Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34833 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34833 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21796/2017 R.G. proposto da COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME COGNOME, dal quale sono rappresentati e difesi
-ricorrenti principali- contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente/ricorrente in via incidentale- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CALABRIA n. 915/17 depositata il 12 aprile 2017
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 14 novembre 2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
Sulla scorta delle risultanze delle indagini bancarie condotte sui conti correnti intestati alla socia amministratrice NOME COGNOME la Direzione Provinciale di Vibo Valentia dell’Agenzia delle Entrate
notificava alla RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e COGNOME NOME, esercente l’attività di gestione di un campeggio -villaggio turistico, un avviso di accertamento con il quale rideterminava il reddito d’impresa e il volume d’affari dalla stessa conseguiti nell’anno 2008, contestando maggiori ricavi per un importo complessivo di 410.938,30 euro e provvedendo alle conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRAP e dell’IVA.
Successivamente lo stesso Ufficio emetteva nei confronti dei soci NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME tre distinti avvisi di accertamento mediante i quali imputava loro per trasparenza, ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), il maggior reddito determinato in capo all’ente collettivo, recuperandolo a tassazione ai fini dell’IRPEF.
La società e i soci predetti, unitamente all’altra socia NOME COGNOME presentavano all’Agenzia delle Entrate autonome istanze di accertamento con adesione, a norma dell’art. 6, comma 2, del D. Lgs. n. 218 del 1997.
L’Ufficio dichiarava l’istanza formulata dalla RAGIONE_SOCIALE, in quanto tardivamente proposta.
Le procedure conciliative attivate dai soci non sortivano esito positivo.
A questo punto, i prefati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME impugnavano gli avvisi di accertamento con quattro autonomi ricorsi proposti dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Vibo Valentia proponendo quattro autonomi ricorsi; precisamente: (1)con un primo ricorso NOME e NOME COGNOME impugnavano l’avviso di accertamento societario; (2)con un secondo ricorso la stessa NOME COGNOME impugnava l’avviso di accertamento personale; (3)con un terzo ricorso NOME COGNOME impugnava sia l’avviso societario che quello personale; (4)con un quarto ricorso anche NOME COGNOME impugnava tanto l’avviso emesso a carico della società quanto quello a lei
personalmente rivolto.
La Commissione adìta, con quattro distinte sentenze in pari data, accoglieva solo parzialmente i ricorsi, detraendo dall’ammontare dei maggiori ricavi accertati in via presuntiva dall’Ufficio i corrispondenti costi di produzione, quantificati in 76.017,95 euro.
Le decisioni venivano impugnate davanti alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria sia dai contribuenti, con unico ricorso congiunto, che dall’Amministrazione Finanziaria, con atto di controdeduzioni contenente appello incidentale.
I giudici d’appello, con sentenza n. 915/17 del 12 aprile 2017, respingeva i contrapposti gravami.
Avverso questa sentenza i COGNOMECOGNOME hanno proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi, gli ultimi tre erroneamente rubricati con un numero cardinale superiore (5, 6 e 7).
Il primo motivo – -censura l’impugnata sentenza nella parte in cui ha escluso la nullità degli avvisi di accertamento per difetto di sottoscrizione da parte del capo dell’ufficio finanziario competente.
Il secondo motivo – -investe sotto diversi profili il punto della decisione impugnata in cui la CTR ha affermato
che nel caso di specie non poteva trovare applicazione il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, dello statuto del contribuente, né risultava necessaria la redazione di un processo verbale di chiusura delle operazioni di verifica condotte dall’Amministrazione.
Il terzo mezzo – -rimprovera al collegio di secondo grado di aver erroneamente ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento pur in assenza di allegazione del provvedimento, ivi richiamato, con il quale il Direttore Regionale dell’Agenzia delle Entrate avrebbe autorizzato l’esperimento di indagini finanziarie nei riguardi della socia amministratrice NOME COGNOME
Il quarto motivo, erroneamente indicato come quinto – -deduce l’errore in cui sarebbe incorsa la Commissione regionale nell’escludere la nullità degli atti impositivi per difetto di motivazione.
Il quinto motivo – -imputa al collegio di secondo grado di non aver
tenuto conto, ai fini della ricostruzione dei maggiori ricavi asseritamente conseguiti dalla società nell’anno d’imposta 2008, della perizia contabile prodotta in appello dai contribuenti, la cui correttezza non era stata minimamente contestata dall’Amministrazione.
Il sesto mezzo – -contesta ai giudici «a quibus» di non aver esaminato la censura con cui i contribuenti si erano doluti della mancata deduzione dei costi connessi ai maggiori ricavi presuntivamente accertati dall’Ufficio in capo alla società.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso contenente ricorso incidentale sorretto da tre motivi.
