Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30039 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30039 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/11/2025
ORDINANZA
n. 12952/2018 R.G.
COGNOME.
Rep.
A.C. 8 luglio 2025
OGGETTO : IVA, IRPEF e IRAP -Reddito d’impresa – Studi di settore.
sul ricorso (iscritto al n. 12952/2018 R.G.) proposto da:
COGNOME NOME (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato AVV_NOTAIO COGNOME , con domicilio digitale in atti;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall ‘ Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata presso gli uffici di quest ‘ ultima, siti in Roma, alla INDIRIZZO, con domicilio digitale in atti;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Piemonte n. 1528/02/2017, pubblicata il 30 ottobre 2017;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio dell ‘ 8 luglio 2025, dal AVV_NOTAIO;
letta la memoria illustrativa depositata nell ‘ interesse del ricorrente, ai sensi dell ‘ art. 380bis .1. c.p.c.;
FATTI DI CAUSA
1.- In punto di fatto e limitando l ‘ esposizione alle sole circostanze rilevanti in questa sede, si osserva che l ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emetteva avviso di accertamento per l ‘ anno d ‘ imposta 2007, a carico del contribuente COGNOME, che svolge attività di lavori di completamento e finitura di edifici, accertando un maggior reddito per imposte dirette e IVA. Nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, dunque, il contribuente contestava il mancato riconoscimento dell ‘ IVA con applicazione dell ‘ aliquota agevolata (il cd. reverse charge) nonché l ‘ applicazione dello studio di settore così come rivisto dall ‘ amministrazione finanziaria. Quest ‘ ultima, infatti, dall ‘ esame della documentazione richiesta, aveva rilevato imprecisioni nella compilazione degli studi di settore e un ‘ irregolare tenuta della contabilità.
La CTP di Alessandria, con la sentenza di primo grado, rigettava il ricorso giudicando infondate le doglianze del contribuente. Con particolare riguardo al reverse charge, evidenziava che, nel caso in esame, non era stata fornita alcuna prova della sussistenza dei requisiti valevoli a legittimare l ‘ applicazione dell ‘ aliquota agevolata. Inoltre, non risultava alcuna dichiarazione particolare per giustificare lo scostamento del ricavo puntuale, in quanto il contribuente aveva fatto rilevare soltanto il momento di forte crisi del settore edile e della pavimentazione.
2.- Il contribuente proponeva appello, sostenendo che il giudice di primo grado andava censurato per carenza di motivazione e, in particolare, perché aveva tralasciato di motivare se gli studi di settore fossero stati applicati legittimamente, vale a dire se l ‘ amministrazione finanziaria avesse affiancato alle risultanze degli studi specifiche indagini a sostegno di queste ultime. Pertanto, in via pregiudiziale censurava l ‘ applicabilità dello studio di settore come rielaborato dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed evidenziava la violazione del principio di buona fede e di tutela
dell ‘ affidamento, non avendo l’amministrazione finanziaria attribuito alcuna rilevanza della realtà specifica dell ‘ azienda.
Sosteneva, inoltre, la violazione del principio costituzionale della capacità contributiva che deve essere effettiva e, per quanto riguarda il mancato riconoscimento del regime agevolato del reverse charge, assumeva che si dovesse tenere conto dell ‘ esistenza di contratti di subappalto verbali che potevano essere agevolmente desunti dal comportamento effettivo RAGIONE_SOCIALE parti contraenti.
La CTR del Piemonte, con la sentenza impugnata, rigettava l ‘ appello osservando che: « Il rilievo non specificamente contestato per la voce ratei passivi determina la definitività della ripresa. L’attività di accertamento non si è basata sulla mera applicazione dello studio di settore in quanto, essendo inattendibili le scritture contabili esaminate, è stata effettuata la ricostruzione dei ricavi per l’anno 2007 con ricompilazione dello studio di settore. Il contribuente nonostante fosse stato invitato dall’Ufficio non ha prodotto motivazioni utili a confutare il maggiore reddito e pertanto le censure riguardanti la mancata valutazione RAGIONE_SOCIALE giustificazioni risulta destituita di fondamento. ».
3.- Avverso la menzionata sentenza d ‘ appello, il contribuente NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
4.- L ‘ RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
5.- Il contribuente ha depositato memoria illustrativa, ai sensi dell’art. 380bis .1. c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., la nullità della sentenza impugnata, per la sua motivazione apparente, deducendo la violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 112 c.p.c.
