Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3254 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3254 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
Irpef- accertamento sintetico
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25021/2016 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, in forza di procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultima, in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 1936/2016, depositata in data 5/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/12/2023 dal consigliere dott. NOME COGNOME.
Rilevato che:
L’RAGIONE_SOCIALE , RAGIONE_SOCIALE, emetteva avviso di accertamento sintetico con cui recuperava a imposizione, a fini Irpef, maggior reddito di NOME COGNOME per l’ anno di imposta 2008, in base alla spesa per due beni indice, un immobile in Stradella, gravato da mutuo, e un cavallo.
Il contribuente proponeva ricorso che era accolto dalla CTP di RAGIONE_SOCIALE.
La CTR della Lombardia accoglieva l’appello erariale, rigettando il ricorso originario. In particolare, i giudici del gravame evidenziavano che la CTP, laddove aveva tacciato di meccanicità applicativa i parametri adottati dall’ufficio, aveva deciso palesemente contrastando l’interpretazione data dalla Corte di legittimità secondo cui , a fronte degli indici del cd. redditometro, che il giudice non può svalutare, il contribuente deve dare la prova che il maggior reddito sia derivante dalla percezione di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte, il che nel caso di specie non era avvenuto, in quanto le madri degli assegni prodotti non dimostravano la provenienza di somme dal padre; non trovava fondamento probatorio la partecipazione della compagna alle spese del nucleo familiare, anche perché ella non risiedeva nell’immobile di Strad ella; la dichiarazione scritta proveniente dalla compagna non era probante stante il divieto di prova testimoniale; la quantificazione RAGIONE_SOCIALE spese di mantenimento del cavallo in euro 3.000 era arbitraria e non era provata la inutilizzabilità del cavallo per l’attività di equitazione .
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione il contribuente, in base a quattro motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 21/12/2023.
Considerato che:
Il ricorrente propone quattro motivi di ricorso, tutti in riferimento (pagina 1 del ricorso) all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ.
Con il primo motivo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 7 d.lgs. n. 546/1992, nella p arte inerente alla valutazione e alla interpretazione dell’onere della prova a carico del contribuente in funzione della forza probatoria del redditometro e degli indici di capacità contributiva, dolendosi, sotto il primo profilo, della circostanza che gli indici di capacità contributiva costituiscano presunzioni semplici e, sotto il secondo profilo, che, ove la prova offerta dal contribuente sia incompleta, il giudice tributario deve far ricorso ai propri poteri istruttori officiosi e richiedere chiarimenti o dati alle parti.
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 7, comma 5, d.lgs. n. 546/1992, per aver affermato l ‘ impossibilità del giudice tributario di disapplicare gli indici di capacità contributiva di cui ai decreti ministeriali, ciò con particolare riferimento alle spese di pagamento RAGIONE_SOCIALE rate di mutuo che costituiscono oneri detraibili dal reddito.
Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 7 d.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 2697 cod. civ., per aver statuito la non valutabilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni scritte contenenti attestazioni di terzi circa la partecipazione alle spese del mutuo e di gestione della casa in modo difforme al principio espresso da Cass. n. 18065/2016.
Con il quarto motivo deduce violazione dell’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, per aver ritenuto il possesso di un cavallo da affezione indice di capacità contributiva, enunciando un principio in contrasto con Cass. n. 21335/2015 che ha definitivamente escluso detti animali dal novero degli elementi indici di maggior capacità contributiva.
2. Il primo motivo si compone di due censure, la prima RAGIONE_SOCIALE quali è riferita alla violazione dell’art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973, sostenendo la ricorrente che la CTR abbia errato nel non ritenere che gli indici di capacità contributiva abbiano natura di presunzioni semplici e che quindi il giudice, sulla base di quanto indicato dal contribuente, possa sua sponte disattendere la capacità contributiva presunta dai decreti, citando Cass. 17/06/2011, n. 13289.
Tale censura non è fondata, ponendosi in contrasto con un ormai consolidato orientamento di questa Corte secondo cui in tema di accertamento tributario con metodo sintetico, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente ratione temporis , anteriore alla modifica intervenuta con il d.l. 31/05/2010, n. 78, convertito dalla l. 30/07/2010, n. 122, infatti, l’Amministrazione finanziaria può presumere il reddito complessivo netto del contribuente sulla base della «spesa per incrementi patrimoniali» da questi sostenuta, la quale si presume affrontata nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro anni precedenti, e di una serie di indici di capacità contributiva fondati sui consumi e, in particolare, sulla disponibilità dei beni e servizi descritti nella tabella allegata al d.m. 10 settembre 1992 e nel d.m. 19 novembre 1992 (c.d. redditometro) e su ulteriori circostanze di fatto indicative di una diversa capacità contributiva, quando il reddito dichiarato non risulti congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta.
Il sistema del ‹‹redditometro›› collega , cioè, alla disponibilità di determinati beni e servizi, in capo al contribuente, un certo importo, che, moltiplicato per un coefficiente, consente di individuare il valore del reddito del soggetto secondo criteri statistici e presuntivi, elaborati anche tenendo conto dei costi di mantenimento del bene o servizio in questione.
Costante orientamento di questa Corte afferma che la disciplina del redditometro introduce una presunzione legale relativa, imponendo la legge stessa di ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni l’esistenza di una capacità contributiva, sicché il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici elementi indicatori dì capacità contributiva esposti dall’Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (Cass. 13/11/2023, n. 31579; Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544; Cass. 11/04/2018, n. 8933; Cass. 31/03/2017, n. 8539; Cass. 01/09/2016, n. 17487; Cass. 20/01/2016, n. 930; Cass. 21/10/2015, n. 21335).
Rimane al contribuente l’onere di provare (oltre, eventualmente, l’insussistenza del presupposto, cioè la presenza dell’elemento indice di capacità contributiva), attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito, determinato o determinabile sinteticamente, è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o, ancora, più in generale, secondo una ormai consolidata opinione di questa Corte, anche che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 19/10/2016, n. 21142; Cass. 29/04/2012, n. 18604; Cass. 24/10/2005, n. 20588).
Anche la seconda censura, con cui il ricorrente deduce la violazione dell’art. 7 d.lgs. n. 546 del 1992, poiché il giudice, a fronte di una prova incompleta offerta dal contribuente (nel caso di specie le matrici degli assegni asseritamente costituenti una provvista paterna in favore del figlio), avrebbe dovuto richiedere di ufficio informazioni, chiarimenti e
dati, oltre che del tutto generica, perché il ricorrente neanche chiarisce quali documenti avrebbe dovuto richiedere la CTR, è infondata.
Infatti, nel processo tributario, avente natura dispositiva, l’ordine di produzione ex art. 7 d.lgs. n. 546 del 1992, stante l’abrogazione del comma 3 (che consentiva un vero e proprio potere officioso in supplenza ), non allarga l’oggetto del giudizio, ma resta sempre nel perimetro delimitato dalle parti sicché il potere del giudice di disporre d’ufficio l’acquisizione di mezzi di prova non può essere utilizzato per supplire a carenze RAGIONE_SOCIALE parti nell’assolvimento del rispettivo onere probatorio, ma solo in situazioni di oggettiva incertezza, in funzione integrativa degli elementi istruttori in atti, e sempre che la parte su cui ricade l’ onus probandi non abbia essa stessa la possibilità di integrare la prova già fornita (Cass. 31/07/2020, n. 16476; Cass. 19/06/2018, n. 16171), il che evidentemente ricorreva nel caso di specie.
Con il secondo motivo il ricorrente ipotizza un contrasto tra la norma primaria, art. 15 t.u.i.r., che consente, in materia di Irpef, di detrarre dal reddito il costo della rata di mutuo, e la norma secondaria, data dal d.m. 10 settembre 1992, che considera il mutuo un valore da prendere in considerazione ai fini della determinazione del reddito, contrasto che imponeva al giudice di merito la disapplicazione della norma secondaria.
Il motivo non è fondato.
Premesso che evidentemente le disposizioni indicate operano su piani e per fini diversi, e precisato peraltro che quel che è consentito detrarre non è la rata di mutuo ma la sola quota di interessi, quel che rileva nel caso di specie è la capacità di spesa evidenziata dall’assunzione della rata di mutuo, risolvendosi il motivo nella richiesta di disapplicare gli indici di capacità contributiva previsti dai decreti
ministeriali, che, come visto in precedenza, è una istanza inammissibile.
Il terzo motivo, con cui il ricorrente censura la ritenuta inutilizzabilità della dichiarazione sottoscritta da terzi circa la partecipazione alle spese del mutuo e di gestione della casa, è fondato.
Occorre premettere che la CTR ha ritenuto che la dichiarazione della compagna del ricorrente non fosse probante perché priva dei requisiti necessari di certezza ope legis , oltre al fatto che l’efficacia probatoria RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di parte trova un limite insuperabile nell’art. 7, comma 4, d.lgs. n. 546 del 1992, circa il divieto della prova testimoniale.
Tale affermazione è errata in diritto perché contrastante con il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale, in tema di contenzioso tributario, al contribuente, al pari dell’Amministrazione finanziaria, è riconosciuta – in attuazione dei principi del giusto processo e della parità RAGIONE_SOCIALE armi – la possibilità di introdurre, nel giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, le quali hanno valore indiziario, spettando al giudice il potere-dovere di valutare dette dichiarazioni nel contesto probatorio emergente dagli atti, al fine di riscontrare la credibilità dei dichiaranti in base ad elementi oggettivi e soggettivi (Cass. 30/09/2011, n. 20028; Cass. 19/10/2015, n. 21153; Cass. 27/05/2020, n. 9903; Cass . 23/09/2021, n. 25804).
Il quarto motivo è fondato, alla luce dell’orientamento di questa Corte per il quale costituisce indice di particolare capacità contributiva, ai sensi del d.m. 10 settembre 1992, non il generico possesso di cavalli, ma solo di quelli da equitazione (categoria in cui sono compresi sia i cavalli da concorso ippico sia quelli da maneggio) o da corsa , in ragione della particolare cura ed addestramento che gli stessi richiedono (Cass. 21/10/2015, n. 21335; Cass. 15/02/2022, n. 4814);
in applicazione di tale principio, la RAGIONE_SOCIALE ha escluso che costituisca indice di particolare capacità contributiva il possesso di cavalli qualificati come fattrici adibiti a passeggiate , osservando come tale attività non possa <<farsi rientrare, neppure in via ermeneutica, nell'equitazione (sia da ' concorso ' che da ' maneggio ' come specificato dalla prassi, in particolare la circolare n. 27 del 1981) la quale presuppone l'arte e la tecnica del cavalcare e, nella sua accezione sportiva, l'attività dell'andare a cavallo nelle sue diverse specialità».
Nel caso di specie ha quindi errato la CTR nel ritenere, a fronte della produzione documentale della natura di fattrice del cavallo in questione, che il contribuente non avesse dato la prova della inutilizzabilità della stessa a fini di equitazione.
Vanno pertanto accolti terzo e quarto motivo di ricorso, rigettati i primi due; la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il terzo e quarto motivo del ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2023.