Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18589 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18589 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
Oggetto: IRPEF – accertamento sintetico
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13143/2022 R.G. proposto da NOME COGNOME, rappresentato e difes o dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL), con il quale è elettivamente domiciliato in Roma, al INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania-Salerno, depositata in data 29 dicembre 2021, n. 8838/2021;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DELLA CAUSA
NOME COGNOME impugnava l’avviso di accertamento emesso dalla Direzione provinciale di Salerno dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per l’anno d’imposta 2014, con il quale l’Ufficio, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, aveva accertato un reddito complessivo pari ad euro 37.422, superiore al reddito dichiarato dal contribuente, aumentato del 20 per cento.
L’avviso era stato notificato all’esito del contraddittorio endoprocedimentale instaurato per chiarire le cause dello scostamento rilevato tra il reddito dichiarato e quello determinabile sinteticamente nonché in considerazione del fatto che le giustificazioni offerte dal contribuente erano risultate solo parzialmente idonee a coprire gli indici di capacità contributiva da cui derivava l’accertamento del maggior reddito.
Nel ricorso proposto innanzi alla Commissione tributaria provinciale, il contribuente deduceva, come fonte economica idonea a giustificare il suddetto scostamento, la percezione di una somma pari ad euro 34.000 – documentata da quattro assegni e da un bonifico bancario – a titolo di restituzione di un finanziamento, operata dalla società RAGIONE_SOCIALE, di cui il contribuente era socio accomandatario.
Eccepiva inoltre l’erroneità dell’attribuzione operata dall’Ufficio dell’intero patrimonio immobiliare, che avrebbe dovuto essere ripartito invece al 50% con il coniuge, sicché le spese oggetto di accertamento, in quanto sostenute per gli immobili posseduti, avrebbero dovuto essere ridotte a euro 5.248.
La CTP accoglieva parzialmente il ricorso del contribuente, riconoscendo fondato solo il primo motivo e dunque rilevando la reale sussistenza del credito che sarebbe stato restituito dalla società partecipata, ritenendo invece che dalle stesse visure esibite dal contribuente risultava che tutti gli immobili da lui indicati dovessero essere attribuiti al pieno possesso di quest’ultimo.
Contro questa decisione proponeva appello l’ RAGIONE_SOCIALE, deducendo che il primo giudice erroneamente aveva ritenuto
sussistente la prova documentale dei precedenti finanziamenti del socio alla società, non essendo stati acquisiti i relativi mezzi di pagamento, sicché non vi era nemmeno la prova che le erogazioni della società al socio avessero natura restitutoria.
NOME COGNOME, a sua volta, proponeva appello incidentale, deducendo che erroneamente la titolarità del patrimonio immobiliare non era stata riconosciuta per il 50% in capo al coniuge.
La CTR accoglieva il gravame principale e rigettava quello incidentale.
Contro questa decisione NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973.
Per il ricorrente, la decisione dei giudici di secondo grado sarebbe illegittima, avendo il contribuente fornito piena ed incontestata prova di aver avuto, nell’anno oggetto di accertamento, la disponibilità di somme derivanti dal rimborso parziale di alcuni finanziamenti alla società di cui era socio accomandatario. Tali rimborsi sarebbero indice incontrovertibile di capacità contributiva idonea a giustificare i maggiori redditi accertati dall’Ufficio.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1 e dell’art. 36 del d.lgs 546/92, in combinato disposto con l’art. 132, n. 4, c.p.c e con l’art. 118 disp att. c.p.c., con conseguente nullità della sentenza ‘per manifesta ed irriducibile contraddittorietà della motivazione’.
Secondo il ricorrente, le motivazioni esposte dai giudici di secondo grado sarebbero affette da contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o comunque da motivazione perplessa, illogica ed obiettivamente incomprensibile, non risultando idonee a far
comprendere le ragioni della decisione, oltre ad essere mancanti di ogni concreto riferimento al materiale probatorio offerto dal contribuente.
Va in primo luogo rilevato che il ricorso proposto dal contribuente si appunta solo sul capo della sentenza impugnata con il quale la CTR ha accolto l’appello principale e non anche sul capo della medesima sentenza che, invece, ha rigettato l’appello incidentale del medesimo contribuente.
Rispetto a tale capo, dunque, deve ritenersi già formato il giudicato. 4. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente, sono
entrambi non fondati.
La doglianza del ricorrente si incentra sulla circostanza che negli atti RAGIONE_SOCIALE fasi di merito era stata versata documentazione – quattro assegni e un bonifico bancario, oltre ad estratti RAGIONE_SOCIALE scritture contabili obbligatorie della società -da cui sarebbe emersa chiaramente la prova dell’avvenuta restituzione, nell’anno oggetto di accertamento (2014), di somme, in favore del contribuente e da parte della società partecipata, per complessivi 34.000 euro, provvista sufficiente a giustificare lo scostamento (pari ad euro 37.422) tra reddito accertato sinteticamente dall’ufficio e reddito dichiarato.
