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Accertamento soci: la presunzione di utili in S.r.l.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2945/2024, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, annullando le sentenze che avevano invalidato un accertamento fiscale verso una S.r.l. a ristretta base partecipativa e i conseguenti avvisi di accertamento soci. La Corte ha ribadito la legittimità della presunzione di distribuzione degli utili extra-contabili ai soci, specificando che spetta a loro fornire la prova contraria. È stato inoltre chiarito il nesso di pregiudizialità tra l’accertamento societario e quello personale, che impone la sospensione del giudizio verso i soci fino alla definizione di quello della società.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento soci: la presunzione di utili nelle S.r.l. secondo la Cassazione

L’accertamento soci rappresenta uno strumento cruciale per l’amministrazione finanziaria nel contrasto all’evasione fiscale societaria. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione, la n. 2945 del 31 gennaio 2024, ha fornito importanti chiarimenti su due pilastri di questa materia: la presunzione di distribuzione degli utili extra-contabili nelle società a responsabilità limitata a ristretta base partecipativa e il nesso di pregiudizialità tra l’accertamento alla società e quello ai singoli soci. Analizziamo la decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: dall’Accertamento Societario a quello Personale

La vicenda nasce da un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava a una S.r.l. maggiori imponibili ai fini Ires, Irap e Iva per l’anno d’imposta 2010. Le contestazioni si basavano su diversi elementi, tra cui la gestione anomala del conto cassa, vendite in nero e la presunzione di interessi attivi su un finanziamento erogato a un socio.

Di conseguenza, l’Ufficio notificava avvisi di accertamento personali ai due soci della S.r.l., imputando loro, pro quota, i maggiori redditi societari accertati, qualificandoli come dividendi distribuiti. Sia la società che i soci impugnavano gli atti, ottenendone l’annullamento nei primi due gradi di giudizio. L’Agenzia delle Entrate, ritenendo errate le decisioni, ricorreva per cassazione.

La Decisione della Cassazione: Ribaltati i Giudizi di Merito

La Suprema Corte ha accolto tutti i ricorsi dell’Agenzia, cassando con rinvio le sentenze impugnate. I giudici di legittimità hanno censurato le decisioni delle commissioni tributarie regionali per diversi errori di diritto e di procedura, riaffermando principi consolidati in materia.

L’Accertamento Soci e il Principio di Pregiudizialità

Uno dei punti cardine della decisione riguarda il corretto rapporto processuale tra il contenzioso della società e quello dei soci. La Corte ha stabilito che l’accertamento del maggior reddito della società costituisce un antecedente logico-giuridico indispensabile per l’accertamento a carico dei soci. Pertanto, i giudici di merito avrebbero dovuto sospendere il processo relativo ai soci, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in attesa della formazione di un giudicato sulla pretesa fiscale verso la società.
Decidere nel merito la causa dei soci senza attendere la definizione di quella societaria è stato un errore procedurale, in quanto la legittimità dell’accertamento soci dipende interamente dall’esito del primo.

La Presunzione di Distribuzione degli Utili: Un Onere della Prova Invertito

La Corte ha inoltre bacchettato i giudici di merito per aver male interpretato la presunzione di distribuzione degli utili. Essi avevano annullato gli avvisi ai soci per la mancata prova di un ‘nesso di trasparenza’, un concetto che si applica alle società di persone, non a quelle di capitali come le S.r.l.

Per le società di capitali a ristretta base partecipativa, la giurisprudenza costante presume che gli utili extra-contabili accertati siano stati distribuiti ai soci. Questo si fonda sulla ‘complicità’ che normalmente caratterizza un gruppo societario così composto. Di conseguenza, si verifica un’inversione dell’onere della prova: non è l’Fisco a dover dimostrare l’avvenuta distribuzione, ma è il socio a dover provare il contrario, dimostrando che i maggiori ricavi sono stati accantonati, reinvestiti dalla società o che egli è estraneo alla gestione sociale.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Cassazione sono state nette e articolate. In primo luogo, la Corte ha rilevato una ‘motivazione apparente’ nelle sentenze di secondo grado, le quali si erano limitate a richiamare genericamente le argomentazioni delle parti e la decisione di primo grado senza sviluppare un percorso logico-giuridico autonomo e coerente. Tale vizio procedurale è di per sé sufficiente a determinare la nullità della sentenza.

In secondo luogo, è stato chiarito che il principio di continuità dei valori di bilancio consente all’Ufficio di esaminare dati di annualità precedenti (come il saldo cassa di anni passati) per verificare la correttezza dei dati dell’anno accertato, senza che ciò costituisca un’illegittima rettifica di annualità ormai chiuse.

Infine, è stato ribadito che l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento al socio è soddisfatto anche tramite rinvio (per relationem) all’accertamento societario. Non è necessario allegare materialmente quest’ultimo, poiché il socio ha il diritto, secondo il codice civile, di consultare tutta la documentazione societaria.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza significativamente gli strumenti a disposizione dell’amministrazione finanziaria nell’accertamento soci di S.r.l. a base ristretta. Le conclusioni pratiche sono chiare:
1. Pregiudizialità: Il giudizio sull’accertamento ai soci deve attendere l’esito definitivo di quello sulla società.
2. Onere della Prova: In presenza di utili extra-contabili, la presunzione di distribuzione ai soci è la regola. Spetta al contribuente fornire una prova rigorosa del contrario.
3. Motivazione: Il rinvio all’atto presupposto (l’accertamento societario) è sufficiente per motivare l’avviso al socio.
Questa pronuncia serve da monito per i soci di S.r.l. familiari o con pochi membri, i quali sono chiamati a una gestione trasparente e a poter documentare puntualmente il destino di tutti i proventi societari per vincere la forte presunzione a loro sfavore.

Quando è legittima la presunzione che gli utili non dichiarati da una S.r.l. a ristretta base partecipativa siano stati distribuiti ai soci?
Secondo la Corte, tale presunzione è sempre legittima in caso di società di capitali con pochi soci. La logica si basa sulla ‘complicità’ e sulla condivisione delle informazioni che si presume esista tra i soci. Spetta al socio contribuente l’onere di dimostrare che tali utili non sono stati distribuiti ma, ad esempio, reinvestiti o accantonati.

Il processo a carico del socio per maggiori redditi da partecipazione deve essere sospeso se è ancora in corso quello a carico della società?
Sì. La Corte ha affermato che l’accertamento del maggior reddito societario è un presupposto logico-giuridico indispensabile per l’accertamento nei confronti dei soci. Di conseguenza, il giudizio che riguarda i soci deve essere sospeso in attesa della sentenza definitiva relativa alla società, per evitare decisioni contrastanti.

L’avviso di accertamento notificato al socio deve obbligatoriamente allegare l’avviso di accertamento della società?
No, non è obbligatorio. La Corte ha chiarito che l’obbligo di motivazione è soddisfatto anche mediante rinvio ‘per relationem’ all’atto presupposto. Il socio, infatti, ha per legge il potere di consultare tutta la documentazione relativa alla società, inclusi gli atti di accertamento e i relativi documenti giustificativi, e quindi può prenderne visione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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