Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14392 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14392 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
AVVISO DI ACCERTAMENTO -IRPEF 2008.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10607/2016 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore del 15 novembre 2022,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende, -controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del l’Abruzzo n. 1203/01/2015, depositata il 4 novembre 2015; udita la relazione della causa svolta nell’adunanza in camera di consiglio del 23 gennaio 2024 dal AVV_NOTAIO;
– Rilevato che:
In data 18 giugno 2013 l’RAGIONE_SOCIALE notificata a COGNOME avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con il quale veniva accertato sinteticamente a carico del contribuente, per l’anno d’imposta 2008, un maggior reddito di € 71.062,95, rispetto a quello dichiarato di € 4.979,00, con conseguente appl icazione di maggiori imposte IRPEF e relativi accessori.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo dinanzi alla Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE la quale, con sentenza n. 333/02/2014, depositata il 29 luglio 2014, accoglieva il ricorso , annullando l’avviso di accertamento in questione.
Interposto gravame dal l’Ufficio , la Commissione tributaria regionale del l’Abruzzo , con sentenza n. 1203/01/2015, pronunciata l’8 ottobre 2015 e depositata in segreteria il 4 novembre 2015, accoglieva parzialmente l’appello , ritenendo legittimo l’accertamento ma riducendo il maggior reddito accertato sinteticamente ad € 39.373,00, con compensazione integrale RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME, sulla base di sei motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La discussione del ricorso è stata fissata dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 23 gennaio 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1 cod. proc. civ.
Il ricorrente ha depositato memoria.
– Considerato che:
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a sei motivi.
1.1. Con il primo motivo di ricorso il contribuente eccepisce la nullità dell’avviso di accertamento per assenza di valida sottoscrizione e mancata allegazione della delega, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3) e num. 4), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, che l’avviso di accertamento impugnato era illegittimo, in quanto non sottoscritto da soggetto munito della qualifica di dirigente, e comunque da soggetto avente qualifica di dirigente a seguito di concorso pubblico, stante la declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 24, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, a seguito della sentenza della Corte cost. 17 marzo 2015, n. 37; inoltre, la delega conferita al funzionario che aveva sottoscritto l’atto dal dirigente RAGIONE_SOCIALE era priva di sottoscrizione, e quindi improduttiva di effetti.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si eccepisce la nullità dell’avviso di accertamento per assenza del contraddittorio endo-procedimentale, e quindi violazione degli artt. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (statuto del contribuente), e 32 del d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3) e num. 4), cod. proc. civ.
Deduce, in particolare, il ricorrente che l’avviso di accertamento impugnato era illegittimo, in quanto emesso senza la preventiva instaurazione del contraddittorio preventivo, nel quale egli avrebbe potuto illustrare la propria situazione finanziaria.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. n.
600/1973, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3) e num. 4), cod. proc. civ.
Sostiene, in particolare, il contribuente che erroneamente la C.T.R. aveva ritenuto legittimo l’accertamento impugnato, in quanto lo scostamento reddituale riguardava una sola annualità d’imposta (e non due, come previsto dall’art. 38 d.P.R. cit. nel testo vigente ratione temporis ), e non vi erano contestazioni riguardante altri periodi d’imposta.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si eccepisce violazione e falsa applicazione del d.l. 30 maggio 2010, n. 78, conv. dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ., per non avere applicato, la C.T.R., i parametri relativi al nuovo ‘redditometro’, la cui incidenza avrebbe annullato integralmente la pretesa fiscale.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso il ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 5), cod. proc. civ.
Sostiene, in particolare, che la sentenza impugnata aveva omesso di considerare, ai fini della valutazione del reddito, il prelievo di € 20.000,00, effettuato in data 7 marzo 2008 dal libretto poste intestato a lui ed a COGNOME NOME, e non avrebbe altresì considerato il contributo finanziario fornito dal coniuge.
1.6. Con il sesto motivo di ricorso il ricorrente richiede che, in caso di accoglimento del ricorso, venga ordinata la restituzione RAGIONE_SOCIALE somme eventualmente versate in favore dell’Erario, a seguito del titolo giudiziale oggetto di impugnazione, e quindi in esecuzione della sentenza di secondo grado.
Così delineati i motivi di ricorso, la Corte osserva quanto segue.
