Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23519 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23519 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24094/2017 R.G. proposto da
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentata e difesa
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA n. 2705/15/17 depositata il 24 marzo 2017
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 5 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE I RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE emetteva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di NOME e NOME in liquidazione, cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE
imprese, un avviso di accertamento con il quale rettificava induttivamente il reddito d’impresa dichiarato dalla predetta società ai fini dell’IRAP e dell’IVA in relazione all’anno 2010.
Con distinto avviso di accertamento lo stesso Ufficio, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), imputava per trasparenza all’ex socia NOME, in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili, il maggior reddito così accertato in capo all’ente collettivo.
NOME COGNOME proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, la quale, riconosciuta la fondatezza RAGIONE_SOCIALE ragioni addotte dalla contribuente, annullava l’atto impositivo.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, che con sentenza n. 2705/15/17 del 24 marzo 2017, in accoglimento dell’appello dell’Amministrazione Finanziaria, respingeva l’originario ricorso della parte privata.
A fondamento dell’adottata pronuncia il collegio regionale osservava che: – erroneamente il primo giudice aveva accolto il ricorso della COGNOME «sul presupposto che l’art. 2495, comma 2, c.c. stabilisce a pena di nullità che la notifica della domanda va proposta presso l’ultima sede della società entro un anno dalla cancellazione, posto che tale norma non riguarda il singolo socio, ma soltanto la società» ; – appariva fondato «il rilievo dell’Ufficio secondo cui l’estinzione della società, avvenuta nel 2013, non p (oteva) avere alcuna incidenza sulla legittimità dell’obbligazione tributaria sorta in capo al socio nell’anno di imposta 2010 per debiti erariali propri ed accertati autonomamente attraverso indagini finanziarie, così come espressamente riportato nell’avviso di accertamento impugnato» .
Avverso tale sentenza la COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del predetto articolo la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione dell’art. 2495, comma 2, c.c..
1.1 Viene rimproverato alla COGNOME di aver erroneamente ritenuto legittimo l’avviso di accertamento per cui è causa.
1.2 A sostegno della sollevata censura si deduce che: -la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione era stata cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese fin dall’11 gennaio 2013; -alla luce di ciò, l’Amministrazione Finanziaria avrebbe potuto ; -avendo, invece, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ; -conseguentemente, l’avviso di accertamento emesso nei confronti della ex socia COGNOME, .
Il ricorso è inammissibile per difetto di specificità.
2.1 Come illustrato nella superiore narrativa, la CTR campana ha accolto l’appello dell’Amministrazione Finanziaria in base al decisivo rilievo che l’estinzione della RAGIONE_SOCIALE, «avvenuta nel 2013, non p (oteva) avere alcuna incidenza sulla legittimità
dell’obbligazione tributaria sorta in capo al socio nell’anno di imposta 2010 per debiti erariali propri ed accertati autonomamente attraverso indagini finanziarie, così come espressamente riportato nell’avviso di accertamento impugnato» .
2.2 Dalla surriportata motivazione emerge che, per quanto ricostruito dal collegio di secondo grado sulla scorta di un apprezzamento in fatto insindacabile in questa sede, la pretesa avanzata dal Fisco nei confronti della COGNOME afferiva non già a un «debito proprio della società» -come leggesi a pag. 9 del ricorso, al rigo 8-, bensì a «debiti propri» della contribuente che avevano formato oggetto di un autonomo accertamento tributario basato sulle risultanze di indagini finanziarie.
2.3 Orbene, questa fondamentale «ratio decidendi» non risulta minimamente intaccata dalle censure svolte dalla ricorrente, interamente incentrate sull’asserita illegittimità dell’avviso di accertamento di maggior reddito d’impresa emesso nei riguardi di una società di persone estinta, costituente il presupposto della rettifica dei redditi da partecipazione dichiarati dagli ex soci.
2.4 Manca, pertanto, qualsiasi confronto dialettico con le argomentazioni in concreto sorreggenti la pronuncia gravata.
2.5 Ciò posto, giova rammentare che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, i motivi posti a base del ricorso per cassazione devono necessariamente possedere i caratteri della specificità, completezza e riferibilità al provvedimento impugnato, con la conseguenza che la proposizione di doglianze prive di specifica attinenza al «decisum» è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi e determina l’inammissibilità del ricorso per difetto del requisito di cui all’art. 366, comma 1, n. 4) c.p.c., rilevabile anche d’ufficio (cfr. Cass. n. 18719/2024, Cass. n. 10017/2022, Cass. Sez. Un. n. 27968/2021, Cass. n. 185/2014).
2.6 Fermo quanto precede, quand’anche si volesse ravvisare una «ratio» alternativa e da sola sufficiente a sostenere la decisione nel
passaggio motivazionale -questo sì investito da impugnazione- in cui viene affermata l’erroneità del riferimento operato dal primo giudice alla norma di cui all’art. 2495, comma 2, c.c., non diversa sarebbe la sorte del ricorso, alla stregua del costante insegnamento di legittimità sintetizzato nella seguente massima: «Ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna RAGIONE_SOCIALE quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo passata in giudicato la ratio decidendi non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza» (cfr. Cass. n. 17265/2022, Cass. n. 22183/2020, Cass. Sez. Un. n. 30589/2017, Cass. n. 14910/2016).
2.7 Per completezza, va osservato che non può essere presa in esame la questione, per la prima volta prospettata dalla COGNOME soltanto nella memoria ex art. 380bis .1, comma 1, terzo periodo, c.p.c., attinente alla dedotta inapplicabilità RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative ad essa irrogate dall’Ufficio, giacchè l’indicato scritto difensivo non è utilizzabile per integrare i motivi del ricorso per cassazione, assolvendo l’esclusiva funzione di chiarire e illustrare le censure già ritualmente enunciate nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, con il quale si esaurisce il relativo diritto di impugnazione (cfr. Cass. n. 8949/2023, Cass. n. 17893/2020, Cass. n. 30760/2018, Cass. n. 26670/2014).
Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei riguardi della ricorrente l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 2.300 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione