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Accertamento sintetico: prova del finanziamento al socio

Un contribuente ha ricevuto fondi dalla sua società, sostenendo che si trattasse della restituzione di un prestito per giustificare spese superiori al reddito dichiarato nell’ambito di un accertamento sintetico. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della corte d’appello, stabilendo che il contribuente deve provare non solo la ricezione dei fondi, ma anche l’esistenza del prestito originario alla società. In assenza di tale prova, l’accertamento è stato ritenuto legittimo.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Accertamento sintetico: la prova del finanziamento al socio non si ferma all’incasso

L’accertamento sintetico rappresenta uno degli strumenti più incisivi a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per contrastare l’evasione fiscale. Tramite il cosiddetto “redditometro”, il Fisco può presumere un reddito maggiore di quello dichiarato sulla base delle spese sostenute dal contribuente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini della prova che il contribuente deve fornire per giustificare tali spese, in particolare quando derivano dalla restituzione di un finanziamento effettuato a una società partecipata.

I fatti del caso: la pretesa del Fisco e la difesa del contribuente

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato a un contribuente per l’anno d’imposta 2014. L’Agenzia delle Entrate, utilizzando il metodo sintetico, aveva rilevato una significativa differenza tra il reddito dichiarato e quello desumibile dalla sua capacità di spesa, accertando un maggior reddito di oltre 37.000 euro.

Per giustificare questo scostamento, il contribuente sosteneva di aver ricevuto, nello stesso anno, la somma di 34.000 euro a titolo di restituzione parziale di un finanziamento precedentemente concesso a una società in accomandita semplice di cui era socio. A sostegno della sua tesi, produceva documentazione contabile, assegni e un bonifico bancario attestanti l’avvenuta ricezione delle somme dalla società.

Il percorso giudiziario e l’onere della prova nell’accertamento sintetico

In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale aveva parzialmente accolto il ricorso, ritenendo provata la restituzione del finanziamento. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale, in sede di appello promosso dall’Agenzia delle Entrate, ribaltava la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, la documentazione prodotta dal contribuente non era sufficiente. Essa dimostrava sì l’incasso delle somme, ma non provava il presupposto fondamentale: l’esistenza di un credito del socio verso la società, derivante da un effettivo finanziamento erogato in passato.

Il contribuente ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che l’art. 38 del d.P.R. 600/1973 gli imponesse solo di dimostrare la disponibilità di somme nell’anno accertato, non anche la prova della “formazione di un titolo restitutorio”.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la correttezza della decisione d’appello e fornendo importanti chiarimenti sull’onere della prova nell’accertamento sintetico.

La prova del finanziamento originario

Il punto centrale della decisione è che, per vincere la presunzione del redditometro, non basta dimostrare di aver ricevuto del denaro. È necessario provare la provenienza non reddituale di tali somme. Nel caso di un finanziamento soci, questo significa che il contribuente deve dimostrare due momenti distinti:
1. L’erogazione iniziale: la prova di aver effettivamente versato, in passato, le somme a titolo di finanziamento alla società, con mezzi di pagamento certi.
2. La restituzione: la prova di aver ricevuto le somme dalla società a titolo di rimborso di quel finanziamento.

Secondo la Corte, le semplici annotazioni contabili prodotte dal contribuente (libro giornale, libro mastro) sono atti unilaterali della società e, in assenza di documentazione bancaria che attesti il versamento iniziale del finanziamento dal patrimonio del socio a quello della società, non sono sufficienti a conferire certezza all’intera operazione.

Il principio del “redditometro”

La Corte ha ribadito che la disciplina del “redditometro” introduce una presunzione legale relativa. Ciò significa che l’onere di fornire la prova contraria spetta interamente al contribuente. Egli deve dimostrare in modo inequivocabile che le somme utilizzate per le spese contestate derivano da redditi già tassati, esenti o, come in questo caso, da fonti che non costituiscono reddito imponibile (quale, appunto, la restituzione di un capitale precedentemente prestato).

La Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito, avendo accertato in fatto la mancanza di questa prova completa, fosse incensurabile in sede di legittimità.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale in materia di accertamento sintetico: la prova a carico del contribuente deve essere piena, completa e non limitarsi a documentare l’ultimo passaggio finanziario. Per giustificare una maggiore capacità di spesa attraverso la restituzione di un finanziamento soci, è indispensabile poter documentare l’intera operazione, a partire dall’originario esborso. In assenza di una prova così strutturata, le somme ricevute dalla società rischiano di essere considerate come reddito non dichiarato, con la conseguente legittimità dell’accertamento fiscale.

In un accertamento sintetico, è sufficiente dimostrare di aver ricevuto somme da una società per giustificare una maggiore capacità di spesa?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, il contribuente deve fornire la prova contraria che il finanziamento per le spese contestate sia avvenuto con redditi non imponibili. La sola ricezione di somme non prova la loro natura non reddituale.

Quale tipo di prova deve fornire un socio per dimostrare che le somme ricevute dalla propria società sono una restituzione di un finanziamento e non reddito?
Il socio deve fornire una prova completa che attesti non solo la ricezione delle somme (la restituzione), ma anche l’effettiva erogazione iniziale del finanziamento alla società. Senza la prova del versamento originario, la restituzione non può essere considerata una giustificazione valida.

Le sole scritture contabili della società sono sufficienti a provare l’esistenza di un finanziamento del socio?
No. La Corte ha ritenuto che le annotazioni contabili, come il libro giornale e il libro mastro, siano annotazioni unilaterali. Per acquisire certezza, devono essere supportate da documentazione sui mezzi di pagamento certi (es. bonifici) che attestino il passaggio di denaro dal patrimonio del socio a quello della società al momento della costituzione del finanziamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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