Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18041 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18041 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
Oggetto: Irpef 2012 -Accertamento sintetico Motivazione apparente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6370/2024 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato e allegato al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME che ha indicato l’indirizzo pec EMAIL ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, Sezione Staccata di Messina, n. 8242/02/2022, depositata in data 5 ottobre 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate , Direzione Provinciale di Messina, emetteva un avviso di accertamento sintetico con cui recuperava ad
imposizione, ai fini IRPEF , ai sensi dell’art. 38, comma 4, d.P.R. n. 600/1973, maggior reddito di NOME COGNOME (euro 62.707,00) per l’anno di imposta 20 12 (a fronte di un reddito dichiarato pari ad euro 0,00), in base alla spesa per beni indice di capacità contributiva.
Fallito il tentativo di definizione con il procedimento di accertamento con adesione, il contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Messina, deducendo la nullità dell’avviso per omessa motivazione e per mancata instaurazione del contraddittorio preventivo; nel merito, contestava l’operato dell’Ufficio allegando documentazione a sostegno della asserita disponibilità finanziaria atta a coprire le spese.
La CTP annullava l’avviso per effetto dell’accoglimento dell’eccezione di difetto di motivazione dell’atto impugnato.
L’ Ufficio spiegava appello innanzi alla Commissione tributaria regionale della Sicilia ribadendo la legittimità del suo operato. La CGT-2 accoglieva parzialmente il gravame: dopo aver rilevato l’inesistenza dei vizi di difetto di motivazione e di contraddittorio, rilevava che la documentazione depositata dal contribuente (e relativa anche al coniuge, NOME COGNOME) non era sufficiente a giustificare lo scostamento tra reddito dichiarato e quello determinato sinteticamente.
Affermava, però, che l’Ufficio non aveva tenuto in considerazione il reddito prodotto dal contribuente (Euro 5.421,83) e che, in ogni caso, le sanzioni andavano rideterminate alla luce della normativa più favorevole di cui al d.lgs. n. 158/2015.
Avverso la decisione della CGT-2 ha proposto ricorso per cassazione il contribuente affidandosi a tre motivi. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
È stata, quindi, depositata una proposta di definizione accelerata del giudizio dal seguente tenore:
il primo motivo è infondato, non ricorrendo alcuna delle fattispecie che determinano la carenza assoluta di motivazione della sentenza (Cass., Sez. U., Sentenza n. 8053 del 07/04/2014);
il secondo motivo è infondato, la motivazione della sentenza menziona la documentazione depositata dal ricorrente e, comunque, il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento, fattispecie che non ricorre nel caso di specie;
il terzo motivo è infondato, in quanto nel processo tributario, all’Amministrazione finanziaria che sia stata assistita in giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria della lite, spetta la liquidazione delle spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigenti per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento dei compensi ad essi spettanti, atteso che l’espresso riferimento ai compensi per l’attività difensiva svolta, ora contenuto nell’art. 15, comma 2 -bis, del d.lgs. n. 546 del 1992, ma comunque da sempre previsto da detto articolo, conferma il diritto dell’ente alla rifusione dei costi sostenuti e dei compensi per l’assistenza tecnica fornita dai propri dipendenti che siano legittimati a svolgere attività difensiva nel processo (Sez. 5 -, , Ordinanza n. 1019 del 10/01/2024). Quanto alla circostanza che, secondo parte ricorrente, le spese avrebbero dovuto essere liquidate a suo favore perché a suo favore avrebbero dovuto concludersi i giudizi di merito, valga il rigetto dei due motivi precedenti.
Il ricorrente ha chiesto fissarsi l’udienza di discussione della causa con istanza depositata il 05/02/2025.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il 20/06/2025.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380bis1 cod. proc. civ..
Considerato che:
Con il primo strumento di impugnazione, formulato in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., il contribuente deduce la «violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 36 del D.Lgs. n. 546/92 e dell’art. 132, I comma, n. 4 c.p.c. ». Sostiene che, nella specie, la sentenza non contiene ‘alcuna lineare considerazione, assimilabile ad una compiuta motivazione, atta a sorreggere il dispositivo’, e che sia mancato il ‘giudizio di valore’ sulle eccezioni e sui documenti prodotti dal ricorrente; la CGT-2 avrebbe meramente richiamato le ‘determinazioni espresse dall’Ente impositore nell’avviso di accertamento (pag. 21 del ricorso). Richiama, a sostegno del proprio assunto, plurime decisioni rese da questa Corte in materia, secondo le quali il mancato esame della documentazione allegata dal contribuente comporta la nullità della sentenza per motivazione apparente tutte le volte in cui il giudice si limiti a dichiarare che non sarebbe stata raggiunta la prova richiesta dall’art. 38 cit..