Sostiene, in particolare, che nella motivazione della sentenza impugnata mancherebbero l’indicazione dei fatti rilevanti, l’esplicazione della pretesa impositiva e RAGIONE_SOCIALE contestazioni della controparte e
l’illustrazione e la valutazione degli elementi di prova addotti dal contribuente. L’ iter della motivazione sarebbe affidato ad una sequenza di affermazioni che ripercorrono la tesi del contribuente e dell’ufficio ed astratte, quali « il rilievo non specificatamente contestato per la voce ratei passivi determina la definitività della ripresa », disancorate dalla fattispecie concreta.
2.- La censura è infondata.
Se è certamente vero, infatti, che l’affermazione « il rilievo non specificatamente contestato per la voce ratei passivi determina la definitività della ripresa », risulti succinta, è nondimeno altrettanto innegabile come il prosieguo della motivazione renda piuttosto evidente come la CTR abbia respinto l’appello perché: 1) l’accertamento non si è basato solo sugli studi di settore, ma anche su una ricompilazione dello studio con ricostruzione dei ricavi in ragione dell’inattendibilità RAGIONE_SOCIALE scritture contabili; 2) le giustificazioni addotte dal contribuente prima dell’avviso non sono state prese in considerazione in quanto il contribuente nonostante fosse stato invitato dall’Ufficio non aveva dedotto (e dimostrato) ragioni utili a confutare il maggiore reddito.
Occorre, dunque, dare atto che la motivazione della sentenza impugnata non è né insufficiente o mancante, né contraddittoria e tanto meno apparente, atteso che, per come dato atto nella parte relativa allo svolgimento del processo, essa risulta congrua, logicamente argomentata ed effettiva sia dal punto di vista grafico che contenutistico (Cass. civ., Sez. U., sentenza n. 8053 del 7 aprile 2014, Rv. 629830-01), ponendosi senz’altro in linea con il minimo costituzionale di cui all’art. 111, comma 6, Cost.
Al riguardo, deve, infatti, ricordarsi il principio nomofilattico in base al quale « La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo
costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione » (Cass. civ., Sez. U., sentenza n. 8053 del 7 aprile 2014, Rv. 629830-01, cui hanno fatto seguito numerose pronunce conformi RAGIONE_SOCIALE sezioni ordinarie, tra cui Cass. civ., Sez. 1, ordinanza n. 7090 del 3 marzo 2022, Rv. 664120-01, nonché Cass. civ., Sez. T, ordinanza n. 6986 del 9 marzo 2023, Rv. 667340-01, in motivazione).
3.- Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., la « motivazione insufficiente » in ordine ad un fatto decisivo costituito dalle ragioni che il contribuente aveva trasmesso all’amministrazione finanziaria ottemperando all’invito al contraddittorio e la violazione degli artt. 62bis e 62sexies d.l. n. 331 del 1993 (conv. con modif. dalla l. n. 427 del 1993).
Sostiene, in particolare, che i giudici di primo grado, con ragionamento che ha ricevuto l ‘ avallo della CTR avrebbero omesso di spiegare le ragioni che inducevano a ritenere inconferente sul piano economico la tipologia di mercato specifico in cui operava il contribuente ed in particolare i picchi temporali di lavoro che necessitavano di manodopera che veniva reperita tramite artigiani sub-appaltatori.
Assume, altresì, che « i Giudici d’appello antecedentemente alla valutazione della congruità della documentazione prodotta dal contribuente, avrebbero dovuto – in sede di ricognizione dell’intero carteggio della controversia – esaminare se l’Ufficio accertatore avesse o
no posto in essere le attività istruttorie, in particolare interne (ricerche catastali ove era possibile evincere che le ditte appaltatrici non erano proprietarie degli immobili in questione), al fine di approfondire il quadro probatorio nell’ottica dell’intera posizione fiscale del contribuente. » (cfr., all’uopo, il ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità, alla pag. 6).
Non sarebbe sufficiente, dunque, l ‘ applicazione automatica RAGIONE_SOCIALE risultanze dello strumento standardizzato proprio dell’attività economica esercitata dal contribuente, ma risulterebbe essenziale che siano valorizzate le caratteristiche peculiari di ciascuna attività oggetto di controllo anche mediante l’acquisizione di ulteriori elementi.
La motivazione dell’atto impositivo sarebbe dunque insufficiente in quanto, in netta violazione de ll’ art. 62sexies d.l. n. 331 del 1993 e dell ‘ art. 39 d.P.R. n. 600 del 1973, sarebbe stato tralasciato di chiarire se gli studi stessi fossero stati applicati legittimamente, vale a dire se l’amministrazione finanziaria avesse affiancato alle risultanze degli studi specifiche indagini di supporto, cosi da valorizzare le caratteristiche peculiari di ciascuna attività oggetto di controllo, sino a fornire la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello standard prescelto. In altri termini, secondo la prospettazione del ricorrente, nell ‘ avviso d’accertamento risulterebbe « completamente assente un’analisi approfondita da parte dell’ufficio di quella che è la realtà economica dell’Azienda che si sta “controllando” i riferimenti contenuti nell’avviso d’accertamento sono generici, incompleti, parziali. ».
4.- La censura risulta palesemente inammissibile, sotto plurimi profili.
È senz’altro inammissibile , anzitutto, sotto il profilo del vizio denunciato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., trattandosi di censura formulata in violazione del disposto di cui all’art. 348 -ter c.p.c., ora art. 360, comma 4, c.p.c., vertendosi, nella specie, in ipotesi di doppia pronuncia di merito conforme in relazione alle censure dedotte, peraltro senza che il ricorrente si sia minimamente premurato di assolvere
all’onere di indicare i profili di divergenza tra le ragioni di fatto a base della decisione di primo grado e quelle a base del rigetto dell’appello, com’era invece necessario per dar ingresso alla censura proposta (cfr. Cass. civ., Sez. 1, sentenza n. 26774 del 22 dicembre 2016, Rv. 643244-03; Cass. civ., Sez. 2, sentenza n. 5528 del 10 marzo 2014, Rv. 630359-01 e, più recentemente, Cass. civ., Sez. 3, ordinanza n. 5947 del 28 febbraio 2023, Rv. 667202-01).
Non v’è, poi, evidenza alcuna di precisi fatti storici la cui valutazione sarebbe stata omessa, ma, semmai, di argomentazioni e tesi sviluppate dal ricorrente, in particolare circa la necessità di tenere conto della specificità propria del settore di riferimento dell’impresa del contribuente e le sue caratteristiche peculiari, anche mediante l’acquisizione di elementi ulteriori rispetto alle risultanze degli studi di settore.
Con riguardo alla dedotta violazione degli artt. 62bis e 62sexies d.l. n. 331 del 1993 (conv. con modif. dalla l. n. 427 del 1993), è appena il caso di ricordare il consolidato orientamento di questa Corte regolatrice in base al quale « Le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all ‘ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l ‘ interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente l ‘ applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell ‘ attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell ‘ assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non
rientra nell ‘ ambito applicativo dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, l ‘ allegazione di un ‘ erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo RAGIONE_SOCIALE risultanze di causa che è, invece, esterna all ‘ esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità. » (Cass. civ., Sez. 1, ordinanza n. 640 del 14 gennaio 2019, Rv. 652398-01; conf. Cass. civ., Sez. 3, sentenza n. 7187 del 4 marzo 2022, Rv. 664394-01; cfr., altresì, in epoca recente, Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 25182 del 19 settembre 2024, secondo cui in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un ‘ erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge ed implica, pertanto, un problema interpretativo di quest ‘ ultima, laddove l ‘ allegazione di un ‘ erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è mediata dalla contestata valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze di causa ed inerisce, pertanto, alla tipica valutazione del giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità unicamente sotto l ‘ aspetto del vizio di motivazione).
In altri termini, in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un ‘ alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (Cass. civ., ordinanza n. 10927 del 23 aprile 2024, Rv. 670888-01). E ciò, in quanto il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e
della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 32505 del 22 novembre 2023, Rv. 669412-01).
Nella specie, la doglianza, nel mirare, con tutta evidenza, alla rivalutazione degli elementi probatori già vagliati dalla CTR e ad una differente ricostruzione della vicenda fattuale già operata esaminata da quest’ultima -con particolare riguardo ai presupposti valevoli all’applicabilità degli studi di settore e agli ulteriori elementi probatori che erano stati affiancati alle risultanze degli studi di settore -, si infranga irrimediabilmente contro i principi sopra ampiamente enunciati.
5.- Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 l. n. 212 del 2000.
Sostiene, al riguardo, che la sentenza impugnata avrebbe dovuto riconoscere che l’amministrazione finanziaria , non avendo attribuito alcuna rilevanza alla realtà specifica dell’impresa del contribuente, avrebbe dimostrato di non volere tenere in alcun conto il profilo specifico di quest’ultimo , la sua storia, la serie temporale RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni presentate, le caratteristiche specifiche della sua attività violando sostanzialmente il principio della tutela dell’affidamento e della buona fede del contribuente.
6.- Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 17, comma 6, d.P.R. n. 633 del 1972.
Sostiene, al riguardo, che tale disposizione non richiede, in alcun modo, la necessaria presenza di un contratto scritto di subappalto (come inizialmente asserito dall’amministrazione finanziaria in fase di contraddittorio) né tanto meno alcuna certificazione, basando quindi
l’effettività dell’applicazione del regime del cd. ‘ reverse charge ‘ sull’esistenza di un contratto di subappalto concluso anche in forma verbale e sul comportamento effettivo RAGIONE_SOCIALE parti contraenti.
Assume, dunque, che in considerazione del dato normativo la CTR comunque dovuto ritenere dimostrata la sussistenza nel caso di specie del contratto di subappalto e, quindi, dell’effettivo pagamento dell’IVA da parte di un soggetto finale, una volta constatato che nella descrizione RAGIONE_SOCIALE singole fatture risultava presente e ben indicato il cantiere di svolgimento della prestazione.
7.- Anche tali censure , senz’altro suscettibili di essere scrutinate congiuntamente, risultano palesemente inammissibili, in quanto dirette a denunciare, con tutta evidenza, un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo RAGIONE_SOCIALE risultanze di causa (particolarmente con riguardo all’esistenza dei presupposti fattuali valevoli a giustificare l’applicazione del regime agevolato del cd. reverse charge) che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (cfr. le già citate Cass. civ., Sez. 1, ordinanza n. 640 del 14 gennaio 2019, Rv. 652398-01; conf. Cass. civ., Sez. 3, sentenza n. 7187 del 4 marzo 2022, Rv. 664394-01; cfr., altresì, in epoca recente, Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 25182 del 19 settembre 2024).
8.- Con il quinto (e ultimo) motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 23, 35 e 53 Cost.
Sostiene, al riguardo, che l’ accertamento operato con la semplice applicazione degli studi di settore sarebbe illegittimo essendo assolutamente illogico basare un accertamento su calcoli statistici e presunti o applicati in modo generalizzato agli esercenti le cosiddette libere attività, senza, cioè, considerare in concreto le modalità di svolgimento dell’attività; qualsiasi tipo di accertamento, soprattutto se di tipo induttivo come gli studi di settore, dovrebbe essere adeguato alla
particolare situazione dell’impresa o della professione e non potrebbe assolutamente prescindere dal considerare le peculiarità dell’attività in concreto svolta.
9.- Anche tale censura risulta palesemente inammissibile.
Ed invero, come chiarito in sede nomofilattica da questa Corte regolatrice, la violazione RAGIONE_SOCIALE norme costituzionali non può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegitt imità costituzionale della norma applicata (Cass. civ., Sez. U, sentenza n. 25573 del 12 novembre 2020, Rv. 659459-01).
Aggiungasi che questa Corte regolatrice, sempre a sezioni unite (Sentenza n. 11167 del 6 aprile 2022, Rv. 664412-01), ha successivamente chiarito che la violazione o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme costituzionali può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. quando tali norme siano di immediata applicazione, non essendovi disposizioni di rango legislativo di cui si possa misurare la conformità ai precetti della Carta fondamentale.
Orbene, con espresso riguardo alla fattispecie in esame, il ricorrente, lungi dal sollevare un’eccezione di illegittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALE norme che prevedono e disciplinano i cd. studi di settore, si è limitato a richiedere solo la cassazione della sentenza impugnata, fa menzione di norme di rango costituzionale di immediata applicazione senza argomentare alcunché in proposito, sicché la censura non risulta munita dei requisiti valevoli a sottrarla alla valutazione – e conseguente declaratoria d’inammissibilità , per le ragioni riconducibili ai principi già sopra enucleati.
10.- In conclusione, il ricorso deve essere respinto e il contribuente condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.
11.- Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi €. 5.900,00 (euro cinquemilanovecento/00), oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 8 luglio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME