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Accertamento soci: come contestare il reddito societario

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 34833/2024, chiarisce i limiti e le facoltà dei soci nell’impugnazione degli avvisi di accertamento. Sebbene i soci non possano impugnare direttamente l’atto emesso nei confronti della società di persone, possono contestarne il merito in sede di ricorso contro il proprio avviso di accertamento personale. La Corte ha accolto il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate, annullando la decisione di merito che aveva illegittimamente riconosciuto una deduzione di costi, e ha ribadito che solo il legale rappresentante della società ha la legittimazione ad agire contro l’accertamento societario.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento soci: chi può contestare il reddito della società?

La gestione fiscale di una società di persone presenta complessità uniche, specialmente quando l’Agenzia delle Entrate bussa alla porta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: la legittimazione dei singoli soci a contestare l’accertamento del reddito societario. L’accertamento soci è un tema delicato, e questa pronuncia chiarisce che, sebbene i soci non possano impugnare l’atto rivolto alla società, hanno il diritto di difendersi pienamente quando viene contestato il loro reddito personale, potendo in quella sede mettere in discussione il presupposto da cui deriva, ovvero il reddito della società stessa.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un avviso di accertamento notificato a una società in nome collettivo operante nel settore turistico. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di indagini bancarie sui conti di una socia amministratrice, aveva rideterminato un maggior reddito d’impresa e un maggior volume d’affari per l’anno 2008. Di conseguenza, in base al principio di trasparenza fiscale, l’Ufficio aveva notificato avvisi di accertamento anche ai singoli soci per il recupero della maggiore IRPEF.

I soci avevano impugnato sia l’atto societario sia quelli personali. I giudici di merito avevano parzialmente accolto i ricorsi, riconoscendo una deduzione di costi per circa 76.000 euro. L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, ha proposto ricorso incidentale in Cassazione, lamentando due vizi procedurali e un errore di diritto:
1. La tardività dei ricorsi originari.
2. La carenza di legittimazione ad agire dei soci contro l’atto della società.
3. L’errata applicazione della legge nella parte in cui era stata concessa la deduzione dei costi.

La Decisione della Cassazione e l’Accertamento Soci

La Corte di Cassazione, dopo aver preso atto della rinuncia al ricorso principale da parte dei contribuenti, ha esaminato il ricorso incidentale dell’Amministrazione Finanziaria, accogliendolo.

Sulla Legittimazione ad Agire dei Soci

Il punto centrale della decisione riguarda la legittimazione ad agire. La Corte ribadisce un principio consolidato: l’avviso di accertamento del reddito di una società di persone deve essere impugnato esclusivamente dal legale rappresentante della società stessa. I singoli soci, in quanto tali, non hanno il potere di agire in giudizio in nome e per conto dell’ente. Pertanto, i ricorsi presentati dai soci contro l’atto societario andavano dichiarati inammissibili.

La Tutela del Socio nell’Accertamento Personale

Nonostante l’inammissibilità del ricorso contro l’atto societario, la Cassazione afferma un principio di fondamentale importanza a tutela del diritto di difesa del singolo contribuente (art. 24 Cost.). Quando il socio impugna l’avviso di accertamento a lui personalmente notificato, con cui gli viene imputato un maggior reddito per trasparenza, egli ha la piena facoltà di contestare nel merito l’accertamento del reddito societario. Questo diritto sussiste anche se l’atto impositivo nei confronti della società è divenuto definitivo per mancata impugnazione da parte del legale rappresentante. In sostanza, la definitività dell’accertamento societario non può pregiudicare il diritto del socio a dimostrare l’infondatezza o l’illegittimità della pretesa fiscale nei suoi confronti.

L’Errore sulla Deduzione dei Costi

Infine, la Corte ha censurato la decisione dei giudici di merito sulla deduzione dei costi. La Commissione Tributaria Regionale aveva riconosciuto la deducibilità di costi relativi a un’altra attività, motivando in modo giuridicamente scorretto e senza verificare un fatto cruciale: se l’accertamento dell’Agenzia si basasse solo sui versamenti bancari o anche sui prelevamenti. Questa omissione ha costituito un error in iudicando, poiché l’onere della prova e le presunzioni legali cambiano a seconda che si contestino versamenti o prelevamenti dal conto corrente. Per questo motivo, la sentenza è stata cassata con rinvio su questo specifico punto.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una netta distinzione tra la posizione della società e quella dei soci. La società è un soggetto di diritto distinto, e solo il suo rappresentante legale può difenderne gli interessi in giudizio. Il litisconsorzio necessario tra società e soci in materia di accertamento dei redditi non altera questa regola sulla legittimazione processuale.
Tuttavia, il principio della trasparenza fiscale, che trasferisce il reddito dalla società ai soci, crea un legame indissolubile. Se al socio fosse impedito di contestare il reddito della società (presupposto della sua tassazione personale), il suo diritto di difesa sarebbe violato. La Corte, richiamando precedenti giurisprudenziali, afferma che l’unitarietà dell’accertamento non può tradursi in una compressione delle garanzie costituzionali. Pertanto, il socio deve sempre avere la possibilità di contestare l’infondatezza della pretesa tributaria che lo colpisce direttamente, anche se ciò significa riesaminare il merito di un accertamento societario formalmente definitivo.
Per quanto riguarda l’errore sulla deduzione dei costi, la motivazione è prettamente tecnica. I giudici di merito hanno errato nel non applicare correttamente le presunzioni legali di cui all’art. 32 del D.P.R. 600/1973. La Corte sottolinea che il giudice tributario ha il dovere di verificare con rigore i presupposti di fatto dell’accertamento (se basato su versamenti o prelievi) prima di poter valutare la prova contraria offerta dal contribuente, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione offre due importanti indicazioni operative:
1. Per le società: È fondamentale che sia il legale rappresentante a impugnare tempestivamente l’avviso di accertamento societario. L’azione dei singoli soci in tal senso è destinata all’inammissibilità.
2. Per i soci: Se ricevono un avviso di accertamento personale basato sul reddito della società, possono e devono difendersi contestando ogni aspetto della pretesa, inclusa la legittimità e la fondatezza dell’accertamento societario. La definitività dell’atto societario non costituisce un ostacolo insormontabile alla loro difesa.

Un socio può impugnare direttamente l’avviso di accertamento notificato alla società di persone?
No. Secondo la giurisprudenza costante della Corte di Cassazione, la legittimazione ad impugnare l’avviso di accertamento societario spetta soltanto al legale rappresentante della società e non ai singoli soci.

Se l’accertamento societario è definitivo, il socio può ancora contestarne il merito?
Sì. Il socio, quando impugna l’avviso di accertamento personale che gli imputa una quota del maggior reddito societario, ha la facoltà di contestare nel merito la fondatezza dell’accertamento presupposto, anche se quest’ultimo è divenuto definitivo per mancata impugnazione da parte della società.

Qual è il ruolo del giudice di merito in caso di accertamenti basati su indagini bancarie?
Il giudice di merito ha il dovere di verificare con rigore l’efficacia delle prove offerte dal contribuente per superare la presunzione legale di maggiori ricavi. Deve inoltre accertare correttamente i presupposti dell’accertamento (se basato su versamenti e/o prelievi), poiché da ciò dipendono le regole sull’onere della prova.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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