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Accertamento socio e condono società: la decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una contribuente, confermando la validità di un accertamento socio per redditi da partecipazione. La pretesa fiscale derivava da maggiori utili accertati a carico di una società a ristretta base partecipativa, la quale aveva poi definito la propria posizione con un condono. La Corte ha stabilito che l’adesione della società al condono non impedisce l’accertamento a carico del socio, basato sulla presunzione di distribuzione degli utili extra-bilancio, essendo sufficiente un valido accertamento (anche non definitivo, come un p.v.c.) a carico della società.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

L’accertamento al socio resta valido anche se la società aderisce al condono

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un’importante questione in materia fiscale: la validità dell’accertamento socio quando la società di persone, a ristretta base partecipativa, ha definito la propria posizione con il Fisco attraverso un condono. La pronuncia chiarisce che le due posizioni, quella della società e quella del socio, restano distinte e che la scelta della società non preclude la rettifica del reddito del socio.

I fatti del caso: dall’accertamento alla Cassazione

Una contribuente, socia al 20% di una società in nome collettivo, riceveva un avviso di accertamento per maggiori imposte IRPEF relative all’anno 2001. La pretesa del Fisco si basava su maggiori redditi accertati in capo alla società, derivanti da un processo verbale di constatazione (p.v.c.) della Guardia di Finanza. La società, tuttavia, aveva scelto di non contestare le risultanze del p.v.c., aderendo a una procedura di condono e definendo così la propria posizione.

La contribuente impugnava l’atto impositivo, sostenendo la sua illegittimità. Mentre in primo grado il ricorso veniva accolto, la Commissione Tributaria Regionale ribaltava parzialmente la decisione, ritenendo legittima la ripresa a tassazione del maggior reddito da partecipazione, pur annullando le sanzioni. Secondo i giudici d’appello, il condono della società non poteva estendere i suoi effetti alla socia, e la presunzione di distribuzione degli utili extra-bilancio giustificava l’accertamento nei suoi confronti.

La questione dell’accertamento socio e il principio di unitarietà

La contribuente ha portato il caso dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il suo ricorso su un unico motivo: la violazione del principio di “unitarietà dell’accertamento” tra società e soci. A suo avviso, l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto prima notificare un formale avviso di accertamento alla società e solo successivamente procedere nei confronti dei soci. Poiché ciò non era avvenuto (essendoci stato solo un p.v.c. seguito da condono), l’atto impositivo a lei notificato sarebbe stato illegittimo. Inoltre, lamentava che il p.v.c. redatto nei confronti della società non le fosse mai stato notificato né allegato all’avviso di accertamento.

La decisione della Corte: perché l’accertamento socio è legittimo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo che la contribuente non avesse colto la ratio decidendi, ovvero il nucleo centrale della decisione dei giudici di merito.

Il Condono della società non salva il socio

Il punto focale della sentenza è il principio, più volte affermato dalla giurisprudenza, secondo cui la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili extra-bilancio prodotti da società a ristretta base partecipativa non viene meno se la società aderisce a un condono. Le posizioni fiscali della società e del socio sono, infatti, distinte e indipendenti. Il fatto che la società abbia definito la propria posizione con un’adesione non incide sulla legittimità dell’accertamento emesso nei confronti del socio per il suo maggior reddito da partecipazione.

La sufficienza del Processo Verbale di Constatazione

La Corte ha inoltre specificato che, ai fini dell’operatività di tale presunzione, non è necessario un avviso di accertamento definitivo nei confronti della società. È sufficiente che esista un valido accertamento dei ricavi non contabilizzati a carico della società, anche se non ancora definitivo, come un p.v.c. L’assenza di un atto impositivo formale verso la società, dovuta proprio all’adesione al condono, non rappresenta quindi un ostacolo per l’azione di accertamento nei confronti del socio.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché le argomentazioni della ricorrente non si confrontavano con il principio di diritto applicato dalla Commissione Tributaria Regionale. La difesa si è concentrata sulla mancata emissione di un avviso di accertamento alla società, un dato irrilevante di fronte alla consolidata giurisprudenza che considera sufficiente il p.v.c. per fondare la presunzione di distribuzione degli utili. Inoltre, i giudici hanno ribadito che non è necessario allegare il p.v.c. all’accertamento del socio, essendo sufficiente il rinvio ad esso, dato che il socio ha poteri di consultazione della documentazione sociale e di partecipazione agli accertamenti che riguardano la società.

Le conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento fondamentale per i soci di società di persone a ristretta base partecipativa. La scelta della società di definire la propria pendenza fiscale tramite condono non crea uno “scudo” per i soci. La presunzione di distribuzione degli utili non dichiarati rimane pienamente operativa e l’amministrazione finanziaria può legittimamente procedere all’accertamento socio basandosi sulle risultanze di una verifica fiscale (p.v.c.), anche senza un preventivo atto impositivo formale nei confronti dell’ente societario.

L’adesione della società a un condono fiscale impedisce all’Agenzia delle Entrate di emettere un avviso di accertamento a carico del singolo socio?
No. Secondo la Corte, le posizioni fiscali della società e del socio sono distinte e indipendenti. Pertanto, il fatto che la società definisca la propria posizione tramite condono non impedisce l’accertamento nei confronti del socio per la sua quota di utili extra-bilancio presuntivamente distribuiti.

Per procedere con un accertamento socio in una società a ristretta base partecipativa, è necessario che sia stato prima notificato un avviso di accertamento formale alla società?
No, non è strettamente necessario. La Corte ha chiarito che per l’operatività della presunzione di attribuzione pro quota degli utili ai soci, è sufficiente che esista un valido accertamento dei maggiori ricavi a carico della società, anche se non ancora definitivo, come un processo verbale di constatazione (p.v.c.).

L’avviso di accertamento notificato al socio deve obbligatoriamente allegare il processo verbale di constatazione (p.v.c.) redatto nei confronti della società?
No. La Corte ha ribadito che l’atto impositivo emesso nei confronti del socio è adeguatamente motivato anche quando contiene un semplice rinvio (per relationem) ai redditi accertati a carico della società, poiché il socio ha il diritto di consultare la documentazione contabile e di partecipare agli accertamenti che riguardano la società stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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