Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20292 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20292 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 20/07/2025
NOMECOGNOME
-intimata- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 1261/2018, depositata in data 8/02/2018 e non notificata;
MOTIVAZIONE -NULLITA’ –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25350/2018 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE DELLE RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la quale è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
udita la relazione tenuta nell’adunanza camerale del 17 giugno 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Campania accoglieva l’appello proposto da NOME COGNOME contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli che aveva rigettato il suo ricorso proposto contro l’avviso di accertamento per Irpef 2010 che faceva seguito ad altro avviso di accertamento emesso nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE di cui la stessa era socia.
In particolare, il giudice dell’appello evidenziava che il giudizio contro l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società era stato deciso dalla CTR della Campania con sentenza n. 7494/2017 depositata il 12/09/2017, che aveva pronunciato l’ina mmissibilità del ricorso in quanto non era dubbio che al momento della notifica dell’atto di accertamento la società era già cancellata ed era, quindi, da considerarsi estinta ai sensi dell’articolo 2495 cod. civ.; evidenziato che gli atti compiuti nei confronti di un soggetto estinto sono giuridicamente inesistenti, rilevava pertanto la diretta consequenzialità della decisione assunta nei confronti della società anche nei confronti del socio, essendo venuto meno il presupposto impositivo, cioè l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società.
Contro tale decisione l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
COGNOME COGNOME alla quale il ricorso è stato notificato a mezzo p.e.c. presso i difensori in appello, non ha svolto attività difensiva.
Il giudizio è stato fissato per l’adunanza camerale del 14/01/2025 e poi nuovamente per l’adunanza camerale del 17/06/2025.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., la difesa erariale deduce la nullità
della sentenza per violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 36 d.lgs. n. 546 del 1992; in particolare, evidenzia che la CTR non ha correttamente individuato il decisum di cui alla sentenza n. 7494 del 2017 della stessa CTR, la quale non ha affatto annullato l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società ma ha anzi dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla liquidatrice della stessa; l’errata individuazione dell’accertamento societario rende, dunque, del tutto incomprensibile l’ iter logico seguito dalla Commissione tributaria regionale viziando insanabilmente la decisione che risulta essere priva di motivazione.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio con riferimento alle imputazioni di utili extra contabili in capo al socio di società a ristretta base; in particolare, si sostiene che la sentenza è viziata in quanto non si è pronunciata in ordine al merito della controversia sull’errato presupposto dell’avvenuto annullamento dell’avviso di accertamento societario in quanto il ricorso proposto dalla liquidatrice della società era stato dichiarato inammissibile e non era pervenuto ad una decisione di merito favorevole alla società stessa.
Il primo motivo va accolto, con conseguente assorbimento del secondo.
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui in tema di accertamento delle imposte sui redditi, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova contraria del fatto che i maggiori redditi non sono stati distribuiti ma accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti (Cass. n. 19013/2016; Cass. n. 18383/2020; Cass. n. 18854/2020; Cass. n.
15393/2021). Ed infatti, la ristrettezza della compagine societaria implica un vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci nella gestione sociale, che fa ritenere plausibile in tutti la conoscenza degli affari sociali e la consapevolezza della esistenza di utili extrabilancio, alla cui distribuzione è ragionevole ritenere che tutti i soci abbiano partecipato in misura conforme al loro apporto sociale, fatta salva l’anzidetta possibilità riconosciuta al contribuente di fornire la prova contraria (Cass. n. 28542/2017). Né può dubitarsi che un siffatto principio violi il divieto di presunzione di secondo grado, giacché il fatto noto non è costituito dalla sussistenza dei maggiori redditi induttivamente accertati nei confronti della società, ma dalla ristrettezza della base sociale che, in tal caso, caratterizza la gestione sociale (Cass. n. 25683/2016).
Peraltro, il surriferito orientamento non può prescindere dalla previa necessità di un valido accertamento in capo alla società, concretando quest’ultimo il presupposto indefettibile per l’accertamento stesso, ovvero il fatto costitutivo della pretesa tributaria (Cass. n. 25115/2014; Cass. n. 752/2021).
In difetto di tale accertamento, infatti, non sussiste la prova del fatto costitutivo della pretesa tributaria, con l’effetto che deve essere dichiarato illegittimo l’avviso di accertamento che ipotizzi la percezione di maggiori utili societari in capo al socio, quando non sia stata preventivamente accertata la posizione della società di capitali, evidenziando in capo alla stessa un maggior reddito non dichiarato. Così come l’annullamento dell’accertamento nei confronti della società per motivi attinenti al merito della pretesa tributaria dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società sancito con sentenza passata in giudicato, avendo carattere pregiudicante, spiega i suoi effetti a favore di tutti i soci e quindi anche nel connesso giudizio avente ad oggetto l’avviso di accertamento notificato al singolo socio e relativo
al suo reddito da partecipazione scaturente a seguito di rettifica operato nei confronti della società (Cass. n. 27895/2018; Cass. n. 27417/2020). Parimenti, in tema di contenzioso tributario, nel giudizio avente ad oggetto l’avviso di accertamento relativo al socio di una società di capitali a ristretta base sociale, deve riconoscersi l’efficacia riflessa del giudicato formatosi nel giudizio intercorso tra l’Agenzia delle Entrate e la società, con cui sia stata accertata la insussistenza di utili extracontabili della medesima, in quanto detto accertamento negativo rimuove il presupposto da cui dipende il maggior utile da partecipazione conseguito dal socio (Cass. n. 24793/2015; Cass. n. 752/2021; Cass. n. 14350/2021; Cass. n. 14778/2021; Cass. n. 17696/2021; Cass. n. 18045/2021).
Tale principio, tuttavia, per altrettanto consolidata giurisprudenza di questa Corte, non vale ove l’avviso di accertamento nei confronti della società sia dichiarato nullo per un vizio del procedimento (Cass. n. 752/2021, segnatamente per inesistenza della notifica e per errata intestazione dell’avviso; Cass. n. 11680/2016, Cass. n. 10723/2021, Cass. n. 16522/2022, per l’ipotesi di estinzione della società). In tali casi il giudicato formatosi è di tipo formale e non sostanziale, di guisa che a quella sentenza non può attribuirsi la stessa portata vincolante e preclusiva della cosa giudicata di cui all’art. 2909 cod. civ., difettando una pronuncia che revochi in dubbio l’accertamento sulla pretesa erariale che vi è contenuta e non essendo stato contestato e scrutinato il merito della pretesa tributaria.
Infatti, occorre precisare che il giudicato eventualmente formatosi sulla posizione della società, pur favorevole al socio rimasto estraneo a quel giudizio, non può riflettersi ed incidere sulla sua posizione giuridica soggettiva, poiché fondato su violazione del procedimento che costituisce eccezione personale, riferibile esclusivamente alla società e
valutabile soltanto individualmente (come segnalato da Cass. n. 752/2021; v., più recentemente, anche Cass. n. 2743/2025).
2.1. Nel caso in questione, premessi i predetti principi, la motivazione della sentenza appare viziata da una irriducibile contraddizione (cfr. Cass. SU n. 8053 e 8054 del 2014), laddove, nonostante abbia evidenziato che il ricorso proposto contro l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società dalla liquidatrice, la stessa NOME COGNOME era stato dichiarato inammissibile (e quindi non accolto, tanto meno nel merito), ciononostante ha ritenuto che fosse venuto meno il presupposto impositivo nei confronti del socio, con conclusione che non appare correlata e conseguente -sul piano logicogiuridico – alla premessa.
Il primo motivo del ricorso va, perciò, accolto, con assorbimento del secondo e la derivante cassazione della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, a cui si demanda anche di regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 giugno 2025.