Il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., denuncia la nullità dell’impugnata sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 21 del D. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 6 del D. Lgs. n. 218 del 1997.
Si sostiene che avrebbe errato la CTR nel disattendere l’eccezione di tardività degli originari ricorsi dei contribuenti sollevata «in limine litis» dall’Amministrazione e dalla stessa ribadita in grado di appello.
Il secondo motivo, anch’esso proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., lamenta la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 75 e 81 c.p.c. e dell’art. 18 del D. Lgs. n. 546 del 1992.
Viene ascritto alla Commissione regionale di non aver dichiarato inammissibile, per carenza di legittimazione ad agire, il ricorso proposto dai soci COGNOME avverso l’avviso di accertamento emesso a carico della Baia d’Ercole s.n.c..
Il terzo motivo, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3)
c.p.c., prospetta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973.
Si critica la decisione resa dai giudizi di appello nella parte in cui è stata esclusa la legittimità della ripresa a tassazione dell’importo di 76.017,95 euro.
Con atto sottoscritto da loro personalmente e dal difensore avv. NOME COGNOME notificato all’Agenzia delle Entrate in data 16 luglio 2019, i COGNOME –COGNOME hanno rinunciato al ricorso.
La causa è stata, quindi, avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Come anticipato nella superiore narrativa, con dichiarazione ritualmente espressa nelle forme previste dall’art. 390, comma 2, c.p.c., NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno rinunciato al ricorso per cassazione da loro proposto avverso la sentenza n. 915/17 resa dalla CTR della Calabria.
1.1 In mancanza di accettazione incondizionata da parte dell’Agenzia delle Entrate, detta rinuncia non determina l’inefficacia del ricorso incidentale, ferma restando l’estinzione del giudizio relativamente all’impugnazione principale (cfr. Cass. n. 20630/2024, Cass. n. 15781/2024, Cass. n. 13888/2022, Cass. n. 18707/2013, Cass. Sez. Un. n. 8925/2011).
1.2 Deve, pertanto, procedersi all’esame del gravame erariale.
I primi due motivi possono essere scrutinati insieme per la loro stretta connessione.
2.1 Essi veicolano nella presente sede processuale questioni che, come si ricava dalla lettura della sentenza impugnata, avevano formato oggetto di specifiche eccezioni sollevate in primo grado dall’Agenzia delle Entrate ed erano state dalla stessa espressamente riproposte in appello.
2.2 Tali questioni sono state disattese dalla CTR sulla scorta della seguente motivazione: «Sull’eccepita inammissibilità del ricorso da parte dell’Ufficio per tardività dello stesso, la Commissione rileva: è vero che il ricorso introduttivo è stato presentato dal rappresentante legale della società in data 04.03.2014, quindi tardivamente, tuttavia, poiché alcuni soci hanno tempestivamente impugnato i rispettivi avvisi (di) accertamento, notificati in data 8 e 9/10/2013, non si può ritenere il ricorso inammissibile perché in quanto ( recte : questo -n.d.r.) caso sussiste il litisconsorzio necessario tra la società RAGIONE_SOCIALE società di persone, e i soci ricorrenti» .
2.3 Tanto premesso, le censure sollevate dall’Amministrazione Finanziaria risultano fondate, nei limiti appresso indicati.
2.4 Dalla ricostruzione della vicenda processuale operata dagli stessi ricorrenti principali emerge che:
-l’avviso di accertamento emesso a carico della RAGIONE_SOCIALE è stato impugnato, con tre distinti ricorsi, da NOME COGNOME, da NOME COGNOME e da NOME e NOME COGNOME, nella qualità di soci della prefata società di persone;
-gli stessi NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno, inoltre, impugnato gli avvisi di accertamento personali successivamente notificati a ciascuno di loro dall’Agenzia delle Entrate.
2.5 Ciò posto, deve rilevarsi che, per giurisprudenza di questa Corte, la legittimazione ad impugnare l’avviso di accertamento societario spetta soltanto al legale rappresentante dell’ente, e non anche ai soci (cfr. Cass. n. 12496/2024, Cass. n. 10356/2006, Cass. n. 12376/2002).
2.6 Ha pertanto errato la CTR nell’affermare che il ricorso avverso l’atto impositivo adottato nei confronti della Baia d’Ercole s.n.c., nonostante la sua tardività, era da considerare ammissibile per il fatto che «alcuni soci (aveva) no tempestivamente impugnato i
rispettivi avvisi di accertamento» .
Né può indurre a diversa conclusione il rilievo che, in materia di accertamento dei redditi delle società di persone, sussiste litisconsorzio necessario fra la società e tutti i suoi soci, in quanto la configurabilità della descritta situazione processuale non incide sull’esclusiva legittimazione del legale rappresentante a reagire contro l’atto impositivo emesso nei confronti dell’ente collettivo.
