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Accertamento socio Sas: la Cassazione fa chiarezza

Una socia di una società in accomandita semplice (Sas) estinta ha impugnato un avviso di accertamento per un maggior reddito di partecipazione, derivante dalla vendita di immobili da parte della società a un prezzo ritenuto superiore a quello dichiarato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la legittimità dell’accertamento socio Sas basato su prove presuntive, come perizie bancarie e contratti preliminari. La Corte ha inoltre convalidato le sanzioni, affermando che la colpa del contribuente è presunta e spetta a quest’ultimo dimostrarne l’assenza.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento socio Sas: la Cassazione sulla prova presuntiva e le sanzioni

L’ordinanza n. 8298/2025 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti in materia di accertamento socio Sas, analizzando la legittimità delle rettifiche fiscali basate su elementi presuntivi e la ripartizione dell’onere della prova in tema di sanzioni. La vicenda riguarda l’impugnazione di un avviso di accertamento notificato a una socia per maggiori redditi di partecipazione, derivanti dalla vendita di immobili da parte della società a un prezzo ritenuto dall’Agenzia delle Entrate superiore a quello dichiarato. La Suprema Corte ha respinto il ricorso della contribuente, consolidando principi chiave sull’accertamento tributario.

I Fatti di Causa: La Vendita Immobiliare e l’Accertamento Fiscale

Una società in accomandita semplice (Sas) operante nel settore immobiliare vendeva tre immobili nell’anno 2006. L’Agenzia delle Entrate, sulla base di elementi extra-contabili, notificava alla società un avviso di accertamento per maggior reddito non dichiarato. Di conseguenza, venivano emessi avvisi di accertamento anche nei confronti dei singoli soci per la loro quota di reddito di partecipazione. Una delle socie impugnava l’atto impositivo, dando il via a un contenzioso che, dopo i primi due gradi di giudizio, è giunto dinanzi alla Corte di Cassazione. La società, nel frattempo, era stata cancellata dal registro delle imprese nel 2012.

L’Accertamento al Socio Sas e i Motivi del Ricorso

La contribuente ha basato il suo ricorso per cassazione su quattro motivi principali, contestando la decisione della Commissione Tributaria Regionale.

La Responsabilità del Socio dopo l’Estinzione della Società

In primo luogo, la ricorrente lamentava che i giudici d’appello avessero erroneamente ritenuto tardiva la sua contestazione sulla responsabilità dei soci a seguito dell’estinzione della società. Sosteneva che tale responsabilità non potesse esserle attribuita.

L’Utilizzo delle Scritture Contabili e la Prova Presuntiva

Un secondo e terzo motivo di ricorso vertevano sulla violazione delle norme in materia di prova. La contribuente contestava il metodo di accertamento, sostenendo che l’Amministrazione finanziaria non potesse basarsi su singoli elementi extra-contabili senza dichiarare l’inattendibilità complessiva delle scritture contabili. Criticava, inoltre, l’uso della prova presuntiva da parte dei giudici, ritenendo che avessero violato il divieto di ‘doppia presunzione’.

La Questione delle Sanzioni e l’Elemento Soggettivo

Infine, con il quarto motivo, la socia denunciava l’illegittimità delle sanzioni applicate, a suo dire, in assenza di una prova concreta dell’elemento soggettivo, ovvero della sua consapevolezza e volontà di evadere le imposte.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sull’accertamento socio Sas

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso, fornendo una dettagliata motivazione per ciascuno di essi.

La Legittimità della Prova Presuntiva

Sul punto centrale dell’ accertamento socio Sas, la Corte ha confermato la piena legittimità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate. I giudici hanno chiarito che, ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. 600/1973, l’accertamento può basarsi su presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Nel caso di specie, l’Amministrazione finanziaria aveva fondato la sua pretesa su una pluralità di elementi indiziari solidi:
* Documentazione extracontabile: come i contratti preliminari di vendita che riportavano un prezzo superiore a quello indicato nell’atto definitivo.
* Perizie bancarie: redatte per la concessione di mutui agli acquirenti, che attestavano un valore degli immobili superiore al prezzo di vendita dichiarato.
* Confronto con immobili analoghi: la vendita di un appartamento a un prezzo significativamente inferiore rispetto a un altro con identiche caratteristiche tecniche e di accatastamento.

La Corte ha specificato che questi elementi sono sufficienti a inficiare l’attendibilità della contabilità, anche solo per singole operazioni, e a giustificare la rettifica del reddito.

L’Insussistenza del Divieto di Doppia Presunzione

La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale: nel sistema processuale italiano non esiste un divieto di ‘doppia presunzione’. È perfettamente ammissibile che un fatto noto, anche se accertato in via presuntiva, possa costituire la premessa per un’ulteriore inferenza presuntiva, al fine di accertare il fatto ignoto (il maggior reddito). Ciò che conta è la solidità logica del ragionamento complessivo.

La Responsabilità per le Sanzioni

Anche l’ultimo motivo relativo alle sanzioni è stato respinto. La Corte ha ricordato che, in tema di sanzioni amministrative tributarie, l’elemento soggettivo (dolo o colpa) è presunto. Non è l’Amministrazione a dover provare la colpa del contribuente, ma è quest’ultimo a dover fornire la prova della sua assenza, dimostrando di aver agito in uno stato di ignoranza incolpevole e non superabile con l’ordinaria diligenza. La ricorrente non ha fornito alcun elemento in tal senso, limitandosi a un’affermazione generica. La stessa condotta di indicare nei contratti un corrispettivo inferiore a quello reale è stata ritenuta sufficiente a integrare la consapevolezza richiesta per l’applicazione delle sanzioni.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida l’orientamento giurisprudenziale in materia di accertamento induttivo e onere della prova. Per i contribuenti, in particolare per i soci di società di persone, emerge chiaramente che la regolarità formale delle scritture contabili non è sufficiente a metterli al riparo da rettifiche fiscali. L’Amministrazione Finanziaria può legittimamente utilizzare un’ampia gamma di elementi presuntivi esterni per ricostruire il reddito effettivo. Inoltre, in caso di sanzioni, l’onere di dimostrare la propria buona fede ricade interamente sul contribuente, il quale deve fornire prove concrete e specifiche per superare la presunzione di colpevolezza.

È possibile utilizzare elementi esterni alle scritture contabili (es. perizie di mutuo) per un accertamento fiscale?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’Amministrazione finanziaria può legittimamente utilizzare documentazione extracontabile, come perizie bancarie per la concessione di mutui o contratti preliminari, per accertare un maggior reddito, qualora questi elementi indichino un prezzo di vendita superiore a quello dichiarato e siano gravi, precisi e concordanti.

Il socio di una Sas è responsabile per i debiti fiscali della società sorti quando era ancora socio, anche se la società si è estinta successivamente?
Sì, la critica è stata ritenuta infondata. La ripresa a tassazione si riferiva a un reddito percepito nel 2006, quando la società era pienamente operativa e il ricorrente era socio. La successiva cessazione della qualità di socio (nel 2008) e l’estinzione della società (nel 2012) non sono rilevanti per la responsabilità relativa a quel periodo d’imposta.

In caso di sanzioni tributarie, chi deve provare la colpa o l’assenza di colpa del contribuente?
Spetta al contribuente provare l’assenza di colpa. La Corte ha ribadito che, secondo l’art. 5 del D.Lgs. n. 472/1997, la colpa si presume. Pertanto, il contribuente deve dimostrare di trovarsi in uno stato di ‘ignoranza incolpevole, non superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza’ per essere escluso dalla responsabilità. Non è l’Amministrazione a dover provare la colpevolezza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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