi, non può porsi la questione della verifica della
riscossione RAGIONE_SOCIALE somme da parte degli stessi soci in sede di liquidazione (in questo senso anche Cass. 19 aprile 2018, n. 9672), e persiste comunque l’interesse ad agire dell’Amministrazione per la conferma dell’accertamento societario e la sussistenza del credito tributario, fermo restando che potrà essere sollevata, in sede di riscossione, la questione della verifica dell’effettiva ripartizione di somme in capo agli stessi.
Ulteriore eccezione preliminare di inammissibilità è stata sollevata dalla difesa di COGNOME NOME, convenuto in giudizio dinanzi a questa Corte non già come ex-socio (e quindi successore ex art. 2495 c.c.) della società RAGIONE_SOCIALE, bensì come ex-liquidatore della stessa società.
Tale eccezione è stata fondata sulla circostanza riguardante l’assenza della qualità di liquidatore, in quanto, al momento della notificazione del ricorso, era trascorso il termine di cinque anni dalla cancellazione della società dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese (ex art. 28, comma 4, d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175), ed egli era quindi comunque decaduto dalla carica.
Sul punto, al di là della questione della decadenza dalla carica, va rilevato in ogni caso che, ai sensi dell’art. 36, comma 4, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, sussiste la responsabilità degli amministratori di società che hanno compiuto atti di liquidazione nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali, purché essa si fondi su un atto di accertamento di responsabilità notificato agli stessi amministratori (art. 36, comma 5, d.P.R. n. 602/1973).
Nel caso di specie, non vi è alcun atto di accertamento di responsabilità degli amministratori/liquidatori della società RAGIONE_SOCIALE, ma vi è soltanto una prosecuzione del giudizio nei confronti dei soci per estinzione della società in corso di causa, e quindi gli unici legittimati passivi sono esclusivamente questi ultimi, e non anche l’ex -liquidatore, la cui responsabilità per i debiti sociali, al momento, non è stata accertata dall’Ufficio.
Ne consegue, pertanto, che il ricorso proposto dall’RAGIONE_SOCIALE nei confronti di COGNOME NOME deve ritenersi inammissibile.
Procedendo ora all’esame del ricorso nei confronti degli ex -soci COGNOME e COGNOME, il primo motivo deve ritenersi fondato.
6.1. La RAGIONE_SOCIALE ritiene insufficiente, ai fini dell’accertamento, l’applicazione dello studio di settore.
Deve tuttavia osservarsi che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la determinazione del reddito mediante l’applicazione degli studi di settore, a seguito dell’instaurazione del contraddittorio con il contribuente, è idonea a integrare presunzioni legali che sono, anche da sole, sufficienti ad assicurare un valido fondamento all’accertamento tributario, ferma restando la possibilità, per il contribuente che vi è sottoposto, di fornire la prova contraria, nella fase amministrativa e anche in sede contenziosa (Cass. 18 settembre 2019, n. 23252). Più in particolare, la procedura di accertamento tributario standardizzato tramite studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standard in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della
normale redditività – ma nasce soltanto in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente (Cass. 11 febbraio 2020, n. 3172; Cass. 30 ottobre 2018, n. 27617).
Gli studi di settore, quindi, rappresentando la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analiticoinduttivo, dell’art. 39, comma 1, lett. d ), del d.P.R. n. 600/1973, che deve essere necessariamente svolto in contraddittorio con il contribuente, sul quale, nella fase amministrativa e, soprattutto, in quella contenziosa, incombe l’onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello “standard” prescelto al caso concreto oggetto di accertamento (Cass. 20 febbraio 2015, n. 3415). La legittimità dell’accertamento tributario fondato sugli studi di settore, ed il ricordato orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, sono stati confermati anche in sede sovranazionale (Corte giustizia UE 21 novembre 2018, in causa C-648-16).
La RAGIONE_SOCIALE ha quindi erroneamente applicato la normativa sugli studi di settore, in quanto onere dell’Ufficio era solo quello di applicare il corretto studio di settore pertinente al settore merceologico in oggetto e di attivare il contraddittorio
preventivo, con la conseguenza che le presunzioni degli studi di settore acquisiscono il carattere della gravità, precisione e concordanza, idoneo a giustificare un accertamento analiticoinduttivo ex art. 39, comma 1, lett. d ), d.P.R. n. 600/1973 (Cass. 2 maggio 2023, n. 11366).
6.2. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo.
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti di COGNOME NOME.
Accoglie il primo motivo di ricorso nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, e dichiara assorbito il secondo motivo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2025.