Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18609 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18609 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
Avv. Acc IRPEF 2008
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20722/2016 R.G. proposto da:
NOME , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO.
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. ABRUZZO -SEZIONE DISTACCATA DI PESCARA n. 133/06/2016, depositata in data 4 febbraio 2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 giugno 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rilevato che:
In data 18 maggio 2012 NOME COGNOME riceveva notifica dell’avviso di accertamento ai fini IRPEF n. P_IVA per
l’anno d’imposta 2008. L’ RAGIONE_SOCIALE – rideterminava sinteticamente il reddito complessivo del detto contribuente ex art. 38, quarto comma e ss., d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, accertando un maggior reddito di € 111.604,00 per l’anno d’imposta 2008; la rettifica originava dal riscontro, operato dall’ufficio, della disponibilità del contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva quali, segnatamente: velivolo da turismo, premi assicurativi, proprietà di sette autoveicoli e della residenza principale.
Avverso l’ avviso di accertamento il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di RAGIONE_SOCIALE; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio , contestando i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del proprio operato.
La RAGIONE_SOCIALE.t.p., con sentenza n. 199/03/2015 rigettava integralmente il ricorso del contribuente.
Contro tale decisione proponeva appello la contribuente dinanzi la C.t.r. dell’Abruzzo; si costituiva anche l’RAGIONE_SOCIALE, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 133/06/2016, depositata in data 4 febbraio 2016, la C.t.r. adita rigettava il gravame del contribuente, condannandolo al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Avverso la sentenza della C.t.r. dell’Abruzzo, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L ‘RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: « V iolazione e falsa applicazione degli artt. 6, comma quinto, e 12 Legge 27 luglio 2000, n. 212» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. non ha rilevato la mancata attivazione del contraddittorio preventivo, il quale avrebbe in concreto condotto ad un risultato diverso dell’accertamento.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: « V iolazione e falsa applicazione dell’art. 7 L. n. 212/2000 » il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. non ha rilevato la mancata allegazione all’avviso di accertamento (e al PVC) del documento RAGIONE_SOCIALE sulle ore di volo effettuate con il velivolo da turismo, in questo modo non permettendo al contribuente di poterlo contestare e, in RAGIONE_SOCIALE, di poter esplicare il proprio diritto di difesa.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: « V iolazione e falsa applicazione degli artt. 38 e 42 d.P.R. n. 600/1973» il contribuente lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. non ha rilevato come la motivazione dell’avviso mancasse della spiegazione per l’attribuzione del 100% della proprietà della residenza principale, sebbene l’atto d’acquisto prevedesse una proprietà al 50%, motivazione poi integrata sul punto dalla stessa Commissione.
Il primo motivo di ricorso, con cui parte ricorrente si duole dell’operato de l Giudice del merito perché non ha rilevato l’esistenza dell’obbligo di contraddittorio preventivo in materia di redditometro, è infondato.
2.1. La giurisprudenza consolidata di questa Corte ha statuito che non esiste nel nostro ordinamento un RAGIONE_SOCIALE obbligo di contraddittorio endoprocedimentale. Difatti: «Allo stato attuale della legislazione non sussiste, nell’ordinamento tributario nazionale, una clausola RAGIONE_SOCIALE di contraddittorio endoprocedimentale (…) un argomento asseverante a contrario risiede proprio nel dato normativo dell’art. 22, comma primo, d.l. n. 78/2010, convertito nella legge n. 122 del 2010 che ha introdotto l’obbligo del contraddittorio endo-procedimentale in tema di accertamento sintetico “con effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto
alla data di entrata in vigore del presente decreto”» (Cass. n. 3885/2016).
2.2. Più in particolare, le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 24823/2015, hanno affermato il seguente principio di diritto: «Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone RAGIONE_SOCIALE di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento RAGIONE_SOCIALE strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto».
