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Accertamento socio società: la Cassazione decide

In un caso di accertamento al socio di una società fallita a ristretta base partecipativa, la Corte di Cassazione ha emesso un’importante ordinanza. È stato stabilito che il socio ha la legittimazione per impugnare l’avviso di accertamento notificato alla società (l’atto presupposto), in quanto da esso deriva la sua personale responsabilità fiscale. La Corte ha inoltre confermato che il raddoppio dei termini per l’accertamento, legato a violazioni penalmente rilevanti, non si applica all’IRAP. Infine, è stata ribadita la validità della presunzione di distribuzione degli utili extra-contabili ai soci nelle società con pochi membri.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento Socio Società: Legittimità a Impugnare e Limiti al Raddoppio dei Termini

L’ordinanza n. 5899/2025 della Corte di Cassazione affronta temi cruciali in materia di diritto tributario, in particolare per quanto riguarda l’accertamento al socio di una società a ristretta base partecipativa, soprattutto in un contesto di fallimento. La decisione chiarisce importanti principi sulla legittimazione del socio a contestare l’accertamento della società, sui limiti del raddoppio dei termini per l’accertamento e sulla presunzione di distribuzione degli utili. Analizziamo i punti salienti di questa pronuncia.

I Fatti di Causa: Dall’Accertamento alla Società a Quello al Socio

Una società a responsabilità limitata, già dichiarata fallita, riceveva un avviso di accertamento basato sulla ricostruzione induttiva del reddito a seguito di analisi dei conti correnti bancari. Il curatore fallimentare, autorizzato dal giudice, decideva di non impugnare l’atto. Tuttavia, l’ex amministratore presentava ricorso. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate notificava avvisi di accertamento anche ai due soci, presumendo la distribuzione del maggior reddito occulto in proporzione alle loro quote. I soci impugnavano i propri avvisi, ma la Commissione Tributaria Regionale riuniva i giudizi e accoglieva l’appello dell’Agenzia, ritenendo l’ex amministratore non legittimato a impugnare l’atto societario, che diventava così definitivo con un effetto ‘a cascata’ sui soci. Contro questa decisione, uno dei soci ricorreva in Cassazione.

La Legittimazione del Socio e l’impugnazione dell’accertamento socio società

Il primo motivo di ricorso, accolto dalla Corte, riguardava la legittimazione del socio a contestare l’avviso di accertamento notificato alla società (il cosiddetto ‘atto presupposto’). La Cassazione ha stabilito un principio fondamentale: il socio non amministratore, la cui posizione fiscale è direttamente influenzata dalla definitività dell’accertamento societario, è legittimato ad agire contro l’atto presupposto. La costituzione di un litisconsorzio processuale in appello, unendo le posizioni della società e dei soci, consente al socio di far valere le proprie ragioni anche contro l’accertamento originario per difendere la propria posizione personale. Questa conclusione garantisce al socio una tutela giurisdizionale piena.

Il Raddoppio dei Termini e l’Esclusione dell’IRAP: Una Precisa Distinzione

Un altro punto centrale, anch’esso accolto, è relativo al raddoppio dei termini di accertamento. La Corte chiarisce che il raddoppio scatta in presenza di elementi che configurano l’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal fatto che una denuncia sia stata effettivamente presentata o archiviata. Tuttavia, la Corte ha specificato che questo meccanismo non può essere applicato all’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive). Le violazioni relative a questa imposta non sono presidiate da sanzioni penali, pertanto il raddoppio dei termini previsto dall’art. 43 del D.P.R. 600/1973 non è applicabile. Di conseguenza, il caso è stato rinviato al giudice di merito per un ricalcolo dell’imponibile, escludendo la quota IRAP indebitamente accertata.

Presunzione di Utili ai Soci: Un Principio Consolidato sull’accertamento socio società

La Corte ha respinto il motivo di ricorso che contestava la presunzione di riparto degli utili occulti ai soci. Gli Ermellini hanno ribadito il loro orientamento consolidato: in caso di società di capitali a ristretta base partecipativa o familiare, è legittima la presunzione che i maggiori ricavi non contabilizzati siano stati distribuiti ai soci. Spetta al contribuente fornire la prova contraria, dimostrando, ad esempio, che tali somme sono state accantonate o reinvestite. La semplice affermazione di essere estraneo alla gestione o residente all’estero non è sufficiente a superare tale presunzione, fondata sulla stretta relazione tra i soci che caratterizza queste realtà aziendali.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha basato le sue decisioni su un’attenta interpretazione delle norme processuali e sostanziali. Per quanto riguarda la legittimazione del socio, ha valorizzato il diritto costituzionale alla difesa (art. 24 Cost.), ritenendo che il socio debba poter contestare l’atto da cui deriva direttamente il suo debito d’imposta. Sul raddoppio dei termini, ha applicato un’interpretazione letterale della norma, legandola all’obbligo di denuncia penale e riconoscendone l’inapplicabilità all’IRAP per mancanza del presupposto penale. Infine, sulla presunzione di distribuzione degli utili, ha confermato un principio basato sull’id quod plerumque accidit (ciò che accade di solito) nelle società a compagine ristretta, bilanciando l’onere della prova tra fisco e contribuente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza offre importanti spunti operativi. Innanzitutto, rafforza la posizione difensiva del socio di società a ristretta base, riconoscendogli il diritto di contestare non solo il proprio avviso di accertamento ma anche quello presupposto della società. In secondo luogo, pone un chiaro limite all’applicazione del raddoppio dei termini, escludendo l’IRAP e costringendo l’Amministrazione a un’applicazione più rigorosa della norma. Infine, ricorda ai soci di società a compagine ristretta che, in caso di accertamento di utili extra-contabili, grava su di loro l’onere di dimostrare la mancata percezione di tali somme.

Il socio di una società può impugnare l’avviso di accertamento notificato alla società stessa?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il socio è legittimato a impugnare l’atto presupposto (l’accertamento societario) al fine di far valere le proprie ragioni nell’ambito dell’opposizione all’accertamento tributario che lo riguarda personalmente, poiché la sua posizione è direttamente pregiudicata dalla definitività dell’atto societario.

Il “raddoppio dei termini” per l’accertamento fiscale si applica sempre e a tutte le imposte?
No. Il raddoppio dei termini, previsto quando sussiste l’obbligo di denuncia penale, non si applica all’IRAP. Questo perché le violazioni relative a tale imposta non sono sanzionate penalmente, venendo così a mancare il presupposto per l’estensione del periodo di accertamento.

È legittimo presumere che gli utili non dichiarati di una società a ristretta base sociale siano stati distribuiti ai soci?
Sì. Secondo l’orientamento consolidato della Corte, in caso di società di capitali a ristretta base partecipativa o familiare, è legittima la presunzione che gli utili extracontabili accertati siano stati distribuiti ai soci in proporzione alle loro quote. Spetta al socio fornire la prova contraria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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