Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31927 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 31927 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/12/2024
Avv. Acc. IRES 2008
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12973/2016 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 721/22/2016, depositata in data 11 febbraio 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 ottobre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che
In data 07/11/2013 l’Agenzia delle Entrate -direzione provinciale II di Roma – notificava a Settimio Colaceci l’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE per l’anno di imposta 2008. In
particolare, l’Ufficio aveva accertato un maggior reddito in capo al contribuente in ragione della sua quota di partecipazione del 100% nella RAGIONE_SOCIALE nei confronti di tale società era stato emesso avviso di accertamento, resosi definitivo, con il quale era stato determinato il reddito d’impresa in € 185.080,00; per l’effetto, era stato proporzionalmente determinato il reddito del contribuente in € 103.776,00.
Avverso l’avviso il contribuente medesimo proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Roma; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 17367/26/2014, rigettava il ricorso.
Contro tale decisione proponeva appello NOME COGNOME dinanzi la C.t.r. del Lazio; si costituiva in giudizio anche l’Agenzia delle Entrate, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 721/22/2016, depositata in data 11 febbraio 2016, la C.t.r. adita rigettava l’appello del contribuente.
Avverso la sentenza della C.t.r. del Lazio, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 17 ottobre 2024 per la quale il contribuente ha depositato memoria.
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riguardo alla mancata verifica da parte dei giudici dell’allegazione dell’avviso di accertamento nei confronti della società all’avviso di cui è causa (art. 360, primo comma, n. 5, del cod. proc. civ.)» il contribuente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha pretermesso di verificare negli atti e nei documenti allegati dalle parti se l’avviso di accertamento asseritamente
notificato alla società fosse stato effettivamente allegato all’odierno avviso impugnato, integrandone la motivazione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riguardo all’omessa verifica da parte dei giudici di seconde cure della (non) sopraggiunta definitività dell’avviso presupposto (art. 360, primo comma, n. 5, del cod. proc. civ.)» il contribuente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di verificare se in corso di causa si fossero effettivamente verificati i presupposti perché l’avviso di accertamento nei confronti della società fosse divenuto definitivo, legittimando l’ufficio a procedere nei confronti del contribuente nei termini e con le modalità dedotte nell’odierno atto impugnato (la C.t.r. ha ritenuto motivo nuovo questa doglianza).
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riguardo alla verifica della legittimazione attiva del funzionario preposto alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento impugnato (art. 360, primo comma, n. 5, del cod. proc. civ.)» il contribuente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto raggiunta la prova della legittimazione attiva del funzionario firmatario dell’atto, omettendo di verificare se effettivamente la delega di funzioni emessa dal Dirigente nei confronti del funzionario fosse stata prodotta o, quanto meno, esibita in giudizio, laddove dagli atti e dai verbali di causa non risulta in alcun modo che una delega sia mai entrata a far parte degli atti del processo, contrariamente a quanto dichiarato in sentenza.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile con riferimento alla doglianza di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., secondo
comma, rilevando l’applicazione, nella fattispecie, della previsione di cui all’art. 348 ter ultimo comma c.p.c. vigente ratione temporis , , così come riformulato dal d.l. 22/6/2012, n. 83 conv. nella legge 11/8/2012, n. 143 che, per l’ipotesi di cd. doppia conforme, avendo il giudice di appello confermato la sentenza di primo grado di rigetto del ricorso del contribuente, sulla base delle medesime ragioni inerenti alle questioni di fatto a sostegno della sentenza di primo grado, preclude la deducibilità in sede di legittimità del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360, primo comma cod. proc. civ. Tale nuova norma è sicuramente applicabile alla fattispecie in oggetto atteso che l’atto di appello è stato depositato in data 17 marzo 2015 e, quindi, ben oltre il trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione.
2.1. Invero, la circostanza dell’allegazione è stata comunque anche esaminata ed accertata esplicitamente dalla C.t.r., sicché il motivo risulta anche infondato. Ove poi parte ricorrente avesse voluto sostenere l’erroneità in fatto di tale accertamento, avrebbe dovuto proporre piuttosto la censura con il mezzo della revocazione.