Le Sezioni Unite hanno evidenziato, appunto, come, nella normativa tributaria nazionale, in relazione ai tributi non armonizzali, non si rinvenga alcuna disposizione espressa che sancisca in via RAGIONE_SOCIALE l’obbligo del contraddittorio
endoprocedimentale, al di fuori di precise disposizioni che tale contraddittorio prescrivono, peraltro a condizioni e con modalità ed effetti differenti, in rapporto a singole ben specifiche ipotesi, quale «l ‘ articolo 38, comma 7, d.p.r. 600173 (come modificato dall’art. 22, comma I, di. 78/2010, convertito in 1. 12212010), in tema di accertamento sintetico».
2.3. Orbene, trattandosi di accertamento ai fini IRPEF relativo all’anno d’imposta 2007, non può che evidenziarsi come la C.t.r., alla luce dei principi suddetti, abbia correttamente non constatato l’obbligatorietà all’espletamento del contraddittorio per il caso di specie.
Va considerato che, al caso di specie, si applica, ratione temporis , l’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 nella versione antecedente le modifiche introdotte dall’art. 22 d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, poiché tale novella si applica solo a far data dall’anno d’imposta 2009. Infatti, il primo comma del predetto art. 22 d.l. n. 78 del 2010 espressamente prevede che le modifiche che esso reca al testo dell’ art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973 abbiano «effetto per gli accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto», vale a dire per gli accertamenti del reddito relativi ai periodi d’imposta successivi al 2009, tra i quali non sono compresi quelli sub iudice. A sua volta, l’art. 5 d.m. 24 dicembre 2012, conformemente alla citata disposizione di legge, statuisce che le «disposizioni contenute nel presente decreto si rendono applicabili alla determinazione dei redditi e dei maggiori redditi relativi agli anni d’imposta a decorrere dal 2009». Al riguardo questa Corte (Cass., 06/10/2014, n. 21041; Cass., 6/11/2015, n. 22744; Cass., 29.01.2016, n. 1772; Cass. 21.11.2019, n. 30355), nell’escludere l’applicazione retroattiva della novella in questione, ha già avuto modo di chiarire che: a) non sono in questione i principi sulla
retroattività, atteso che la giurisprudenza che afferma l’applicabilità degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e del 19 novembre 1992 ai periodi d’imposta precedenti alla loro adozione (da ultimo, ex plurimis , Cass., 26/02/2019, n. 556) si fonda piuttosto sulla natura procedimentale RAGIONE_SOCIALE norme dei decreti, dalla quale soltanto (e non dalla retroattività) consegue la loro applicazione con riferimento al momento dell’accertamento; b) neppure è in questione il principio del favor rei, la cui applicazione è predicabile unicamente rispetto a norme sanzionatorie, non invece in materia di poteri di accertamento o di formazione della prova, rilevanti in materia di redditometro; c) comunque, l’ individuazione della norma applicabile è questione di diritto intertemporale ed a fronte alla esplicita previsione di diritto transitorio, già richiamata, che inequivocabilmente identifica la norma applicabile, è recessivo anche il principio tempus regit actum , altrimenti applicabile alle norme che dovessero qualificarsi come procedimentali. (Cass 04/03/2022, n. 7269).
Il secondo motivo di ricorso, sulla mancata allegazione all’avviso di accertamento del documento RAGIONE_SOCIALE riportante le ore di volo effettuate con velivolo da turismo, è infondato.
3.1. Invero, costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello per cui l’allegazione di altri atti all’avviso di accertamento ex art. 7 L. n. 212/2000 è da riferirsi solo a quelli citati nello stesso avviso di cui il contribuente non abbia già avuto integrale e legale conoscenza (Cass. n. 35643/2021, Cass. n. 407/2015, Cass. n. 9323/2017 e Cass. n. 29002/2017). Ciò che non si verifica, evidentemente, nel caso di specie, nel quale i dati attinenti le ore di volo erano basati solamente sull’accoglimento RAGIONE_SOCIALE prospettazioni fatte dallo stesso contribuente, e non, invece, sulle risultanze dell’RAGIONE_SOCIALE.
