Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 529 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 529 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 4032/2019 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore , domiciliata ope legis in Roma INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.
-ricorrente – contro
Vigorito NOME
-intimata- avverso la sentenza n.6163/18 della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata il 22 giugno 2018 e non notificata.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 dicembre 2023 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
L’Agenzia delle entrate ricorre con tre motivi avverso COGNOME NOMECOGNOME che è rimasta intimata, contro la sentenza indicata in
tributi
epigrafe, che ha rigettato l’appello dell’ufficio, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento relativo al reddito imputato per trasparenza alla contribuente in qualità di socia nella misura del 23% della società RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE per l’anno di imposta 2007.
Con la sentenza impugnata, la C.t.r. rigettava l’appello dell’amministrazione finanziaria, osservando che , per l’accertamento nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE si era svolto un autonomo giudizio di impugnazione, che si era concluso in primo grado con l’annullamento dell’atto impositivo ed in secondo grado con la dichiarazione di inammissibilità, che doveva ritenersi definitiva, in quanto non impugnabile in cassazione.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 14 dicembre 2023, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 -bis. 1 cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n.168, conv. dalla legge 25 ottobre 2016, n.197.
Il P.G., NOME COGNOME ha fatto pervenire conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’accoglimento del primo e secondo motivo di ricorso ed il rigetto del terzo.
CONSIDERATO CHE
1.1. Con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt.324, 348 bis , 348 ter, 358 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ., in relazione all’art.360 , primo comma, n.3, cod. proc. civ.
Rileva la ricorrente che il giudice di appello ha travisato il senso della pronuncia di questa Corte n.8940/2019, ritenendo che fosse definitiva e non ricorribile in cassazione la sentenza del giudice di appello che ha dichiarato l’inammissibilità del rico rso.
1.2. Con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt.324, 337 cod. proc. civ., 124 disp. Att. Cod.
proc. civ., 2909 e 2697 cod. civ., in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.
Secondo la ricorrente, la C.t.r. ha fondato la propria decisione solo sull’erronea convinzione del passaggio in giudicato della sentenza della C.t.r. del Lazio nel procedimento avente ad oggetto l’avviso emesso nei confronti della società.
1.3. Con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt.1, 14 e 59 d.lgs. 31 dicembre 1992, n.546, nonchè degli artt. 101, 102, 276 cod. proc. civ., 40 d.P.R. 29 settembre 1973, n.600, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., con conseguente nullità dell’intero giudizio per la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario.
2.1. Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono fondati e vanno accolti, mentre il terzo, che va esaminato prioritariamente, è infondato e va rigettato.
Invero, deve rilevarsi che questa Corte, con ordinanza n. 37233/2022, ha ritenuto fondato il ricorso dell’Agenzia delle entrate avverso la decisione n.5833/38/2016 della Commissione Tributaria regionale del Lazio, che aveva dichiarato l’inammissibilità dell’appello dell’Ufficio, nella controversia avente ad oggetto l’avviso di accertamento n. TK7020105388/2012, con cui era stato rideterminato, per trasparenza, il reddito di partecipazione conseguito da NOME di COGNOME NOME e COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE , quale socia di RAGIONE_SOCIALEnei confronti della quale era stato emesso l’avviso di accertamento n. TFK020502362/2012, anno di imposta 2007).
A tale giudizio, che si è concluso con la predetta ordinanza, hanno partecipato la società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e COGNOME RAGIONE_SOCIALE e tutti i soci dell’epoca, cioè NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Il presente giudizio ha ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento relativo al reddito imputato per trasparenza alla contribuente in qualità di socia nella misura del 23% della società RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME e COGNOME RAGIONE_SOCIALE per l’anno di imposta 2007.
Nel presente giudizio, non vi è, dunque, la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti della società e degli altri soci, i quali tutti hanno partecipato al giudizio che ha ad oggetto l’ impugnativa dell’ avviso di accertamento societario.
Come rilevato dal P.G., tale conclusione non è in contrasto con la sentenza n. 14815 del 04/06/2008 delle Sezioni Unite, che, nel riconoscere il litisconsorzio necessario nei giudizi relativi all’impugnazione degli avvisi di accertamento emessi nei confronti delle società di persone e dei soci (ad eccezione delle cause aventi ad oggetto motivi di impugnazione non estensibili), ha richiamato la precedente giurisprudenza di legittimità (Cass. n.5366/2006) in tema di sospensione necessaria del processo.
In particolare, si è evidenziato che, in presenza del litisconsorzio necessario, la sospensione del processo promosso dai singoli soci, prevista dall’art. 295 cod.proc.civ. (compatibile con il d.lgs. n. 546 del 1992, art. 39), non può trovare applicazione se non in relazione a quei soci che siano parte anche nel giudizio pregiudiziale.
A ciò logicamente consegue che, nel giudizio promosso dal singolo socio per l’impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti, non è necessario disporre l’integrazione del contraddittorio , nel caso in cui tutti i litisconsorti necessari abbiano partecipato al giudizio relativo all’impugnazione dell’atto impositivo emesso nei confronti della società.
Pertanto, come si è detto, nel caso di specie, che riguarda l’impugnazione dell’ avviso di accertamento ai fini Irpef di uno dei soci,
per i redditi imputati ex art. 5 T.u.i.r, in misura della sua partecipazione (il 23 per cento del reddito complessivo della società), non vi è necessità di integrare il contraddittorio, avendo la società e tutti i soci partecipato al giudizio avverso l’avviso societario.
Da ciò deriva l’infondatezza del terzo motivo di ricorso e la necessità di esaminare i primi due, che sono fondati.
Invero, la C.t.r. ha fondato la propria decisione sull’erronea convinzione della definitività della sentenza 5833/38/16 che, invece, come si è visto, era oggetto di ricorso in cassazione ed è stata cassata con rinvio alla C.t.r. per nuovo esame.
Secondo la C.t.r. la pronunzia di appello, che aveva dichiarato l’inammissibilità del gravame, conferiva il carattere di definitività alla sentenza di primo grado, atteso che contro di essa non sarebbe stato esperibile il ricorso per cassazione.
Tale assunto era del tutto erroneo, avendo la C.t.r. evidentemente confuso la dichiarazione d’inammissibilità ex art.348 bis e ss. cod. proc. civ. (cioè il caso in cui il giudice di appello, ove non ritenga sussistere ragionevoli possibilità di accoglimento del gravame, previa audizione delle parti, ne dichiara l’inammissibilità con ordinanza succintamente motivata e l’eventual e ricorso in cassazione può avere ad oggetto il provvedimento decisorio di primo grado) con la declaratoria d’inammissibilità contenuta in una sentenza all’esito del giudizio di impugnazione, a cui si applica il regime ordinario delle impugnazioni previsto dall’art. 324 cod. proc. civ.
2.2. In conclusione, vanno accolti il primo ed il secondo motivo di ricorso, rigettato il terzo; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, cui si demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, rigettato il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 14 dicembre 2023