Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14372 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14372 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
AVVISO DI ACCERTAMENTO -IRPEF 2007-2008.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28520/2016 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale a margine del ricorso,
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 153/02/2016, depositata il 9 maggio 2016;
udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 23 gennaio 2024 dal consigliere AVV_NOTAIO. NOME COGNOME;
– Rilevato che:
Con distinti avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato il 22 novembre 2012, e n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato in data 14 agosto 2013, l’RAGIONE_SOCIALE rettificava nei confronti di NOME COGNOME le dichiarazioni dei redditi presentate rispettivamente per gli anni 2007 e 2008, accertando sinteticamente maggiori redditi di € 52.070,00 per l’anno 2007 ed € 52.760,00 per l’anno 2008, a fronte di quelli più bassi dichiarati dalla contribuente.
NOME impugnava gli avvisi di accertamento suddetti dinanzi alla Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE la quale, con sentenza n. 139/02/2014, depositata il 26 novembre 2014, previa riunione dei ricorsi li rigettava, condannando la ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Interposto gravame dalla contribuente, la Commissione tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia, con sentenza pronunciata il 4 aprile 2016, e depositata in segreteria il 9 maggio 2016, rigettava l’appello, condannando anche in questo grado la contribuente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME, sulla base di tre motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La discussione del ricorso è stata fissata dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 23 gennaio
2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
– Considerato che:
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo la ricorrente eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, che ella, nella specie, aveva dimostrato che i due acquisti immobiliari negli anni 2009 e 2010 erano strettamente collegati a precedenti vendite, e che pertanto non avrebbe potuto operarsi la presunzione di ripartizione della spesa nel quinquennio precedente, come previsto dall’art. 38, comma 5, d.P.R. n. 600/1973.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si eccepisce nullità della sentenza per contraddittoria ed insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4), cod. proc. civ.
Sostiene, in particolare, la ricorrente che la motivazione della sentenza impugnata era da un lato contraddittoria, in quanto le conclusioni del ricorrente, come riportate in motivazione, erano in contrasto con l’affermazione secondo la quale la sentenza di primo grado era invece sufficientemente motivata; inoltre, la motivazione della sentenza impugnata era da considerare insufficiente, perché, da un lato, citava la giurisprudenza sull’onere della prova contraria a carico del contribuente e, dall’altro, non spiegava perché la prova contraria fornita nel caso specifico non era stata ritenuta idonea a superare la presunzione di legge.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, infine, la contribuente deduce error in procedendo per «difetto di esercizio del potere giurisdizionale in relazione al principio di diritto vivente della natura di ‘impugnazione -merito’ del processo tributario », desumibile dagli artt. 1, 2, 7 e 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in combinato disposto con gli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4), dello stesso codice.
Deduce, in particolare, che, avendo la C.T.R. ritenuto parzialmente erronei i valori posti a fondamento degli accertamenti impugnati, avrebbe dovuto comunque ridurre la pretesa fiscale, e non limitarsi a confermare la stessa.
Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
2.1. Il primo motivo deve ritenersi inammissibile.
La ricorrente, invero, con il motivo in esame non deduce una violazione o falsa applicazione di legge, ma censura sostanzialmente l’accertamento in fatto operato dalla corte regionale, con riferimento alla ritenuta insufficienza dei redditi dichiarati dalla contribuente in relazione agli incrementi patrimoniali riscontrati dall’Ufficio.
2.2. Anche il secondo motivo è inammissibile.
La ricorrente censura, infatti, il vizio di contraddittorietà ed insufficienza della motivazione, richiamando peraltro impropriamente l’ipotesi di cui al num. 4) dell’art. 360 cod. proc. civ. . Tale censura, tuttavia, non è più compatibile con il nuovo testo dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, come modificato dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83,
art. 54, comma 1, lett. b ), convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, che, come è noto, non consente più di sollevare il vizio di contraddittoria o insufficiente motivazione, ma soltanto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, riducendo il vizio di motivazione al minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6. La giurisprudenza di questa Corte è, sul punto, del tutto consolidata nel senso di escludere il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione (Cass. 26 luglio 2019, n. 20284; Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940).
La sentenza impugnata, peraltro, appare adeguatamente motivata, facendosi chiaramente riferimento agli incrementi patrimoniali intervenuti in favore della ricorrente e del coniuge negli anni 2009 e 2010, per giustificare l’accertamento sintetico in oggetto.
2.3. Il terzo motivo, infine, è infondato.
Ed invero, in nessun punto della sentenza impugnata la C.T.R. afferma che i valori presi in considerazione dall’Ufficio avrebbero dovuto essere diversi, sì da modificare l’entità degli importi accertati.
3. Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza della ricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la ricorrente tenuta al pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che si liquidano in € 6.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della ricorrente dei presupposti processuali per il pagamento, da parte della ricorrente, di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2024 .