Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4389 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4389 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
Avv. Acc. IRPEF 2007
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19867/2016 R.G. proposto da:
NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in INDIRIZZO.
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in INDIRIZZO, INDIRIZZO rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. LAZIO n. 852/38/2016, depositata in data 17 febbraio 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 dicembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Il contribuente riceveva notifica dall’RAGIONE_SOCIALE provinciale di Roma III -dell’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, relativo ad IRPEF ed altro per l’anno di imposta
2007; costui, per l’ anno di imposta 2007, risultava possedere beni indice di capacità contributiva non dichiarati, ossia disponibilità finanziarie per conferimenti societari in denaro, un immobile con annesso finanziamento, un’autovettura intestata al coniuge con polizza assicurativa. In particolare, veniva accertato un reddito pari ad € 104.385,22, comprensivo di IRPEF, addizionale regionale, addizionale comunale, interessi e sanzioni
Avverso l’avviso di accertamento, il contribuente proponeva ricorso dinanzi la C.t.p. di Roma; resisteva l’ Ufficio con controdeduzioni.
La C.t.p. di Roma, con sentenza n. 21833/25/2014, depositata in data 31/10/2014, rigettava il ricorso del contribuente.
Contro la sentenza proponeva appello il contribuente dinanzi la C.t.r. del Lazio; resisteva l’ufficio con controdeduzioni .
Con sentenza n. 852/38/2016, depositata in data 17 febbraio 2016, la C.t.r. adita rigettava il gravame dichiarando la legittimità dell’avviso impugnato.
Avverso la sentenza della C.t.r. del Lazio, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 13 dicembre 2023.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 38, comma quarto, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (nella versione vigente ratione temporis ) e del D.M. 10.09.1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto che non fosse stato assolto l’onere della prova in relazione alla rata sproporzionata di mutuo da sostenersi nell’anno oggetto di contestazione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 38, comma quinto, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (nella versione vigente ratione temporis ) e dell’art. 42, comma secondo, d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 7, comma primo, l. 27 luglio 2000, n. 212, » il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. si è limitata ad affermare che il contribuente non avesse dimostrato la maggiore capacità contributiva e reddituale tale per acquistare un immobile dal valore di euro 450.000,00, circostanza confermata dal mutuo contratto per anni 12 ed avente una rata sproporzionata rispetto al reddito nullo dichiarato.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 4, 5, 6, del d.P.R. 1973, n. 600 (nella versione vigente ratione temporis ) in relazione all’art . 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto assolto l’onere probatorio gravante sull’RAGIONE_SOCIALE malgrado il redditometro, in quanto mera presunzione semplice, necessitasse di numerosi elementi a sostegno RAGIONE_SOCIALE proprie risultanze.
Va premesso che, in tema di accertamento in rettifica RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cd. redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 31/10/2021, n. 27811). Il sistema
del ‹‹redditometro›› collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la l. n. 413 del 1991 e il d. l. n. 78 del 2010, convertito dalla l. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in RAGIONE_SOCIALE, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza
non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in RAGIONE_SOCIALE, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588). Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’Amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente ‹‹sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere››; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale
su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. 28/12/2022, n. 37985; Cass. 14/06/2022, n. 19082; Cass. 20/04/2022, n. 12600; Cass. 24/05/2018, n. 12889; Cass. 16/05/2017, n. 12207; Cass. 26/01/2016, n. 1332; Cass. 18/04/2014, n. NUMERO_DOCUMENTO).
I tre motivi, da esaminare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione afferendo tutti alla violazione della disciplina normativa dell’accertamento sintetico, sono inammissibili oltre che infondati.
Il contribuente, attraverso il motivo della violazione di legge sollecita ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consone ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità.
3.1. Le censure rivestono una natura meritale la prospettazione è evidentemente finalizzata ad ottenere una valutazione RAGIONE_SOCIALE prove e quindi un accertamento fattuale di segno opposto a quello espresso dalla C.t.r. la cui decisione dà contezza di come, all’esito dell’esame degli atti di causa e RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte dalle parti a sostegno RAGIONE_SOCIALE rispettive posizioni, ha ritenuto che la parte contribuente non avesse fornito elementi sufficienti a contrastare le risultanze dell’accertamento sintetico e ciò con una motivazione ampia e puntuale.
I giudici di seconde cure hanno, con una motivazione sintetica ma esaustiva, immune da violazioni normative, palesando chiaramente l’iter logico -giuridico seguito per approdare al proprio convincimento, hanno chiarito che il contribuente aveva fornito ‘solo copia RAGIONE_SOCIALE certificazioni di presunte donazioni firmate in data 5/10/2009 ed 1/10/2009 ma senza dimostrare la maggiore capacità contributiva e reddituale tale per acquistare un immobile di € 450.000,00 e pagare, confermata dal mutuo per 15 anni una rata rispetto ad un reddito non dichiarato’, laddove nei 5 anni precedenti non aveva presentato dichiarazione dei redditi. Vieppiù che, quanto al primo ed al secondo motivo, esso, di là da un generico riferimento alla sentenza impugnata è volto, più che altro, a censurare l’atto impositivo in sé, che, peraltro, non è trascritto, né allegato al ricorso per cassazione, né ne risulta indicata la collocazione topografica relativa alla sua produzione nel giudizio di merito; di poi, con riferimento precipuo al terzo motivo, le censure sono incentrate sulla pretesa natura di presunzione semplice posta dall’art. 38 sesto comma del d.P.R. n. 600/1973 nella formulazione applicabile ratione temporis anziché di presunzione legale relativa, ribadita anche dalla giurisprudenza di questa Corte illustrata sub 2 (tra le altre Cass. 16/05/2017, n. 12207).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in € 4.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a ti tolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 13 dicembre 2023.