Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3033 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 3033  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/02/2024
Oggetto:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14943/2017 R.G. proposto da NOME, con l’AVV_NOTAIO e con domicilio eletto presso  lo  studio  dell’AVV_NOTAIO  in  Roma,  alla  INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale  rappresentante  p.t., rappresentata  e  difesa  dall’RAGIONE_SOCIALE,  con domicilio ex lege in Roma, alla INDIRIZZO;
-controricorrente-
avverso  la  sentenza  della  Commissione  Tributaria  regionale  della Toscana, Firenze, n. 2227/25/16 pronunciata il 18 ottobre 2016 e depositata il 13 dicembre 2016, non notificata.
Udita  la  relazione  svolta  nella  camera  di  consiglio  del  24  gennaio 2024 dal Co: NOME COGNOME;
RILEVATO
La sig.a NOME, socia al 99% della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, veniva attinta da un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2008. Segnatamente l’Ufficio, a seguito di indagini a tavolino eseguite sui conti correnti dell’impresa, accertava maggiori utili extracontabili in capo alla società con conseguente ripresa a tassazione ai fini Ires, Irap e IVA, cui faceva seguito un ulteriore atto impositivo a carico della socia per la sua partecipazione al 99% RAGIONE_SOCIALE quote social, maggiorato di interessi e sanzioni per complessivi euro 541.267,23.
La contribuente impugnava  l’atto impositivo notificatole svolgendo plurime censure quali, tra le altre, l’intervenuta decadenza dell’Ufficio dal potere impositivo per decorso del termine di accertamento e l’omessa instaurazione del litisconsorzio necessario rispetto alla società.
I due gradi merito esitavano in senso favorevole all’Ufficio.
Invoca la  cassazione  della  sentenza  la  sig.a  NOME, che promuove tre motivi di ricorso, cui replica l’Amministrazione finanziaria con tempestivo controricorso.
CONSIDERATO
Occorre premettere che le censure sono state svolte ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. anche laddove la parte ricorrente ha svolto censura di violazione di legge. Orbene, l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla sua sussunzione in  altre  fattispecie  di  cui  all’articolo  360  c.p.c.,  comma  1,  né determina  l’inammissibilità  del  ricorso,  se  dall’articolazione  del
motivo  sia  chiaramente  individuabile  il  tipo  di  vizio  denunciato (Cass. n. 4036/2014; Cass. n. 26310/2017; Cass. n. 10862/2018).
Con il primo motivo la parte ricorrente denunzia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 43, co. 2 bis, d.P.R. n. 600/1973 i n relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. per tardività dell’accertamento e decadenza.
2.1 Afferma  che  nel  caso  di  specie l’avviso  di  accertamento avrebbe dovuto essere notificato entro il quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione e non anche entro il quinto  anno  in  cui  la  stessa  avrebbe  dovuto  essere  presentata  in caso di sua omissione. Sostiene invero che la ricorrente non aveva redditi da dichiarare per l’anno 2008.
Prima ancora che infondato, il motivo è inammissibile, atteso che nel presente caso non vi era stata esposizione in dichiarazione dei redditi degli utili presuntivamente ricevuti in forma occulta, secondo accertamento della C.T.R. non specificamente censurato sul punto. Il motivo è infondato alla luce del chiaro disposto di cui all’art. 43 d.P.R. n. 600/1973, applicabile ratione temporis : l ‘avviso d’accertamento d’ufficio doveva essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere effettuata, come correttamente avvenuto nella fattispecie in esame.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 14 d.lgs. n. 546/1992 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c. per difetto di integrazione del contraddittorio sin dal primo grado e del litisconsorzio necessario e la nullità della sentenza.
4.1 In sintesi lamenta la nullità della sentenza per essere stati l’accertamento ed il conseguente giudizio promossi solo nei confronti della  socia NOME,  senza  l’intervento  dell’ulteriore socio  COGNOME  NOME,  anche  alla  luce  della  contestazione  della
sussistenza, in capo alla contribuente NOME, della qualità di socia di fatto (cfr. pag. 6 del ricorso).
Il motivo è infondato giacché «secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento emesso nei confronti di socio di società di capitali, avente ad oggetto il maggior reddito da partecipazione derivante dalla presunzione di distribuzione dei maggiori utili accertati a carico della società partecipata, non sussiste litisconsorzio necessario tra società e soci, sussistendo unicamente il nesso di pregiudizialitàdipendenza tra l’accertamento sociale e quello dei soci (Cass., Sez. VI, 8 ottobre 2020, n. 21649; Cass., Sez. VI, 28 agosto 2017, n. 20507; Cass., Sez. V, 10 gennaio 2013, n. 426; Cass., Sez. V, 31 gennaio 2011, n. 2214). Il mancato intervento (in astratto) di uno dei soci della società di cui è stata predicata la ristretta base non com porta violazione dell’art. 14 d.lgs. n. 546/1992» (Cfr. Cass., V, n. 94/2022).
Con la terza doglianza la parte ricorrente prospetta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, co. 4 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., per inesistenza o insufficienza della motivazione della sentenza e vizio della stessa, criticando la motivazione della sentenza impugnata per aver la CTR richiamato i precedenti della CTP di Pistoia n. 84/14 e della CTR di Firenze n. 987/2015, anziché entrare nel merito dei rilievi della ricorrente, e financo lamentando la natura meramente apparente della sentenza, perché insuscettibile di esporre il ragionamento seguito alla CTR.
In  disparte  il  fatto  che  non  si  rinvengono,  nel  motivazione della  sentenza,  i  richiami  alle  anzidette  pronunce  di  merito,  in materia giova rammentare «il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui la motivazione è solo apparente – e la sentenza è nulla  perché  affetta  da error  in  procedendo –  quando,  benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni
obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare  all’interprete  il  compito  di  integrarla  con  le  più  varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 2016, Rv.  641526-01;  conf.  Cass.,  Sez.  6-5,  Ordinanza  n.  14927  del 2017).» (Cfr. Cass., V, 20414/2018).
7.1 Nella  fattispecie  in  esame  la  motivazione  della  sentenza  è assolutamente  chiara  ed  esplicita  nell’illustrare  il  ragionamento logico  seguito  dalla  CTR  sia  per  quanto  concerne  la  presunta violazione del difetto di contraddittorio preventivo, sia RAGIONE_SOCIALE presunzioni  applicabili  in  ipotesi  di  attribuzione  ai  soci  degli  utili extracontabili, peraltro in conformità ai principi rassegnati da questa Corte e all’assenza di prova contraria ad opera della ricorrente.
8. In conclusione, il ricorso va rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna  la  ricorrente  al pagamento  RAGIONE_SOCIALE  spese  del  presente giudizio di legittimità in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, che liquida in €.diecimiladuecento/ 00, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 115/2002 la Corte  dà  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24/01/2024