Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21216 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21216 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1241/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata;
-ricorrente –
CONTRO
NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME domiciliato unitamente a quest’ultimo in Roma nello studio dell’avv. NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del controricorso controricorrente
e nei confronti di
D’NOME COGNOME (DLALSN59C31L797J)
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME & COGNOME NOME Pasquale in liquidazione, in persona del liquidatore
-intimati – avverso la sentenza n. 5241/15/2016 della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata in data 6.6.2016 e notificata il 2.11.2016;
Avviso accertamento
IRPEF anno
1997
–
reddito di
partecipazione
udita la relazione svolta all’udienza camerale del 2.4.2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME, socio al 50% della RAGIONE_SOCIALE di DRAGIONE_SOCIALE, impugnava l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO relativo ad omessa dichiarazione del reddito di partecipazione dell’anno 1997, notificatogli dall’Agenzia delle Entrate -Ufficio di Casoria, che faceva seguito all’avviso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO, notificato alla società RAGIONE_SOCIALE, quest’ultimo oggetto di impugnazione davanti alla C.T.P. di Benevento.
2.La C.T.P. di Napoli, con sentenza n. 66/19/2006, accoglieva il ricorso, ritenendo che l’avviso di accertamento relativo alla società avrebbe dovuto essere notificato al contribuente unitamente all’avviso di accertamento relativo al reddito di partecipazione.
Proponeva appello l’Agenzia delle Entrate, la quale faceva presente che nelle more il ricorso avverso l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società era stato respinto e che la C.T.P. avrebbe dovuto attendere l’esito del giudizio e decidere in conformità. La C.T.R. della Campania, con sentenza n. 20/31/2007, accoglieva il gravame, quale conseguenza del rigetto del ricorso avverso l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, attesa l’unitarietà dell’accertamento.
3.La sentenza veniva impugnata da COGNOME NOME con ricorso per cassazione. La Corte, con ordinanza n. 23970 del 13.11.2009, dichiarava la nullità dell’intero giudizio, ritenendo integrata un’ipotesi di litisconsorzio necessario, data l’unitarietà dell’accertamento, e rinviava alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, affinchè decidesse la causa previa integrazione del contraddittorio con la società e l’altro socio illimitatamente responsabile.
4. COGNOME NOME riassumeva il giudizio nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, della società RAGIONE_SOCIALE e del socio COGNOME NOME.
5.La C.T.P. di Napoli, ordinata la produzione della sentenza della Suprema Corte n. 27708 del 21.11.2028, relativa al giudizio avente ad oggetto l’impugnativa del verbale di accertamento emesso nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, preso atto che il giudizio avverso l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società si era definitivamente concluso in senso sfavorevole per la società e che COGNOME NOME, in quanto socio, doveva ritenersi a conoscenza dell’accertamento, rigettava il ricorso.
6.Schioppa NOME proponeva appello, insistendo sulla tesi che l’accertamento era nullo perché non gli era stato notificato l’avviso di accertamento relativo alla società e comunque infondato.
7.La CTR respingeva il primo motivo di gravame e, in parziale accoglimento del secondo motivo, riformava la sentenza di primo grado, con riferimento alla percentuale di ricarico calcolata dall’Agenzia delle Entrate, confermando nel resto la legittimità dell’accertamento.
Avverso la precitata sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, sulla base di due motivi.
9.Resiste con controricorso COGNOME NOME.
La società in liquidazione e il socio COGNOME Alessandro sono rimasti intimati.
E’ stata fissata l’udienza camerale del 2.4.2025, in prossimità della quale il controricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con primo motivo di ricorso, rubricato «omessa valutazione del giudicato formatosi nel giudizio avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento notificato alla società RAGIONE_SOCIALE», l’Agenzia delle Entrate lamenta che la C.T.R. abbia ignorato
il passaggio in giudicato della sentenza n. 126/1/2006 della C.T.R. della Campania, a seguito della pronuncia della S.C. n. 27708/2008 del 21.11.2008, depositata nel giudizio di rinvio dallo stesso COGNOME in data 12.12.2013, su invito della C.T.P. di Napoli. Era cioè passata in giudicato la sentenza che aveva respinto il ricorso avverso l’avviso di accertamento spiccato nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE e siccome il socio aveva impugnato il proprio avviso di accertamento per gli stessi motivi proposti dalla società ossia non ‘per motivi personali’, la C.T.R. avrebbe dovuto adeguarsi al giudicato o quanto meno prendere in considerazione e valutare la precitata sentenza come un qualsiasi altro documento, come più volte statuito dalla Suprema Corte.
1.1. Il motivo è fondato nei limiti che seguono.
Questa Corte, ad esempio nella sentenza n. 12792/2016, ha affermato che secondo il consolidato orientamento delle sezioni unite, desumibile dalla sentenza n. 14815/2008, nel giudizio avente ad oggetto l’accertamento dei redditi di società ed associazioni, ove, in violazione dei principi del litisconsorzio necessario, si formino giudicati “parziali” relativi a singole posizioni, i rapporti fra il giudicato parziale e le posizioni dei soggetti nei cui confronti non sì sia formato il giudicato debbono essere risolti in base ai principi del contraddittorio e del diritto di difesa, per cui il terzo può trarre beneficio dal giudicato inter alios , ma non esserne pregiudicato. Con la conseguenza, ulteriormente puntualizzata dalla Corte (Cass. n. 12793/2014), che la formazione di un giudicato a carico di uno dei litisconsorti impedisce la concreta attuazione del litisconsorzio processuale, e tale giudicato – ove sia sfavorevole – non pregiudica la posizione degli altri litisconsorti (Cass. n. 12793/2014, conf. n. 17360/2014).
1.2. Tuttavia, è condivisibile l’assunto dell’Agenzia delle Entrate secondo cui la C.T.R. doveva comunque valutare la sentenza
definitiva sfavorevole alla società alla stregua di una prova documentale rilevante, unitamente agli altri elementi di prova.
Ed infatti, nella motivazione della sopra citata sentenza n. 14815/2008, è stato specificato, per completare il quadro delle possibili situazioni che il giudice del rinvio dovrà governare, che l’eventuale produzione in giudizio di sentenze passate in giudicato che, a causa dei limiti soggettivi del giudicato stesso, non abbiano efficacia vincolante (ad es. sentenza favorevole all’amministrazione finanziaria pronunciata nel giudizio relativo alla società o a singoli soci) nei confronti del contribuente ricorrente (un socio e/o la società che non abbia partecipato al giudizio), pur non producendo gli effetti tipici del giudicato non è tamquam non esset . Il contenuto della decisione prodotta in giudizio dovrà essere oggetto di autonoma valutazione e di specifica motivazione, come accade per la produzione di qualsiasi documento rilevante nel giudizio, esclusa, quindi, la possibilità della mera motivazione per relationem (v. Cass. n. 14056/2006).
La C.T.R. non si è attenuta a questi principi, avendo del tutto omesso di prendere posizione sul valore probatorio della sentenza n. 126/1/2006 della C.T.R. della Campania, passata in giudicato.
2.Con il secondo motivo, rubricato «violazione e falsa applicazione dell’art. 39, c. 1 lettera d) d.p.r. 600/73 e art. 54 d.p.r. 633/1972, nonché degli artt. 2729 e 2697 c.c.», la ricorrente, si duole, in sintesi, del fatto che la C.T.R. non abbia tenuto conto del rinvenimento di due fatture di acquisito di macchinari che non risultavano dalla contabilità aziendale, né tra le vendite né tra le rimanenze finali, circostanze che, unitamente all’esiguità della percentuale di ricarico (5,83%), erano sufficienti a far ritenere infedele la contabilità e dunque sia a giustificare la rettifica analitico induttiva che a far ricadere sul contribuente l’onere della prova contraria. Inoltre, la C.T.R. aveva ritenuto assolto l’onere probatorio posto in capo al socio riferendosi esclusivamente alla
percentuale di ricarico, dando credito ad una percentuale di ricarico talmente esigua da non consentire neppure la remunerazione dei fattori della produzione.
2.1 Il motivo è fondato.
La C.T.R. ha esordito, affermando che ‘ Sul punto la C.T.P. di Napoli si è limitata a rilevare la ‘notevolissima differenza tra la percentuale dichiarata nella misura del 5,83% e quella accertata del 49,63%, sproporzione che unitamente a due fatture d’acquisto macchinari non rivenute in contabilità, costituivano a suo parere, una presunzione grave, precisa e concordante di cui all’art. 54 D.P.R. 633/72 sopra citato.’ Tanto precisato, ritiene questa commissione che gli elementi indicati dal giudice di primo grado non siano idonei e sufficienti al fine dell’operatività della presunzione disciplinata dall’art. 54 D.P.R. 633/72, soprattutto alla luce della documentazione prodotta in atti dalla parte appellante, di fatto ignorata dalla C.T.P. di Napoli.’ Ha poi ritenuto che dall’esame della tabella di cui a pagina 18 dell’atto di appello, unitamente alla relativa documentazione prodotta dall’appellante, si ricavava l’effettiva limitatezza del campione utilizzato dall’ufficio per calcolare, con media aritmetica, la percentuale di ricarico, percentuale che invece, attraverso l’ampliamento dei prodotti merceologici, nonché in ragione della loro dimostrata disomogeneità, pur appartenendo alla medesima categoria, giustificava pienamente la diversa e più bassa percentuale di ricarico indicata dal ricorrente, facendo da ciò derivare il ‘ superamento della presunzione sulla quale era basata la diversa determinazione della percentuale stessa ‘.
2.2. Il ragionamento della C.T.R. appare innanzitutto contraddittorio, atteso che, da un lato ha ritenuto che entrambi gli elementi evidenziati dagli accertatori non costituissero valida presunzione, ai sensi dell’art. 54 d.p.r. 633/72 e, dall’altro, ha affermato che l’appellante aveva superato la presunzione relativa
alla percentuale di ricarico, circostanza poco prima ritenuta inidonea ad integrare una valida presunzione.
La motivazione è inoltre generica e quindi apparente, in quanto non viene specificata la ragione per le quali i prodotti, in alcun modo identificati, pur appartenendo alla stessa categoria merceologica, dovevano ritenersi disomogenei, né in cosa consistesse la documentazione prodotta dall’appellante ritenuta probante.
In tema di accertamento induttivo del reddito di impresa fondato sulle percentuali di ricarico della merce venduta, infatti, la scelta tra il criterio della media aritmetica semplice e quello della media ponderale dipende, rispettivamente, dalla natura omogenea o disomogenea degli articoli (Cass. n. 27552/2018) ed è pertanto indispensabile, al fine di verificare la coerente applicazione di questo principio, l’individuazione del tipo di prodotti presi in considerazione, a maggior ragione a fronte di una percentuale di ricarico oggettivamente esigua.
2.3.Questa Corte ha ritenuto che ricorre un caso di motivazione apparente allorquando il giudice di merito ometta di indicare nella sentenza gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo in tale modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tale ipotesi la motivazione della sentenza è apparente perché non controllabile nel suo iter logico, disancorata da precisi riferimenti al quadro probatorio e astrattamente idonea ad essere applicata ad un numero indefinibile di fattispecie’ (cfr. Cassazione, ordinanza n. 7852/2020).
2.4. Infine, è stata in effetti del tutto obliterata dalla C.T.R. la questione del rinvenimento di due fatture di acquisito di macchinari che non risultavano dalla contabilità aziendale, né tra le vendite, né tra le rimanenze finali.
3.La sentenza va dunque cassata e rinviata alla C.G.T. di secondo grado di Napoli, in diversa composizione, la quale dovrà procedere ad un nuovo e motivato esame ed anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M .
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 2.4.2025.