Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25572 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25572 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2203/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
DEL VECCHIO NOME, rappresentato e difeso dall’avv. NOME NOME (domicilio digitale: EMAIL
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA PUGLIA n. 1240/2020 depositata il 22 giugno 2020
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 10 settembre 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Bari dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di NOME COGNOME un avviso di accertamento mediante il quale, ai sensi dell’art. 38, comma 4, del D.P.R. n. 600
del 1973, nel testo vigente «ratione temporis» , rideterminava con metodo sintetico, in applicazione degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e del 19 novembre 1992 (cd. «vecchio redditometro»), il reddito complessivo netto del predetto contribuente relativo all’anno 2007, operando le conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRPEF.
Il COGNOME impugnava tale avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Bari, la quale accoglieva il suo ricorso, annullando l’atto impositivo.
La decisione era poi confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, che rigettava il gravame erariale.
La pronuncia d’appello veniva, però, successivamente cassata da questa Corte, che con ordinanza n. 20316/2017 del 23 agosto 2017 accoglieva ambedue i motivi di ricorso proposti dall’Agenzia delle Entrate con i quali erano stati lamentati: (a)a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., la violazione dell’art. 38 del D.P.R. n. 600 del 1973; (b)a mente dell’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c., l’omesso esame di un punto decisivo della controversia-, rinviando la causa alla stessa CTR, in diversa composizione.
Il susseguente giudizio di rinvio esitava nella sentenza n. 1240/2020 del 22 giugno 2020, con la quale la Commissione regionale accoglieva il ricorso del COGNOME.
Osservava il collegio pugliese che la prova contraria idonea a superare la presunzione legale di maggior reddito sancita dall’art. 38, comma 5, del D.P.R. n. 600 del 1973 era stata offerta dal contribuente mercè la produzione degli estratti dei conti correnti bancari intestati a lui e alla moglie, i quali documentavano la disponibilità nell’anno 2007 di risorse economiche per un ammontare complessivo di 42.745,87 euro, sufficiente a coprire le spese per l’acquisto e il mantenimento del possesso dei beni -indici valorizzati dall’Ufficio ai fini dell’accertamento sintetico.
Contro quest’ultima sentenza l’Agenzia delle Entrate ha spiegato
nuovo ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Il COGNOME ha resistito con controricorso, con il quale ha instato in via preliminare per la riunione del presente procedimento con altro pendente fra le stesse parti dinanzi a questa Corte, contraddistinto dal n. 26552/2019 R.G..
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va anzitutto respinta l’istanza del controricorrente di riunione del presente procedimento con quello iscritto al n. 26552/2019 R.G., riguardante una diversa sentenza e un differente anno d’imposta.
Invero, esclusa l’obbligatorietà dell’invocata riunione, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., non si ravvisa l’opportunità di rinviare la decisione del ricorso ora in esame al fine di consentirne la trattazione congiunta con l’altro, in attesa di fissazione dell’udienza.
1.1 Tanto premesso, con l’unico mezzo di gravame, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115, 116, 384 e 627 c.p.c., dell’art. 38 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 2697 c.c..
1.2 Si rimprovera al giudice del rinvio di non aver osservato il principio di diritto enunciato e le direttive impartite da questa Corte con l’ordinanza n. 20316/2017 del 23 agosto 2017.
Viene, al riguardo, dedotto che la CTR pugliese si sarebbe limitata a un superficiale esame della documentazione versata in atti, costituita dagli estratti dei conti correnti bancari intestati al COGNOME e alla di lui moglie, senza minimamente premurarsi di accertare la natura e la provenienza delle somme accreditate su tali conti, nonchè la durata del loro possesso, in ossequio alle indicazioni contenute nel precitato provvedimento cassatorio.
1.3 Il motivo è fondato.
1.4 Come anticipato nella superiore narrativa, il precedente ricorso
per cassazione proposto dall’Agenzia delle Entrate era stato affidato a due motivi, formulati, rispettivamente, ai sensi del n. 3) e del n. 5) dell’art. 360, comma 1, c.p.c..
1.5 Entrambe le censure furono accolte con la ricordata ordinanza n. 20316/2017, con la quale questa Corte, per quanto qui ancora interessa, così argomentò il proprio «dictum» : «Dalla lettura della motivazione della sentenza impugnata non emerge che sia stata presa in considerazione la circostanza della disponibilità materiale di risorse economiche da parte del contribuente (relative ai risparmi accumulati nelle annualità precedenti), fino al periodo d’imposta contestato, oltre che la provenienza da redditi esenti ovvero che avevano già scontato l’imposta, ovvero soggetti a ritenuta alla fonte; infatti, l’entità e la durata di eventuali ulteriori redditi ha la finalità di ancorare a fatti oggettivi la disponibilità degli stessi, per consentirne la riferibilità alla maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico, da parte dell’ufficio, in capo al contribuente, mentre la contrazione di prestiti in periodi successivi a quello in contestazione non giustifica… la capacità di spesa per il periodo fiscale oggetto di controversia (Cass. n. 4797/17, 24597/10)» .
1.6 Essendosi al cospetto di una pronuncia di cassazione per duplice vizio di violazione di legge e di omesso esame di un punto decisivo della controversia, il giudice del rinvio era tenuto a conformarsi al principio di diritto sancito dal Supremo Collegio e nel contempo a valutare nuovamente i fatti già acquisiti, ed eventualmente anche altri, al fine di compiere quegli accertamenti indicati come necessari per la corretta applicazione del detto principio al caso di specie.
1.7 Soccorre, in proposito, il costante orientamento di legittimità in base al quale i limiti dei poteri attribuiti al giudice di rinvio sono diversi a seconda che la pronuncia di annullamento abbia accolto il ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto,
ovvero per vizi di motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, ovvero per entrambe le ragioni: nella prima ipotesi, il giudice deve soltanto uniformarsi, ai sensi dell’art. 384, comma 1, c.p.c., al principio di diritto enunciato dalla pronuncia di cassazione, senza possibilità di modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti acquisiti al processo, mentre, nella seconda, non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze già maturate; nella terza, infine, la sua «potestas iudicandi» , oltre ad estrinsecarsi nell’applicazione del principio di diritto, può comportare la valutazione «ex novo» dei fatti già acquisiti, nonché l’apprezzamento di altri fatti la cui acquisizione, nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse, sia consentita alla stregua delle direttive impartite dalla decisione di legittimità (cfr. Cass. n. 445/2020, Cass. n. 8810/2022, Cass. n. 12487/2022, Cass. n. 3150/2024).
1.8 Nella presente fattispecie, la «regula iuris» e le ulteriori direttive impartite alla CTR pugliese per il giudizio di rinvio erano quelle trascritte nel sottoparagrafo 1.5.
1.9 Di conseguenza, per dare corretta esecuzione al mandato conferitole (ed è bene rammentare che, ai sensi dell’art. 384, comma 2, c.p.c., il giudice del rinvio è tenuto a uniformarsi al principio di diritto «e comunque a quanto statuito dalla Corte»), essa avrebbe dovuto verificare se il contribuente fosse riuscito a dare prova non solo del possesso di mezzi economici sufficienti a coprire le spese contestate dall’Ufficio, ma anche (e ancor prima) della «provenienza» di tali risorse «da redditi esenti ovvero che avevano già scontato l’imposta, ovvero soggetti a ritenuta alla fonte» , come peraltro espressamente richiesto dall’art. 38, comma 6, del D.P.R. n. 600 del 1973, nella versione temporalmente applicabile.
1.10 Sennonchè, la Commissione regionale si è limitata ad accertare che gli estratti dei conti correnti bancari intestati al COGNOME e a sua moglie NOME COGNOME prodotti in giudizio dal contribuente, documentavano la disponibilità da parte dei coniugi della somma di 42.745,87 euro nell’anno 2007.
1.11 Nessuna indagine è stata compiuta dai giudici «a quibus» in ordine alla provenienza di tale provvista, al fine di appurare se essa derivasse da redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o comunque legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.
1.12 D’altro canto, se gli estratti conto rappresentano indubbiamente documenti idonei a dimostrare la durata del possesso delle somme ivi accreditate (cfr. Cass. n. 25104/2014, Cass. n. 25997/2017, Cass. n. 960/2019), ciò non toglie che la prova contraria posta a carico del contribuente abbia ad oggetto anche (e in primo luogo) la natura e la provenienza dei redditi asseritamente utilizzati per il finanziamento delle spese su cui si fonda l’accertamento sintetico (cfr. Cass. n. 20142/2017).
1.13 Alla stregua dei rilievi innanzi svolti, deve dunque ritenersi sussistente la prospettata violazione dell’art. 384, comma 2, c.p.c.. 2. Si impone, pertanto, ai sensi degli artt. 383, comma 1, e 384, comma 1, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione della gravata sentenza con ulteriore rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia, attenendosi al principio di diritto e alle ulteriori direttive di cui alla richiamata ordinanza n. 20316/2017, che qui si ribadiscono.
2.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio di cassazione, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte Suprema di Cassazione, in data 10 settembre 2025.
La Presidente NOME COGNOME