Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 842 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 842 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25186/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso la sede dell’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ex lege ; -ricorrente- contro
NOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv . NOME COGNOMECODICE_FISCALE in sostituzione dell’originari o domiciliatario NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso da ll’ avv. COGNOME (CODICE_FISCALE e dal prof. avv. COGNOME (CODICE_FISCALE per procura speciale rilasciata a margine del controricorso; -controricorrente- avverso la sentenza della CTR della Liguria n. 874/2015, depositata il 22/07/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME propose opposizione a ll’ avviso di accertamento (relativo all’ anno di imposta 2007), con il quale il suo reddito era stato determinato, alla stregua dell’art. 38, comma 5, d.p.r. n. 600/1973 (nella formulazione antecedente alle modifiche introdotte dal d.l. n. 78/2010), in € 145.259,21;
l’accertamento sintetico -redditometrico si fondava sul possesso di un motociclo, di un’imbarcazione a motore, di un’immobile in piena proprietà costituente residenza del coniuge e dei figli e della quota di un terzo di un altro immobile adibito a propria residenza principale;
la CTP di Genova, in parziale accoglimento del ricorso, rideterminò il reddito nella minor somma di € 84.395,96, censurando l’erronea qualificazione dell’immobile sito in INDIRIZZO quale residenza secondaria, nonostante fosse la residenza principale della coniuge e dei figli del contribuente (con conseguente erronea applicazione del coefficiente redditometrico);
l’appello proposto dal COGNOME fu accolto dalla CTR della Liguria, sul presupposto che il contribuente avesse ‘ documentato sia di non avere personalmente pagato le rate del mutuo, pagate dalla società Giorgio RAGIONE_SOCIALE, sia che, in restituzione dell’importo da questa versato, alla stessa stato corrisposto l’importo di € 450.000,00, provento della vendita di immobile di proprietà di COGNOME NOME, madre del COGNOME ‘ (pag. 4 e s. della sentenza impugnata), di modo che ‘ il pagamento delle rate del mutuo, non riferibile all’odierno appellante, non può essere assunto come manifestazione di capacità di spesa ai fini della determinazione sintetica del reddito ‘ (pag. 5);
avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi; NOME COGNOME ha depositato controricorso, nonché memoria ex art. 381-bis.1 c.p.c.;
considerato che
la ricorrente deduce unitariamente la violazione/falsa applicazione dell’art. 38, commi 4 e 5, del d.p.r. n. 600/1973 (nella previgente formulazione) e dell’art. 2697 c.c., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., per avere il giudice di merito ritenuto integrata la prova contraria prevista dal menzionato art. 38, nonostante che, da tale punto di vista, il periodico afflusso di denaro dal conto della società a quello personale dei coniugi COGNOME dovesse considerarsi neutro, non essendovi alcun vincolo per il percettore di utilizzarle per il pagamento delle rate del mutuo, né risultando in alcun modo che la società si fosse accollata la relativa obbligazione nei confronti dell’istituto di credito erogante ;
i motivi sono inammissibili;
in premessa, è utile rammentare che l’art. 38 del d.P.R. n. 600/1973 (nel testo vigente ratione temporis , vale a dire nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore della legge n. 413/1991 e del d.l. n. 78/2010, convertito dalla legge n. 122/2010), prevede(va), al quarto comma, la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento, e, al sesto comma, la possibilità per il contribuente di fornire la prova contraria, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ovvero nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass., 24/10/2005, n. 20588; Cass., 19/04/2013, n. 9539; Cass., 7/03/2014, n. 5365; Cass., 10/08/2016, n. 16912; Cass., 01/09/2016, n. 17487; Cass., 20/01/2017, n. 1510);
pertanto, l’ufficio finanziario è legittimato a risalire, secondo il meccanismo dell’art. 2727 c.c., da un fatto noto a quello ignoto,
cioè alla sussistenza di un certo reddito, incombendo, invece, sul contribuente l’onere di provare che la circostanza su cui si fonda la presunzione semplice non corrisponda alla realtà (Cass., 14/02/2014, n. 3445; nel senso della natura di presunzione legale relativa di capacità contributiva di detta presunzione, tra le altre, Cass., 01/09/2016, n. 17487);
la CTR della Liguria, nella sentenza in questa sede impugnata, ha ritenuto raggiunta la prova contraria ( come sopra s’è detto ), sulla base della circostanza che le rate del mutuo contratto per l’acquisto dell’immobile principale (adibito a residenza familiare della moglie e dei figli del contribuente) non fossero state pagate con provviste provenienti dal suo patrimonio;
orbene, con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate, lungi dal censurare un’erronea ripartizione dell’onere della prova in ordine agli elementi costitutivi della fattispecie, pretende di sindacare la valutazione di merito compiuta dal giudice di secondo grado, sulla scorta degli elementi probatori acquisiti al processo, in ordine alla non riferibilità del mutuo alla capacità contributiva dell’odierno controricorrente, deducendo l’irrilevanza, ai fini in discorso, delle circostanze oggetto della prova dallo stesso fornita (vale a dire la provenienza da terzi delle somme impiegate per il pagamento delle rate del mutuo), sul presupposto che ‘nella determinazione di Unicredit in ordine alla concessione del mutuo entrò unicamente la considerazione della solvibilità personale del Fenati quale, quindi, era certamente tale da indurre l’Istituto di credito alla stipula del contratto, a prescindere dall’intervento di soggetti terzi’ (pag. 23 del ricorso per cassazione) ;
il motivo è, pertanto, inammissibile, sulla scorta dell’insegnamento giurisprudenziale secondo cui, ‘ in tema di scrutinio di legittimità del ragionamento sulle prove adottato del giudice di merito, la valutazione del materiale probatorio -in quanto destinata a risolversi nella scelta di uno (o più) tra i possibili contenuti
informativi che il singolo mezzo di prova è, per sua natura, in grado di offrire all’osservazione e alla valutazione del giudicante -costituisce espressione della discrezionalità valutativa del giudice di merito ed è estranea ai compiti istituzionali della S.C. (con la conseguenza che, a seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non è denunciabile col ricorso per cassazione come vizio della decisione di merito), restando totalmente interdetta alle parti la possibilità di discutere, in sede di legittimità, del modo attraverso il quale, nei gradi di merito, sono state compiute le predette valutazioni discrezionali ‘ (Cass., 21/12/2022, n. 37382);
inammissibile è pure il secondo motivo di ricorso, in quanto genericamente formulato in premessa a un ‘ argomentazione censoria , unitariamente condotta all’indirizzo della sentenza impugnata in relazione ad entrambi i motivi di ricorso, senza alcuna puntuale specificazione né del fatto storico il cui esame sia stato omesso, né del ‘dato’ (testuale o extratestuale) da cui esso risulti esistente, né del ‘come’ e del ‘quando’ sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e della sua decisività (tutti elementi necessari ai fini dell’integrazione dei requisiti di specificità rivenienti dagli artt. 366, comma 1, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c.: v. Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053, e successiva giurisprudenza conforme);
in ogni caso, ‘l a valutazione delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicché rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116, commi 1 e 2, c.p.c., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore
attendibilità delle fonti di prova, atteso che la deduzione del vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito ‘ (Cass., 19/07/2021, n. 20553; si veda anche Cass., 29/10/2018, n. 27415, alla cui stregua ‘l ‘art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie ‘ );
all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in € 5.000,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre accessori di legge .
Così deciso in Roma, il 11/10/2023.