3.2. Dunque, deve ritenersi corretta la motivazione della C.t.r., la quale sul punto ha statuito che: «Il motivo non può essere
condiviso. L’Ufficio, a seguito della istanza di adesione presentata dal contribuente ai sensi del decreto legislativo n. 218/1997 aveva accolto i dati di volo forniti dall’appellante e desunti dal libretto di volo, procedendo ad annullare l’accertamento che aveva dato luogo alla istanza di adesione e ad emettere un altro avviso di accertamento che tenesse conto di quanto prospettato dal contribuente. Ne deriva, pertanto, che l’allegazione invocata dal contribuente dei dati forniti da RAGIONE_SOCIALE non avrebbe senso giacché le indicazioni ivi contenute devono considerarsi prive di rilievo, dovendosi considerarle superate dal riconoscimento RAGIONE_SOCIALE ore di volo desunte dal libretto di volo esibito dal contribuente».
4. Il terzo motivo di ricorso, sull’attribuzione al contribuente del 100% della proprietà della residenza principale nonostante l’atto di compravendita prevedesse la comproprietà al 50% con il coniuge, è innanzitutto inammissibile.
La complessiva censura si risolve nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consone ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità.
il vizio censurato con il presente motivo di ricorso non fa che risolversi nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il
contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal Giudice di appello non condivisi e per ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata , quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa possano ancora legittimamente porsi dinanzi al Giudice di legittimità (Cass., SS.UU., sent. n. 34476/2019).
4.1. Di poi il motivo è anche infondato.
4.2. Il metodo di accertamento fondato sul c.d. «redditometro» collega alla disponibilità di determinati beni e servizi in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione. L’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la L. 30 dicembre 1991, n. 413 e il D.L. n. 78 del 2010, convertito dalla L. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (quarto comma), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (quinto comma), contempla le «spese per incrementi patrimoniali», cioè quelle sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Ai sensi del sesto comma dell’art. 38 citato, resta salva la prova contraria, da parte del contribuente, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, o, più in RAGIONE_SOCIALE, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura
inferiore. Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l ‘ esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. n. 1980/2020, Cass. n. 10266/2019, Cass. n. 5544/2019, Cass. n. 8933/2018, Cass. n. 8539/2017, Cass. n. 17487/2016, Cass. n. 930/2016 e Cass. n. 21335/2015 ). Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in RAGIONE_SOCIALE, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. n. 21142/2016, Cass. n. 18604/2012 e Cass. n. 20588/2005).
4.3. Questa Corte, con orientamento ormai consolidato, ha chiarito, altresì, i confini della prova contraria che il contribuente può offrire, in ordine alla presenza di redditi non imponibili, per opporsi alla ricostruzione presuntiva del reddito operata dall’amministrazione finanziaria, precisando che non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per
coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente «sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere»; è la norma stessa infatti a chiedere qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), in quanto, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere), in tal senso dovendosi leggere lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) dell’entità di tali eventuali ulteriori redditi e della durata del relativo possesso, previsione che ha l ‘ indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi. Né la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata del possesso dei redditi in esame (Cass. n. 37985/2022, Cass. n. 19082/2022, Cass. n. 12600/2022, Cass. n. 12889/2018, Cass. n. 12207/2017, Cass. n. 1332/2016 e Cass. n. 8995/2014). 4.4. Nella fattispecie in esame, la C.t.r., con una motivazione rispettosa dei principi giurisprudenziali in materia, nonché con argomentazioni RAGIONE_SOCIALE quali è agevole ripercorrere l’iter logico -argomentativo sottostante, ha ritenuto non sufficiente la prova contraria esibita dal contribuente e costituita dall’atto di compravendita indicante la proprietà al 50% dell’abitazione principale da parte di quest’ultimo, statuendo che: «Sulla residenza principale, la percentuale di proprietà al cinquanta per cento in capo alla moglie del contribuente non ha rilievo alcuno sulle spese
relative all’immobile, giacché nell’anno in questione la comproprietaria non ha percepito alcun reddito per cui tutte le spese fanno capo solamente all’appellante».
5. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere all’RAGIONE_SOCIALE le spese processuali che si liquidano in € 4.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a ti tolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del medesimo art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma il 18 ed il 19 giugno 2024.