Indica, infine, i documenti non esaminati dalla CGT-2, ovvero: a) gli atti di vendita di automezzi, dai quali avrebbe conseguito la disponibilità di Euro 20.400,00; b) l’atto di mutuo fondiario, dal quale emergeva l’erogazione di Euro 151.200,00, non già d i Euro 132.000,00 come affermato dal giudice di appello; c) l’atto di vendita di un immobile per Euro 150.000,00, dei quali 130.000,00 riscossi nel 2012 (di cui Euro 92.856,62 utilizzati per l’estinzione anticipata del mutuo), per cui aveva dimostrato la disponibilità di Euro 37.134,38.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Sul punto, giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte «la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere
interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass., Sez. U., 07/94/2014 n. 8053).
Inoltre, la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.).
Si è, più recentemente, precisato che «in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza
impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Cass. 03/03/2022, n. 7090).
1.3. Nella specie, il giudice di appello ha dato conto dell’iter logico argomentativo seguito e di tutta la documentazione depositata dal contribuente, indicata nella motivazione, al punto che, contrariamente a quanto ritenuto nel ricorso per cassazione, lungi dal richiamare meramente le determinazioni espresse dall’Ufficio nell’avviso di accertam ento, accoglieva, sia pure parzialmente, le eccezioni sollevate dal ricorrente in relazione al reddito prodotto e rimetteva all’Ufficio anche la rideterminazione d elle sanzioni alla luce della normativa più favorevole sopravvenuta nel 2015.
Pertanto, la sentenza gravata non è affetta dal denunciato deficit motivazionale.
Con il secondo motivo , formulato in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente lamenta la «violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del D.P.R. n. 600/1973 . per avere Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Sicilia – Sez. St. di Messina omesso di esaminare la documentazione probatoria depositata in atti dal contribuente a dimostrazione della infondatezza della pretesa erariale contenuta nell’avviso di accertamento oggetto di causa totalmente ignorato quelle di parte private, supportate da copiosa documentazione» (pag. 26 del ricorso). Elenca, quindi, con le lettere da a) ad l) gli atti ed i documenti asseritamente non esaminati dal giudice del gravame, idonei a fornire la prova contraria prevista dall’art. 38 cit. .
2.1. La censura, riproducente nella sostanza il primo motivo sotto diverso angolo prospettico, ovvero la violazione d ell’ art. 38 d.P.R. 600/1973, è infondata.
Come già rilevato in sede di esame del primo motivo, la motivazione della sentenza menziona la documentazione depositata dal ricorrente (in particolare, gli atti di vendita di immobili ed i modelli CUD) e, comunque, il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini
l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altr e risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento, fattispecie che non ricorre nel caso di specie. Infatti, gli unici documenti non esaminati consistono negli atti di vendita degli automezzi, in relazione ai quali, però, il contribuente non ha depositato la documentazione attestante l’effettivo incasso dei prezzi ivi convenuti nell’anno in contestazione.
3. Con il terzo (ed ultimo) strumento di impugnazione, formulato ai sensi dell’art . 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente deduce la «violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.», atteso che la CGT-2 avrebbe erroneamente ed illegittimamente compensato le spese di giudizio : ‘alla luce di quanto esposto nei precedenti motivi di ricorso, appare evidente come il giudizio di secondo grado avrebbe dovuto concludersi con un rigetto integrale dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entra te Direzione Provinciale di Messina e con la condanna dell’Ente impositore al pagamento in favore dell’istante delle spese di entrambi i gradi di giudizio di merito’ (pag. 31 del ricorso) .
Il motivo è infondato poiché muove da una ipotesi (poi non verificatasi), ovvero il rigetto integrale del gravame erariale, e dalle conseguenze in punto di spese (condanna dell’Agenzia in luogo della compensazione). In altre parole, il ricorrente sostiene che le spese avrebbero dovuto essere liquidate a suo favore perché a suo favore avrebbero dovuto concludersi i giudizi di merito; in tal modo, però, introduce uno scenario che è al di fuori del processo, per come svoltosi nei gradi di merito.
Ad ogni modo, pur volendo ancorare il terzo motivo alla decisione di compensare le spese rebus sic stantibus , cioè alla luce dell’accoglimento parziale dell’appello erariale, lo stesso è privo di
pregio, in quanto la detta decisione si giustifica per la soccombenza reciproca tra le parti (nella specie sussistente per effetto dell’annullamento parziale dell’avviso di accertamento) .
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché il giudizio viene definito in conformità alla proposta, va inoltre disposta la condanna della parte istante a norma dell’art. 96, commi 3 e 4 cod. proc. civ.. Infatti, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis comma 3 cod. proc. civ. contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e quarto comma dell’art. 96 cit., codificando altresì un’ipotesi norma tiva di abuso del processo che la conformità della decisione definitiva a quella inizialmente proposta e rifiutata lascia presumere (così Cass. Sez. U. 13/10/2023, n. 28540).
Pertanto, la parte ricorrente va condannata, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, al pagamento della somma equitativamente determinata di Euro 1.500,00 oltre al pagamento dell’ulteriore somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Sussistono, infine, i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.500,00, oltre spese prenotate a debito.
Condanna, altresì, parte ricorrente al pagamento della somma di Euro 1.5 00,00 in favore dell’Agenzia delle entrate, e dell’ulteriore somma di Euro 500,00 a favore della Cassa delle ammende.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 giugno 2025.