A differenza della valutazione operata dal giudice di primo grado, tuttavia, la CTR non ha ritenuto sufficienti tali documenti a provare la reale esistenza, a monte, di un credito del contribuente che la società partecipata avesse onorato, nel tempo, mediante periodiche restituzioni.
Secondo il ricorrente, tuttavia, tale prova non sarebbe affatto richiesta dall’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, che impone al contribuente solo di fornire adeguata documentazione comprovante la disponibilità, nell’anno oggetto di accertamento, di somme sufficienti a far fronte alle spese, e non anche della ‘formazione di un titolo restitutorio’.
L’assunto non coglie la reale ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale, sebbene con motivazione concisa – ma in ogni caso idonea ad illustrare le ragioni della statuizione con argomentazioni che superano certamente il ‘minimo costituzionale’ richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053) e non inficiate da salti logici o insanabili contraddizioni – ha fatto corretta applicazione dell’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973.
Quest’ultimo, nel disciplinare il metodo di accertamento sintetico del reddito, nel testo vigente ratione temporis , prevede (quarto comma) la possibilità di presumere il reddito complessivo del contribuente sulla base RAGIONE_SOCIALE spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta, facendo salva la prova -incombente sul contribuente stesso – che il relativo finanziamento sia avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.
È proprio quest’ultima prova, concernente l’esclusione dalla formazione della base imponibile RAGIONE_SOCIALE somme incontestabilmente percepite dal ricorrente, che sarebbe mancata a parere della CTR, in base ad un accertamento in fatto che risulta sottratto al sindacato di legittimità.
Costante orientamento di questa Corte (in senso analogo, Sez. 5, Ordinanza n. 37985 del 28/12/2022, rv. 666597-01), infatti, afferma che la disciplina del ‘redditometro’ introduce una presunzione legale relativa, che consente al contribuente di offrire la prova contraria in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) RAGIONE_SOCIALE somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni (nello stesso senso, Cass. 29/01/2020, n. 1980; Cass. 11/04/2019, n. 10266; Cass. 26/02/2019, n. 5544).
La doglianza del ricorrente non coglie dunque nel segno.
La CTR ha preso atto che il contribuente aveva fatto riferimento a restituzioni di somme erogate dal socio alla società a titolo di finanziamento nel corso degli anni precedenti, esibendo bonifici e assegni emessi dalla società per la dedotta restituzione e producendo il libro giornale e il libro mastro in cui tali operazioni erano riportate, oltre al libro inventario con i bilanci, in cui era stato annotato l’avvenuto finanziamento.
Ha ritenuto, però, che i dati offerti altro non erano che annotazioni unilaterali nelle scritture contabili, alle quali poteva conferire certezza solo l’allegazione e la produzione di documentazione afferente ai relativi mezzi di pagamento certi, attraverso i quali si sarebbero realizzati i finanziamenti, a fronte della cospicua entità della dedotta erogazione (euro 486.181,88). Tale documentazione, invece, non solo non era stata prodotta, ma non risultava neppure analiticamente annotata nelle stesse scritture contabili versate in atti.
Riteneva, pertanto, che, in assenza di tale documentazione, non potesse ritenersi sufficientemente provata l’esistenza di un finanziamento del socio, oggetto di progressiva restituzione, come pure, a valle, il titolo restitutorio posto a base dell’erogazione economica percepita e dedotta a giustificazione dello scostamento tra reddito dichiarato e reddito accertato sinteticamente dall’Ufficio impositore.
Tale erogazione economica, dunque, per la CTR non poteva considerarsi esclusa dalla base imponibile, sicché non era idonea a integrare la prova contraria dall’art. 38 cit., facendo corretta applicazione di tale disposizione.
Del resto, nel precedente di legittimità citato dal ricorrente (Cass., sez. 5, n. 9589 del 12/4/2021), i giudici del merito avevano accertato in fatto che le somme ricevute dal socio, destinatario dell’avviso di accertamento sintetico di reddito ulteriore rispetto a quello dichiarato, effettivamente derivavano dalla restituzione di un finanziamento in precedenza operato dal contribuente in favore della
società partecipata, mentre una tale prova – in base ad un accertamento in fatto non sindacabile in questa sede (anche perché non attinto dal ricorso con argomentazioni avanzate ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) – è stata ritenuta mancante da parte della sentenza impugnata.
Il ricorso va dunque rigettato e nulla va disposto per le spese, in mancanza di costituzione in giudizio dell’intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, il 20 giugno 2024.