2.1. Il primo motivo deve ritenersi inammissibile.
Invero, la questione della eventuale illegittimità dell’avviso di accertamento impugnato, in quanto sottoscritto da soggetto non legittimato poiché non rivestente la qualifica di dirigente, ovvero dirigente ‘decaduto’ in forza della sentenza della Corte cost. n. 37/2015 (che ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, d.l. 2 marzo 2012 n. 16, conv., con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012 n. 44, nella parte in cui fa salvi, per il passato, gli incarichi dirigenziali già affidati dalle RAGIONE_SOCIALE a propri funzionari e consente, nelle more dell’espletamento RAGIONE_SOCIALE procedure concorsuali, di attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari, mediante la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato), non è mai stata sollevata nei gradi di merito, ed è quindi stata sollevata per la prima volta in sede di legittimità. Come tale, non è censura sollevabile in questa sede avverso la sentenza di appello, che non ha minimamente esaminato tale questione, in quanto mai sollevata. Non a caso, è stato affermato che, in tema di contenzioso tributario, è inammissibile il motivo del ricorso per cassazione con cui si denunci un vizio dell’atto impugnato diverso da quelli originariamente allegati, censurando, altresì, l’omesso rilievo d’ufficio della nullità, atteso che nel giudizio tributario, in conseguenza della sua struttura impugnatoria, opera il principio generale di conversione dei motivi di nullità dell’atto tributario in motivi di gravame, sicché l’invalidità non può essere rilevata d’ufficio, né può essere fatta valere per la prima
volta in sede di legittimità (Cass. 23 settembre 2020, n. 19929).
Il motivo è comunque infondato anche nel merito. In tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600/1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti, a pena di nullità, dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del RAGIONE_SOCIALE per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16/2012, convertito dalla legge n. 44/2012 (cfr. Cass. 26 febbraio 2020, n. 5177; Cass. 9 novembre 2015, n. 22810).
2.2. Anche il secondo motivo è inammissibile.
Invero, anche la censura, nei confronti dell’avviso di accertamento impugnato, riguardante l’assenza di contraddittorio endo-procedimentale non risulta sollevata con il ricorso originario, e pertanto deve considerarsi ormai preclusa.
In ogni caso, tale contraddittorio preventivo era stato attivato dall’Ufficio con invito n. NUMERO_DOCUMENTO, al quale il contribuente non ha mai partecipato, e l’avviso di accertamento è stato emesso solo dopo che il ricorrente aveva omesso di fornire adeguate giustificazioni alle incongruità riscontrate.
2.3. Il terzo motivo di ricorso è invece infondato.
L’art. 38, comma 4, del d.P.R. n. 600/1973, nel testo vigente ratione temporis , non prevede che lo scostamento reddituale
sia ‘accertato’ per due anni, essendo sufficiente che esso venga soltanto rilevato, nell’anno accertato ed in un altro, anche successivo, ossia per due annualità, peraltro non necessariamente consecutive. L’Ufficio, pertanto, non è tenuto a procedere all’accertamento contestualmente per due o più periodi d’imposta per i quali ritenga che la dichiarazione non sia congrua: c iò che occorre, ai fini dell’accertamento sintetico, è che vi siano elementi e circostanze di fatto, in base ai quali si possa fondatamente attribuire al contribuente un reddito complessivo superiore a quello risultante dalla dichiarazione, per due o più anni (Cass. 13 settembre 2022, n. 26916; Cass. 28 giugno 2019, n. 17491).
Nel caso di specie, lo scostamento reddituale è stato rilevato sia per il 2007 che per il 2008, ma l’accertamento ha riguardato soltanto questo secondo anno, in quanto per il 2007 l’Amministrazione era decaduta dal relativo potere, trattandosi di controllo effettuato nel 2013 , e vigendo, all’epoca, il termine di quattro anni per l’accertamento, ex art. 43, comma 1, d.P.R . n. 600/1973.
2.4. Anche il quarto motivo è infondato.
Trattandosi di accertamento riguardante l’anno d’imposta 2008, ad esso non si applicano i nuovi criteri di accertamento da ‘redditometro’ previsti dall’art. 22 del d.l. n. 78/2010, conv. dalla legge n. 122/2010, che si applicano, come è noto, a decorrere dall’anno d’imposta 2009 (e cioè agli «accertamenti relativi ai redditi per i quali il termine di dichiarazione non è ancora scaduto alla data di entrata in vigore del presente decreto», ex art. 22, comma 1, d.l. n. 78/2010 cit.)
Correttamente, pertanto, la C.T.R. ha confermato l’accertamento, applicando il testo di legge vigente per l’anno 2008.
2.5. Il quinto motivo di ricorso è invece inammissibile.
Con riferimento al prelievo di € 20.000,00 dal libretto postale intestato al ricorrente ed a COGNOME NOME, il motivo è da considerare generico e privo di autosufficienza, in quanto non è evincibile dal ricorso in quale atto ed in quale occasione il prelievo in questione sia stato sottoposto all’attenzione dei giudici di merito, al fine di contestare l’entità de ll’accertamento.
Totalmente generico è, inoltre, il riferimento ad un non meglio precisato contributo finanziario del coniuge del ricorrente, del quale non viene fornita alcuna indicazione specifica.
2.6. Al rigetto e alla declaratoria di inammissibilità dei motivi che precedono, consegue anche il rigetto del sesto motivo di ricorso, che attiene alla richiesta di restituzione RAGIONE_SOCIALE somme versate dal ricorrente in esecuzione della sentenza di secondo grado.
Consegue il rigetto del ricorso.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza del ricorrente, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Ricorrono i presupposti processuali per dichiarare il ricorrente tenuto al pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quate r, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla rifusione, in favore dell ‘RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio, che si liquidano in € 3.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento, da parte del ricorrente, di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2024.