2.7 Per quanto, invece, attiene agli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei singoli soci, il motivo risulta privo di autosufficienza, non avendo l’impugnante trascritto le relate di notifica dei singoli atti impositivi, o comunque riprodotto il loro contenuto, onde consentire alla Corte di verificare, dalla sola lettura del ricorso e senza bisogno di accedere a fonti ad esso esterne, se le impugnazioni siano state proposte oltre il termine di legge.
Oltretutto, la censura non tiene conto dell’effetto sospensivo derivante, ex art. 6, comma 3, del D. Lgs. n. 218 del 1997, dalla tempestiva proposizione, da parte dei soci medesimi, di autonome istanze di accertamento con adesione inerenti agli atti impositivi in discorso.
2.8 In definitiva, gli originari ricorsi separatamente proposti in nome e per conto della società dai soci NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME andavano dichiarati inammissibili per carenza di legittimazione ad impugnare.
2.9 Ferme le conclusioni dianzi raggiunte, giova precisare che la constatata tardività dei ricorsi societari non preclude, in ogni caso, ai soci che hanno tempestivamente impugnato gli avvisi personali la facoltà di contestare nel merito l’accertamento tributario compiuto nei confronti dell’ente collettivo.
2.10 Invero, questa Corte ha già avuto occasione di precisare che, «in tema di redditi prodotti in forma associata, l’unitarietà dell’accertamento ai fini dell’ILOR dovuta dalla società ed ai fini dell’IRPEF a carico dei singoli soci (art. 40 del d.P.R. 29 settembre
1973, n. 600), ed il difetto di legittimazione processuale di questi ultimi nel giudizio relativo all’accertamento del reddito sociale, non comporta che il singolo socio, al quale il reddito è imputato proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili, ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 (ora art. 5 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), sia privo della legittimazione a ricorrere avverso l’avviso di accertamento del rispettivo reddito di partecipazione ‘automaticamente’ applicativo dell’accertamento del reddito della società. La disposizione contenuta nel detto art. 5 del d.P.R. n. 597 del 1973 va, infatti, letta in conformità del principio, affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 5 del 1998, secondo il quale tutte le norme che prevedono responsabilità di soggetti dell’ordinamento debbono essere interpretate nel senso che sia data la possibilità al soggetto onerato di avvalersi della tutela giurisdizionale garantita dall’art. 24 Cost. quale ‘diritto inviolabile’, derivandone che «al socio accomandante (nella specie, di società di persone), privo di legittimazione processuale nel giudizio relativo all’accertamento del reddito societario ai fini dell’ILOR, deve sempre ritenersi consentita, allorché gli sarà notificato l’accertamento del suo reddito personale, la possibilità di tutelare i suoi diritti, contestando anche nel merito l’accertamento del suo reddito di partecipazione, nonostante l’intervenuta definitività dell’accertamento del reddito societario ai fini ILOR» (cfr. Cass. n. 1946/2001).
2.11 Tale principio è stato poi ribadito, in fattispecie analoghe alla presente, con ordinanze nn. 15933/2021 e 12496/2024.
2.12 Ai richiamati precedenti giurisprudenziali si intende dare continuità, sicchè va riconosciuta ai soci NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME la legittimazione a far valere, in sede di impugnazione degli atti impositivi personali, anche le censure relative all’illegittimità o infondatezza dell’accertamento espletato nei riguardi della società.
Il terzo motivo è fondato.
3.1 Per costante insegnamento di questo Supremo Collegio, l’art. 32, comma 1, nn. 2), secondo periodo, e 7), del D.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 51, comma 2, nn. 2), secondo periodo, e 7), del D.P.R. n. 633 del 1972 stabiliscono una presunzione legale relativa ( «iuris tantum» ) di disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze delle indagini bancarie effettuate dall’ufficio finanziario (cfr. Cass. n. 19363/2021).
3.2 Detta presunzione -la quale opera unicamente rispetto alle operazioni di versamento nei confronti della generalità dei contribuenti, mentre vale anche per i prelievi nei riguardi dei soli titolari di reddito d’impresa (cfr., ex ceteris , Cass. n. 9066/2021, Cass. n. 547/2020, Cass. n. 8266/2018, tutte pronunciate all’esito della sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014, che ha dichiarato illegittima l’estensione al reddito di lavoro autonomo della presunzione già stabilita dall’art. 32, comma 1, n. 2], secondo periodo, del D.P.R. n. 600 del 1973 per il reddito d’impresa) -è superabile dalla parte privata attraverso la prova contraria consistente nel dimostrare che le operazioni contestate dall’Ufficio sono già incluse nel reddito imponibile dichiarato o risultano fiscalmente irrilevanti (cfr. Cass. n. 1519/2017).
