Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28301 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28301 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 12996/2024, proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso, per procura unita al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, il quale indica, per le notificazioni al domicilio, il proprio indirizzo di posta elettronica certificata EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sardegna n. 813/03/2023, depositata il 27 novembre 2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’8 ottobre 2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Rilevato che:
All’esito della presentazione, da parte del contribuente, del Modello Unico per i redditi del 2007, e dopo aver instaurato il contraddittorio col medesimo, l’Amministrazione finanziaria notificò a NOME COGNOME un avviso di accertamento con il quale, ai sensi degli artt. 38, commi quarto e quinto, e 41 -bis del d.P.R. n. 600/1973, ne rideterminava il reddito con metodo sintetico, ai fini I rpef per l’indicato anno d’imposta , nell’importo di € 40.519,00 (in luogo dei dichiarati € 18.384,00), oltre ad irrogare sanzioni.
La rettifica conseguiva al riscontro di finanziamenti, a titolo di versamento in conto capitale e in conto finanziamenti, apportati dal COGNOME a tale società RAGIONE_SOCIALE (da lui partecipata al 25%), senza idonea giustificazione e, pertanto, da trattare fiscalmente come incrementi patrimoniali in misura corrispondente alla sua quota; era emersa, inoltre, la disponibilità di un’autovettura di valore incompatibile con il reddito dichiarato.
Il contribuente, avviata infruttuosamente una procedura di accertamento con adesione, impugnò l’atto impositivo innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Nuoro, che ne riconobbe le ragioni per la parte inerente agli incrementi patrimoniali.
Il successivo appello erariale fu accolto con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici regionali, dopo aver rilevato che sui restanti profili in contestazione il COGNOME aveva prestato acquiescenza alla sentenza di primo grado, osservarono, quanto agli incrementi patrimoniali, che i documenti prodotti da ll’Ufficio e l o stesso avviso di accertamento
dimostravano come le giustificazioni rese dal contribuente in ordine agli apporti, ritenute decisive dai giudici di primo grado ai fini dell’annullamento dell’atto impositivo in parte qua , erano invece già state tenute in considerazione in sede di emissione dell ‘att o stesso.
NOME COGNOME ha impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Considerato che:
L’ unico motivo di ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 38 , commi quarto e quinto, del d.P.R. n. 600/1973.
Il ricorrente osserva che, dall’analisi dell’estratto del suo conto corrente bancario, si evinceva che lo stesso era stato alimentato principalmente da trasferimenti di danaro dei suoi genitori, e «solo in minima parte» da trasferimenti da parte sua.
Sostiene, pertanto, che la corte di secondo grado avrebbe «mal eseguito» la rideterminazione dei costi sostenuti per incrementi patrimoniali, rilevando che « l’esame della documentazione prodotta nei giudizi di merito ben avrebbe potuto consentire ad un giudice di secondo grado più attento e puntuale nell’esame della stessa, di verificare la sussistenza degli elementi probatori relativi alla provenienza del denaro confluito nel conto corrente cointestato».
Osserva inoltre, con richiamo alla giurisprudenza di legittimità, che gli accertamenti sintetici fondati su spese sostenute per ‘ incrementi patrimoniali ‘ onerano il contribuente di fornire la prova documentale contraria, la quale ultima, tuttavia, «riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte e non anche la dimostrazione del loro impiego negli acquisti effettuati, essendo detta circostanza idonea, da sola, a superare la presunzione dell’insufficienza del reddito dichiarato»; donde il rilievo in base al quale la dimostrazione della provvista -riconducibile a versamenti dei propri
genitori -avrebbe dovuto condurre al rilievo di illegittimità della rettifica in punto agli incrementi.
Assume, infine, che la pretesa fiscale sarebbe infondata anche per la parte riferibile al reddito rin veniente dal possesso dell’autovettura, poiché i giudici regionali avevano omesso di rilevare che la sentenza di primo grado aveva invece ritenuto che le relative spese di mantenimento fossero congruenti al reddito dichiarato dal contribuente, e che non sarebbe stata dimostrata la circostanza della detenzione, da parte sua, del 25% RAGIONE_SOCIALE quote di RAGIONE_SOCIALE
Il motivo è inammissibile sotto diversi profili e, in ogni caso, infondato.
2.1. In linea generale, la censura non incide sulla ratio decidendi della sentenza impugnata.
Il ricorrente, in particolare, non offre argomenti che consentano di confutare l’affermazione, contenuta in sentenza, secondo cui le giustificazioni da lui fornite in ordine alla movimentazione di c/c significativa degli incrementi patrimoniali era già stata esaminata dall’Ufficio prima dell’emissione dell’atto impositivo e, pertanto, non vale ad infirmare i rilievi in quest’ultimo contenuti.
2.2. Sotto altro, e più specifico, profilo, l ‘inammissibilità attiene poi al segmento della censura con il quale è criticata la lettura dei dati probatori operata dai giudici d’appello.
In questo senso, invocando la necessità di un riesame da parte di un giudice più «attento e puntuale», il ricorrente sollecita, con evidenza, questa Corte alla rivalutazione RAGIONE_SOCIALE prove, che compete invece esclusivamente al giudice di merito e che sfugge all’ambito proprio del giudizio di legittimità.
2.3. Ancora, la censura non supera il vaglio di ammissibilità quanto ai profili inerenti al possesso dell’autovettura e alla misura della quota sociale, poiché il ricorrente, in violazione dei principii di specificità ed
autosufficienza, non chiarisce se e quando avrebbe sollevato le relative questioni innanzi ai giudici d’appello, e ciò vieppiù in considerazione del fatto che la sentenza impugnata afferma espressamente che su tutti i profili di contestazione diversi dall’ ammontare degli incrementi si è formato il giudicato per acquiescenza.
2.4. Da ultimo, il motivo è infondato, nella parte in cui parrebbe volto a confutare la regola probatoria adottata nella sentenza d’appello.
Infatti, nel ritenere insufficiente la semplice deduzione dell’esistenza di una provvista nel conto utilizzato per gli apporti finanziari alla società -costituita, nella specie, da versamenti effettuati dai genitori del COGNOME -i giudici regionali si sono uniformati al costante indirizzo interpretativo di questa Corte secondo cui la prova contraria a carico del contribuente ha ad oggetto non soltanto la disponibilità di redditi ulteriori rispetto a quelli dichiarati, in quanto esenti o soggetti a ritenute alla fonte, ma anche la documentazione di circostanze sintomatiche che ne denotano l’utilizzo per effettuare le spese contestate e non altre, dovendosi in questo senso intendere il riferimento alla prova della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della ‘ durata ‘ del relativo possesso (v. ex multis Cass. n. 10310/2024; Cass. n. 29067/2018; Cass. n. 7389/2018).
In conclusione, il ricorso dev’essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per la condanna al versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del l’art. 13, comma 1bis , del d.P.R. n. 115/2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese, che liquida in € 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del l’art. 13, comma 1bis , del d.P.R. n. 115/2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Suprema di cassazione, l’8 ottobre 2025.
La Presidente NOME COGNOME