Quanto al secondo motivo di ricorso, ossia quello relativo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di verificare se in corso di causa si fossero effettivamente verificati i presupposti perché l’avviso di accertamento nei confronti della società fosse divenuto definitivo, con esso il ricorrente lamenta che la RAGIONE_SOCIALE risultava cessata in data 31 dicembre 2011 e quindi l’avviso di accertamento notificato alla società era inesistente e conseguentemente inesistente a sua volta diventava l’avviso notificato al socio; socio che, peraltro, il 29 dicembre 2010, aveva rassegnato le dimissioni dalla carica di amministratore unico e il 3 Marzo 2011 aveva ceduto alla società le sue quote sociali.
Tale doglianza è stata ritenuta inammissibile dalla C.t.r. perché costituente domanda nuova non sollevata in primo grado.
3.1. Orbene, la motivazione della sentenza impugnata poggia su due rationes decidendi ossia la novità dell’eccezione relativa all’estinzione della società all’epoca della notifica dell’atto impositivo (ritenuta perciò inammissibile) e la responsabilità diretta del contribuente (socio al 100%) per effetto di un fenomeno di tipo successorio conseguente alla cancellazione della società dal registro delle imprese, a seguito dell’estinzione. Senonché, sin dal ricorso introduttivo (come evidenziato per autosufficienza nel ricorso per cassazione) la parte contribuente aveva allegato (anche) la mancanza di un consolidato accertamento dell’esistenza di utili occulti conseguiti dalla società, tanto più sul presupposto che il relativo atto impositivo era in corso di notifica.
Tanto premesso circa l’ammissibilità nel merito della relativa censura, l’irrevocabilità dell’accertamento societario è smentit a ex actis dal fatto che proprio l’Ufficio erariale deduce che l’accertamento societario è stato notificato il 6/9/2013, mentre la società si era estinta dal 31/12/2011 (all. 9 al ricorso, indicato a pag. 13 del ricorso come allegato all’appello); sicché, una volta accertato che l’estinzione era anteriore alla notifica dell’accertamento , la stessa notifica dell’accertamento alla società e la mancata impugnazione di quest’ultimo non possono aver reso irrevocabile l’accertamento societario. Conseguentemente, va rinviato il giudizio al giudice a quo affinché accerti innanzitutto se sia stata fornita dall’Amministrazione la prova del fatto noto (i ricavi societari), presupposto della conseguente presunzione invocata dall’ufficio, e, all’esito, se la parte contribuente abbia a sua volta fornito la relativa prova liberatoria.
4. Il terzo motivo è inammissibile.
Con esso il ricorrente si duole che la C.t.r. ha ritenuto raggiunta la prova della legittimazione attiva del funzionario firmatario dell’atto, omettendo di verificare se effettivamente la delega di funzioni
emessa dal Dirigente nei confronti del funzionario fosse stata prodotta o, quanto meno, esibita in giudizio.
Anche qui, con riferimento alla doglianza di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., secondo comma, rileva l’applicazione, nella fattispecie, della previsione di cui all’art. 348 ter ultimo comma c.p.c., vigente ratione temporis , così come riformulato dal d.l. 22/6/2012, n. 83 conv. nella legge 11/8/2012, n. 143, così come richiamata sub 2. Il motivo è quindi inammissibile. Inoltre, esso è anche infondato: dalla piana lettura della sentenza impugnata si evince che la relativa doglianza è stata infatti correttamente valutata dalla C.t.r.. Ove poi la parte ricorrente avesse inteso censurare la fondatezza di tale accertamento di merito, avrebbe dovuto in ipotesi ricorrere allo strumento della revocazione per errore di fatto.
In conclusione, vanno dichiarati inammissibili il primo ed il terzo motivo di ricorso e va accolto il secondo motivo per quanto di ragione; conseguentemente la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il primo ed il terzo motivo di ricorso e accoglie il secondo motivo per quanto di ragione, cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 17 ottobre 2024.