3.3 In tal caso, il giudice di merito è tenuto a verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ogni singola operazione, dandone compiutamente conto in motivazione (cfr. Cass. n. 22047/2023, Cass. n. 10817/2023, Cass. n. 9574/2023, Cass. n. 13112/2020, Cass. n. 10480/2018).
3.4 Alla luce delle affermazioni contenute nella successiva sentenza della Consulta n. 10/2023, è stato, inoltre, statuito che, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati (e quindi occulti) scaturente da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre, anche in caso di accertamento analitico -induttivo, eccepire l’incidenza percentuale
dei costi relativi, i quali vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati (cfr. Cass. n. 21788/2024, Cass. n. 11169/2024, Cass. n. 6874/2023, Cass. n. 5586/2023).
3.5 Nel caso di specie, la CTR ha ritenuto illegittimi gli atti impositivi oggetto di causa limitatamente alla ripresa a tassazione dell’importo di 76.017,95 euro, sul presupposto che tale somma corrisponderebbe, per l’appunto, al totale dei costi da detrarre dall’ammontare dei prelevamenti bancari ingiustificati presi in considerazione dall’Ufficio ai fini dell’accertamento tributario concernente la Baia d’Ercole s.n.c..
3.6 Ha argomentato, in proposito, il collegio d’appello che, «se si (è) ten (uto) conto in entrata degli accreditamenti riferibili alla struttura RAGIONE_SOCIALE di Lopreiato Paola, è giusto tenere conto dei costi certi alla stessa riferibili, come gli interessi passivi pagati per il mut (u) o acceso presso la Banca Monte dei Paschi di Siena, finalizzato all’avviamento di quella struttura, pari ad euro 76.017,95» .
3.7 La soluzione accolta dai giudici di secondo grado non appare giuridicamente corretta, non avendo essi appurato -benchè la circostanza non potesse affatto considerarsi incontroversa (a pag. 9 della sentenza, righi 8 -10, si legge che l’Ufficio sosteneva di «non ave accertato i prelevamenti come ricavi, ma limitato ad acquisire come ricavi i versamenti sui conti correnti per i quali i contribuenti non avevano fornito prova valida» ) -se l’operata rettifica del reddito dichiarato dalla società per l’anno d’imposta 2008 si fondasse non solo su versamenti, ma anche su prelievi ingiustificati emersi dall’analisi dei conti correnti intestati a NOME COGNOME nel periodo in osservazione.
3.8 In assenza di una simile verifica -necessaria ai fini della corretta sussunzione della fattispecie concreta nell’astratta previsione normativa recata dall’art. 32, comma 1, n. 2) del D.P.R. n. 600 del 1973, nella parte in cui disciplina le modalità di
assolvimento dell’onere della prova contraria gravante sul contribuente -, appare configurabile il dedotto «error in iudicando» .
Tirando le fila del discorso fin qui condotto:
-va dichiarata l’estinzione del giudizio relativamente al ricorso principale (artt. 391 c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992);
-deve essere dichiarata l’inammissibilità degli originari ricorsi spiegati in nome e per conto della RAGIONE_SOCIALE dai soci NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con conseguente cassazione senza rinvio dell’impugnata sentenza, «in parte qua» , perché le cause non potevano essere proposte (artt. 382, ultimo comma, secondo periodo, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992);
-va disposta, per il resto, la cassazione della medesima sentenza, nei termini innanzi illustrati, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, la quale -ai limitati fini della determinazione del reddito da partecipazione proporzionalmente imputabile ai singoli soci della RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2008 -procederà a un nuovo esame della questione relativa alla legittimità della ripresa a tassazione dell’importo di 76.017,95 euro, uniformandosi ai princìpi di diritto sopra espressi ed effettuando i necessari approfondimenti in ordine a quanto illustrato nel sottoparagrafo 3.7 (artt. 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992).
4.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992.
Non deve essere resa nei confronti dei ricorrenti principali l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), espressamente prevista nei casi di rigetto integrale, inammissibilità originaria e improcedibilità dell’impugnazione, trattandosi di disposizione
normativa di carattere eccezionale e lato sensu sanzionatoria, come tale insuscettibile di interpretazione estensiva o analogica (cfr. Cass. n. 25228/2022, Cass. Sez. Un. n. 16768/2022, Cass. n. 23408/2021).
P.Q.M.
La Corte:
-dichiara estinto il giudizio relativamente al ricorso principale;
-accoglie il ricorso incidentale, nei termini di cui in motivazione; per l’effetto, dichiara inammissibili gli originari ricorsi proposti in nome e per conto della RAGIONE_SOCIALE dai soci NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME cassando senza rinvio, sul punto, la sentenza impugnata; rinvia, per il resto, la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione