Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9916 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9916 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
Irpef -Avviso di accertamento Giudicato –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15963/2023 R.G. proposto da: l’Avvocatura
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa dal generale dello Stato,
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza della CORTE RAGIONE_SOCIALE TRIB. II GRADO LAZIO n. 1165/2023, depositata in data 6 marzo 2023.
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME, socia della RAGIONE_SOCIALE, impugnava l’ avviso di accertamento con il quale, per l’anno 2005, l’Ufficio le aveva contestato, ai fini Irpef, un maggiore reddito, attribuitole per trasparenza a seguito dell’accertamento d i maggiori ricavi in capo alla società.
La C.t.p. di Roma, con la sentenza n. 52 del 2012 accoglieva il ricorso e la C.t.r. del Lazio con la sentenza n. 282 del 2013 rigettava l’appello dell’Ufficio.
Detta ultima sentenza veniva annullata con ordinanza n. 11547 del 2016 con la quale questa Corte, rilevato il vizio del contraddittorio per non essere stati evocati in giudizio anche la società e tutti i soci, nonostante l’esistenza di litisconsorzio necessario tra i medesimi, rimetteva gli atti alla C.t.p. di Roma.
La C.t.p. innanzi alla quale il giudizio veniva riassunto, con la sentenza n. 8533 del 2021 dichiarava inammissibile il ricorso in riassunzione della contribuente in quanto, in violazione dell’ordinanza della Corte di cassazione, non era stato notificato a tutti i litisconsorti necessari, vale a dire la società di persona e gli altri soci.
Avverso detta pronuncia la contribuente proponeva ricorso in appello che, nel contraddittorio con gli altri soci, veniva rigettato dalla Corte di giustizia di secondo grado con la sentenza in epigrafe.
Il giudice di appello rilevava, in particolare, che il giudizio avente ad oggetto l’avviso societario si era definito con sentenza n. 280 del 2013 della C.t.r. del Lazio -passata in giudicato, come da attestazione della Cancelleria -che aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che lo aveva annullato.
Il giudice di appello rilevava l’avvenuta caducazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, con decisione ormai avente forza di giudicato (la n. 280 del 2013), che comportava inevitabilmente la caducazione anche degli avviso di accertamento emessi nei confronti del socio.
L’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti della sola NOME COGNOME che resiste con controricorso, avverso la citata sentenza.
La contribuente ha depositato memoria con la quale ha evidenziato che questa Corte con ordinanza n. 561 del 2024 si è definitivamente pronunciata sul ricorso per Cassazione introdotto dall’Agenzia delle Entrate (Rg 8951 del 2015) ed avente ad oggetto l’anno imposta 2005, di cui è causa .
Considerato che:
Con l’unico motivo l ‘Agenzia delle Entrate denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 324 cod. proc. civ..
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la caducazi one dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, fosse avvenuto con sentenza ormai passata in giudicato.
Evidenzia che la sentenza della C.t.r. -n. 280 del 2013 -che aveva deciso sull’avviso societario , non era passata in giudicato, come erroneamente ritenuto in sentenza, in quanto la stessa era stata impugnata per revocazione; che il giudizio di revocazione era stato definito dalla C.t.r. del Lazio con sentenza n. 5805 del 2014, depositata il 30 settembre 2014, che lo aveva dichiarato manifestamente infondato; che avverso detta ultima era stato proposto ricorso per Cassazione (RG 8951 del 2015) ancora pendente.
Il ricorso è infondato e va rigettato.
2.1. Q uesta Corte, con l’ordinanza n. 561 del 2024 , ha definito il giudizio (R.G. 8951 del 2015) avente ad oggetto l’avviso societario.
Pronunciandosi sulla sentenza (n. 5805 del 2014) che aveva rigettato la domanda di revocazione della sentenza (n. 280 del 2013) che a propria volta si era pronunciata sul l’avviso societario, ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle entrate.
Allo stato, pertanto, la sentenza n. 280 del 2013 -effettivamente non passata in giudicato allorché la Corte di secondo grado ha reso la sentenza qui impugnata -è divenuta definitiva. Va rilevato, poi, che detta ultima aveva dichiarato inammissibile l’appello avverso la sentenza di primo grado che aveva annullato l’atto impositivo societario.
2.2. Il valido accertamento del maggior reddito conseguito dalla società di persone costituisce un presupposto imprescindibile della presunzione di distribuzione dello stesso ai soci (Cass. 10/12/2019, n. 32220). Nel caso di specie, l’accertamento effettuato nei confronti della società è stato definitivamente annullato, ed in conseguenza anche l’accertamento relativo al maggior reddito di partecipazione percepito dai soci deve essere annullato.
Va pure evidenziato che il giudizio in esame rivela anche un evidente vizio del contraddittorio, è stata infatti trascurata la ricorrenza di un litisconsorzio necessario già rilevata da questa Corte in quanto l’Agenzia delle entrate non ha evocato le altre parti del giudizio di appello.
Tuttavia, disporre l’i ntegrazione del contraddittorio -nonostante il giudizio sia destinato ad una conclusione segnata, essendo divenuto ormai definitivo, in conseguenza della formazione del giudicato, l’annullamento dell’accertamento disposto nei confronti della società, presupposto necessario degli accertamenti effettuati nei confronti dei soci -appare contrario ai principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, che hanno fondamento costituzionale (Cass. 21/01/2021, n. 1145, Cass. 19/12/2019, n. 32220)
In conclusione, il giudizio può essere definito con il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13 comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 200,00 per esborsi, euro 10.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese generali nella misura forfettaria del 15 per cento, iva e cap come per legge, da distrarsi in favore dell’Avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2025.